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IL generale Vincenzo Camporini

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Il generale Vincenzo Camporini (Azione) sulla guerra in Ucraina: «Ue in pieno stato confusionale, Italia ipocrita: appoggiano Kiev, ma evitando responsabilità»


Ci vuole tutto il self control di un generale che è stato Capo di Stato maggiore della Difesa e prima ancora dell’Aeronautica, uno che ha diretto migliaia di operazioni con uomini e mezzi nei teatri bellici più critici, per non perdere le staffe e la misura di fronte ai «giochi di parole», «all’assenza di responsabilità» e «all’ipocrisia» che sono la cifra del dibattito politico italiano sulle armi e, più in generale, gli aiuti militari all’Ucraina.

Vincenzo Camporini, tra i promotori di Azione, ha mancato per un soffio l’elezione a Strasburgo e osserva sbigottito le dinamiche parlamentari sulle varie risoluzioni messe ai voti. Da cui emerge come la parte progressista del Pd sia a Strasburgo più sola e sempre più a trazione radicale senza i parlamentari di Italia viva, Azione e + Europa.

Generale Camporini, cosa dobbiamo capire nella sostanza dopo il voto del Parlamento europeo sull’Ucraina? La Ue invierà oppure no i missili a lungo raggio? Soprattutto, Kiev potrà usarli contro obiettivi militari in Russia?

«Partiamo dalla constatazione che il Parlamento europeo è un organo politico che in molti ambiti, come quelli della politica estera e della difesa, non ha poteri decisionali, quindi il voto espresso sull’aggressione russa all’Ucraina ha un valore esclusivamente politico e non ha conseguenze pratiche. Il voto, quindi, non significa che la Ue, in quanto tale, acquisterà e cederà all’Ucraina questo tipo di armamenti, il cui impiego dipenderà esclusivamente dalla volontà del paese che deciderà di cederli a Kiev».

La risoluzione, approvata con 425 sì, non è vincolante. Dunque cos’è stato?

«Si è trattato della formalizzazione di un atteggiamento di supporto a Kiev per la sua azione di difesa dall’invasione russa. E ha consentito di mettere in palese evidenza gli orientamenti delle famiglie politiche nell’Europarlamento e le pulsioni nazionali dei suoi membri».

Vincolante o no, il verdetto è stato chiaro. Come giudica il voto italiano che ha spaccato tanto la maggioranza quanto l’opposizione?

«Lei mi chiede un giudizio politico e non mi sottraggo: coerentemente con la posizione di Azione, di cui sono uno dei promotori, che da sempre sostiene il pieno diritto ucraino a difendersi dall’aggressione di Mosca, credo che quanto accaduto a Strasburgo dia palese evidenza di uno stato confusionale per il quale, a destra come a sinistra, si cerchi pervicacemente di evitare qualsiasi forma di responsabilità».

La premier Meloni lo ha ripetuto anche lunedì al fianco del premier inglese Keir Starmer: «L’Italia dice no all’uso di armi su obiettivi russi ma l’Italia appoggia Kiev con tutto quello che serve». Non è da meno il ministro degli Esteri Tajani: «Siamo al fianco dell’Ucraina ma non siamo in guerra con la Russia». Lei ha capito cosa significano queste affermazioni?

«Chi ha pronunciato quelle frasi e sostiene quella linea politica non si rende conto che di fatto, negando all’Ucraina la possibilità di colpire le sorgenti di fuoco russe, dovunque si trovino, in realtà viene data a Mosca incondizionata facoltà di colpire impunemente il territorio ucraino».

Scelga un aggettivo per le posizioni assunte dalle forze politiche italiane: veritiere? Pragmatiche? Ipocrite?

«Ipocrite, senza dubbio. Di veritiero e pragmatico c’è molto poco in ciò che sento con fragoroso rumore di unghie sugli specchi sullo sfondo».

Torniamo all’Italia. Secondo lei questa spaccatura così palese sia in maggioranza che tra le opposizioni, che tipo di messaggio consegna al Cremlino?

«Un messaggio di piena accondiscendenza e di sostanziale disimpegno politico, salvo poi lavarsi la coscienza con la fornitura di qualche missile per la difesa antiaerea».

A prescindere da questa risoluzione, Kiev può già usare tutte le tipologie di armi che abbiamo consegnato come Europa e come Nato?

«Ripeto, la risoluzione dell’Europarlamento ha solo un valore politico ed etico: ogni Paese che ha fornito a Kiev armamenti di qualsiasi tipo ha il diritto di chiedere il rispetto di regole di ingaggio decise su base nazionale, a prescindere da Ue e Nato che possono solo cercare di armonizzare e rendere coerenti tali regole, di cui non possono essere considerate responsabili».

Generale Camporini diciamola meglio: che tipo di strumenti abbiamo per capire esattamente quali armi e quale uso fa l’Ucraina dei sistemi d’arma che l’Europa e la Nato stanno inviando? Possiamo avere garanzie che le armi italiane hanno un impiego solo difensivo?

«Gli strumenti sono molto pochi, in realtà. Però mi faccia dire una cosa con chiarezza: la distinzione tra armi offensive e difensive è illogica».

Ipocrita.

«Illogica perché ogni arma è difensiva se serve per difendersi da un’aggressione e la stessa arma è offensiva se la uso per aggredire».

Ipocrita e stupida, quindi. I sistemi di difesa antiaerea come i Samp/T forniti dall’Italia possono essere usati anche per funzioni diverse dalla contraerea?

«L’attuale configurazione dei SAMP/T non prevede altro impiego oltre alla difesa contro mezzi aerei attaccanti. D’altronde, i due possibili missili intercettori del sistema, Aster 15 e Aster 30, hanno una testata esplosiva a frammentazione di 15 kg efficacissima contro un bersaglio aereo, ma palesemente inutile contro un qualsiasi bersaglio terrestre».

Il bombardamento al deposito di armi russo vicino Mosca: Kiev dice che è stato condotto usando droni. Le chiedo se i droni possono avere una capacità distruttiva così potente.

«Dipende da che cosa si intende per droni: è noto che l’Ucraina, che ha una straordinaria tradizione in campo aeronautico, sta sviluppando sistemi a controllo remoto, sia navali che aeronautici, molto avanzati, ben più capaci di quelli finora disponibili. I risultati conseguiti recentemente, come la distruzione del deposito di Toropets, non mi sorprendono più di tanto».

Generale Camporini, è stupito dalla controffensiva ucraina nel Kursk?

«Francamente un po’ sì. Da un lato la superficialità con cui lo Stato Maggiore russo ha lasciato totalmente indifeso un territorio palesemente vulnerabile, dall’altro la capacità Ucraina di reinterpretare in chiave moderna il concetto militare di manovra in contrapposizione al combattimento posizionale».

Quando succederà che ci si metterà ad un tavolo a trattare di pace?

«Nel momento in cui Mosca si renderà conto che non potrà conseguire militarmente più di quanto, a caro prezzo, ha già ottenuto. Sul tema pesa come un macigno la decisione presa a suo tempo da Putin di annettere formalmente alla Russia i quattro oblast ucraini (Zaporizhia, Kherson, Donetsk e Luhansk, ndr) peraltro mai militarmente controllati. Bisogna ripartire da qui, da quella finta annessione, per trattare sulla pace».


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