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Con l’offensiva della lega al Colle si depotenzia il capo dello Stato e lo Stato stesso e l’autonomia differenziata spacca l’Italia prevedendo un Nord ricco e un Sud povero


Se qualcuno pensa che gli attacchi al Colle siano frutto di un’improvvisazione estemporanea si sbaglia. È successo altre volte: quando la Lega ha l’acqua alla gola un suo esponente alza il tiro e spara. Preferibilmente in due direzioni: verso il Quirinale, cioè il bersaglio grosso, o contro il Sud, l’altro chiodo fisso. Per il Carroccio sono due facce della stessa medaglia. Attaccare il Colle dà garanzia di visibilità. Si va a botta sicura, non si rischia nulla. Il giorno dopo si ritirano le accuse, anche se quello che è detto è detto e le parole sono come sassi. Prendersela con il Sud è un allegro diversivo, vuol dire solleticare quella punta di razzismo – chiamiamo le cose con il loro nome – che ancora si annida da qualche parte. Nell’immaginario leghista il Sud è un contenitore di luoghi comuni che ancora fanno presa. Non solo negli stadi, ma anche fuori.

DALLA SECESSIONE ALLA DECIMA MAS

Si può attaccare il presidente della Repubblica con le parole o con i fatti. Nel primo caso si possono prendere le distanze come ha fatto Antonio Tajani (FI) o scegliere la strada del silenzio-assenso (FdI). Nel secondo caso bisogna prendere coscienza della vera natura leghista. Lo Spacca-Italia, per essere più espliciti, non è una voce dal sen fuggita, ma il tentativo strutturale di certificare un Paese a economia variabile. Un Nord ricco e un Sud povero. È questo che vogliono gli alleati del Carroccio? Accompagnare e subire questo processo asimmetrico, assumersi la responsabilità politica di minare l’uniformità del Paese?

Non basta avere in comune la stessa bandiera per essere un Paese unito e solidale. Gli attacchi al Quirinale e gli insulti gratuiti al Meridione hanno lo stesso obiettivo. Prima Borghi, poi Salvini, e poi ancora Vannacci. La serie di attacchi concentrati al Colle fa pensare a una strategia precisa. Uscite programmate. Ad alta intensità, se i sondaggi sono in picchiata. Attacchi mirati per compiacere quella zona grigia del popolo padano che flirta con la Meloni. Derubricare come goliardia le entrate a gamba tesa dei pasdaran del Carroccio è solo uno modo minimizzare. Goliardia può essere il siparietto della sottosegretaria Pina Castiello, da Afragola, un membro del governo che, mentre taglia la torta, rievoca la Decima Mas. Penoso tentativo di strizzare l’occhio ai nostalgici, scippare voti alla premier a ogni costo.

In questa gara a chi dà il peggio di sé si assiste al lento scivolare del Carroccio su posizioni estreme, posizioni che ricordano l’Afd in Germania. Siamo alle svastiche e ai simboli osceni, un campionario che va dalla proposta di classi separate per i disabili all’esaltazione di Mussolini. Fino, appunto, alla rievocazione della Decima Mas. Per molto meno il comico Enrico Montesano fu crocifisso e cacciato seduta stante dalla Rai. Ma tant’è.
Leghisti di ieri e di oggi restano fedeli al format. Sovranisti per un giorno, il tempo necessario per allestire finti patriottismi. Perché si fa presto a dire “Prima gli italiani” o “Più Italia e meno Europa”. Ti distrai e un attimo dopo diventa “Più Lombardia, più Veneto, meno Italia”. Ma questo si sa .
A pensarci bene è già cosi. Cos’è, in definitiva, il disegno di legge sull’autonomia differenziata del ministro Roberto Calderoli se non l’esaltazione del localismo e, al tempo stesso, la negazione di qualsiasi forma di solidarietà interregionale? Un cerchio che si restringe sempre più intorno al proprio “particulare”. Uno Spacca-Italia di nome e di fatto che demolisce poco alla volta le certezze costituzionali.

L’ANTICO DISEGNO DI BOSSI

C’è stato un tempo in cui Umberto Bossi, padre-fondatore del leghismo grisaglia e canotta, dispensava pillole di saggezza ai congressisti del partito. «Mi sembra giusto aiutare il Sud, se non li aiutiamo a casa loro straripano e vengono qui. È un po’ come l’Africa. L’Africa non è stata aiutata e loro ci arrivano tutti addosso».
Prendersela ieri con l’ex presidente Napolitano e oggi con Mattarella vuol dire parlare quello stesso linguaggio. La grammatica della secessione sociale, una linea di confine immaginaria più invalicabile di qualsiasi dogana. Si destabilizza un Paese depotenziando il capo dello Stato e depotenziando lo Stato. Azioni parallele. E se la prima si traduce in un attacco scomposto senza alcuna conseguenza per il Borghi di turno, la seconda rischia di tradursi in qualcosa di molto più minaccioso e materiale.

Sostenere, come fanno Forza Italia e Fratelli d’Italia il disegno di legge del ministro leghista, non è “un caso”, una parola sgrammaticata che si può recuperare con un post. Avrà conseguenze sulle persone, sui giovani e sugli anziani. Per dire: l’Italia è l’unico Paese a non ratificare il Mef, uno strumento che poteva attivare risorse per la Sanità. Il nostro Ssn – e su questo giornale lo abbiamo raccontato più volte – non è molto distante dal collasso. Mancano medici, infermieri, ospedali, strutture e aumentano le liste d’attesa.
Nel Sud l’emergenza è la normalità: la gente non si cura più. Per un intervento bisogna aspettare mesi, forse anni. La sanità privata è fuori dalla portata economica delle famiglie meridionali. E non sarà certo l’autonomia differenziata – “regalo” già impacchettato per essere consegnato alla Lega – a migliorare la situazione. Anzi.

Per non parlare delle altre questioni in ballo. Salvini e compagni, all’indomani del voto, troveranno altre “provocazioni” per respingere quella che considerano l’opa ostile della Meloni. Il prossimo passo sarà sganciarsi dal sostegno a Kiev e all’Ucraina. Non lo diciamo noi, lo dicono loro, lo hanno già detto. Vale la pena assecondarli o il prezzo da pagare sarebbe troppo alto?


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