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Il ministro per la Giustizia Nordio e il presidente della Repubblica Mattarella

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TRE indizi fanno una prova, avrebbe detto Agatha Christie. Di sicuro è quello che pensano all’interno di Fratelli d’Italia, dove cominciano a mettere in fila quanto accaduto nei giorni scorsi. «Strane coincidenze, forse sono solo sospetti, ma quanto sta accadendo è davvero troppo» dicono sornioni dal sancta santorum di Palazzo Chigi. «È un problema sia di quantità che di qualità. La quantità delle indagini, tre in un brevissimo lasso di tempo, ma anche la loro qualità, ovvero chi vanno a colpire, alcune tra le personalità più importanti e influenti di Fratelli d’Italia» si fa notare. Insomma, i sospetti che ci sia una regia, una manina un «grande vecchio» sono sempre forti all’interno delle pareti della presidenza del Consiglio.

LE PAURE DI FDI

«Eravamo immacolati fino a pochi mesi fa e ora, da quando siamo arrivati a Palazzo Chigi, siamo finiti sotto il fuoco incrociato della magistratura», continuano le medesime fonti. E pensare che era proprio questa la grande paura di Giorgia Meloni: fare la fine di Silvio Berlusconi. Due i maggiori fronti di rischio, secondo la premier: cadere per mano dell’Europa, come accadde appunto all’ultimo governo Berlusconi, oppure per mano della magistratura. Il punto, però, è che il centrodestra a trazione meloniana nulla ha a che fare con il centrodestra di Berlusconi. Il ruolo della “vittima” per carattere e stile di leadership poco si addice a Giorgia Meloni (fino a ieri strenuo difensore della magistratura e ultragiustizialista) e nulla lascia pensare che possa sfruttare a proprio vantaggio gli attacchi della magistratura come invece sapeva fare con grande abilità e maestria il padre fondatore del centrodestra.

Per questo in Fratelli d’Italia si è acceso il dibattito tra chi vorrebbe utilizzare “alla Berlusconi” le indagini in corso, cercando di capitalizzare consensi andando allo scontro con le toghe, e chi invece predica prudenza: «Il centrodestra di Silvio Berlusconi è finito, non possiamo andare allo scontro frontale con la magistratura». Il rischio è di uscirne a pezzi.

Adesso gli occhi e le orecchie di Palazzo Chigi sono tutti puntati sul Quirinale. Sarà fondamentale capire che ruolo vorrà giocare Sergio Mattarella in tutta questa vicenda. Non per niente, da Giorgia Meloni in giù, in queste ore ci si spertica nelle lodi al capo dello Stato ricordando quanto sia buono il rapporto tra presidenza del Consiglio e il Quirinale. In realtà i rapporti in questi mesi sono sempre stati abbastanza freddi e il capo dello Stato in alcuni frangenti ha dovuto metterci più di una pezza. Tutte situazioni di cui avrebbe volentieri fatto a meno, vedi i dissidi con la Francia di Macron. Adesso, però, al governo serve che torni il sereno con il Quirinale. È fondamentale che Sergio Mattarella non si metta di traverso sulla riforma della magistratura voluta da Nordio.

“VARIABILE MATTARELLA”

Il ddl Nordio, con l’abolizione dell’abuso d’ufficio e l’interrogatorio obbligatorio prima dell’arresto, un passaggio particolarmente delicato con tutto quel che si è detto negli ultimi giorni, è alla firma del capo dello Stato. Se Mattarella non ci mettesse la firma si creerebbe un fortissimo corto circuito istituzionale, tutto a scapito del governo Meloni. La cosa suonerebbe come una bocciatura per Giorgia Meloni in primis. Ma il capo dello Stato, a quanto si apprende da fonti vicinissime al dossier, non è intenzionato ad andare allo scontro con il governo, e la firma appare come molto probabile. Sergio Mattarella, come sempre, avrà come punto di riferimento la Costituzione e nient’altro. Potrebbe però far valere la sua moral suasion per far modificare le parti più controverse. Una situazione che a palazzo Chigi hanno già definito la “variabile Mattarella”.

Insomma, il capo dello Stato, appena rientrato a Roma dalla lunga missione in Sud America, trova ad attenderlo le turbolenze della politiche di casa. Fra gli atti sul suo tavolo, per l’appunto, c’è il disegno di legge Nordio sulla riforma della Giustizia che, superato l’esame della Ragioneria dello Stato, è ora al vaglio del Quirinale per il via libera e il successivo approdo in Parlamento. Un passaggio particolarmente delicato, in un momento in cui questo tema domina le cronache politiche, con un durissimo scontro tra governo e magistratura. Il presidente della Repubblica si prenderà il tempo necessario per valutare tutti gli aspetti della riforma dopo che gli uffici tecnici del Colle gli avranno consegnato, forse entro la settimana, le valutazioni sul testo.

LE VALUTAZIONI DEL COLLE

Ci sarà del tempo prezioso, si ragiona in ambienti parlamentari, per valutare con calma gli sviluppi della situazione e gli atti che saranno posti alla sua attenzione. Ed eventualmente opportunità, tempi e modi per intervenire. Il Presidente, durante la sua visita all’estero, non ha commentato pubblicamente né fatto valutazioni riservatamente con alcun interlocutore sulle vicende italiane, ribadiscono dal suo entourage. Sicuramente, qualche giorno per la firma del testo della riforma se lo prenderà, e comunque interventi a breve non sono previsti. Una occasione, si azzarda in ambienti politici, potrebbe essere proprio la prossima riunione del plenum del Csm. Ciò non toglie che la struttura del Quirinale vigili e segua gli sviluppi della situazione, in questo caso e come è stato in tante altre occasioni.

Dunque, resta sempre aperto il canale di interlocuzione con gli uffici del Colle. Per quanto riguarda la “variabile Mattarella” – si valuta in ambienti della maggioranza – nessuno in questo momento sembra in grado di prevedere se e quando il capo dello Stato, che è anche presidente del Csm, potrebbe intervenire e, soprattutto, su quale direttrice. Il rapporto tra il presidente della Repubblica e la premier Meloni è ottimo – si rimarca in ambienti di governo – si sentono e si vedono periodicamente. E neanche dal fronte dell’Esecutivo, al momento, ci sarebbe sentore che il presidente della Repubblica abbia intenzione di intervenire a breve su questi temi.

IL RUOLO DELL’ANM

Nel frattempo, alcune osservazioni vengono da fonti della maggioranza sul ruolo dell’Anm. L’Associazione dei magistrati – si sottolinea per esempio in alcuni settori del centrodestra – non sembra un corpo monolitico, non c’è un consenso unanime verso le parole del presidente Giuseppe Santalucia. È in questo quadro complesso che si dovrà muovere nei prossimi giorni il presidente della Repubblica, mentre la maggioranza e l’opposizione si stanno già preparando alla prossima battaglia parlamentare (si partirà dal Senato) sulla riforma della giustizia.


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