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Aspettando Feuromed: la realizzazione delle infrastrutture programmate al Sud, può contribuire allo sviluppo; 11 città fanno crescere il Paese
Quando nel 1984, cioè quaranta anni fa, avviammo i lavori del Piano Generale dei Trasporti ci soffermammo a lungo su una nota che il Commissario ai Trasporti della Unione Europea Stanley Clinton Davis (la Unione allora era di 12 Stati) inviò a tutti gli Stati membri ed in particolare al Ministro dei Trasporti Claudio Signorile (all’epoca l’Italia era l’unico Paese che aveva avviato la redazione di un Piano) in cui, tra l’altro, faceva presente che “da almeno un decennio assistiamo ad un vero crollo della domanda di trasporto sulla modalità ferroviaria; in Germania siamo passati da oltre il 30% per le merci ed il 23% per i passeggeri a poco più del 22% per le merci e al 17% per i passeggeri; il dato relativo all’utilizzo della rete ferroviaria in Italia, addirittura, aveva raggiunto il 7% per il trasporto delle merci ed il 13% per i passeggeri.
Praticamente – ribadiva Clinton Davis – la modalità di trasporto ferroviaria sta diventando una offerta trasportistica marginale che rischia di non motivare sia il costo manutentivo, sia il costo di gestione, sia il costo legato a nuovi investimenti infrastrutturali. Sappiamo però che tale offerta modale è fondamentale per la sua limitata incidenza sull’inquinamento e per la continuità territoriale dei sistemi territoriali. Occorre quindi che gli Stati identifichino proposte progettuali capaci di attrarre concretamente la domanda di trasporto su tale modalità”.
Questa nota davvero preoccupante portò gli esperti del Piano e le Società, preposte alla prospettazione di possibili soluzioni a quella preoccupante emergenza, a considerare varie possibili azioni mirate a dare concrete risposte ad un allarme che, tra l’altro, vedeva il nostro Paese, proprio in quegli anni, impegnato nella realizzazione di una interessante azione di adeguamento infrastrutturale della intera rete ferroviaria grazie ad uno stanziamento attivato con la Legge 17 del 1981 per un importo globale di 12.000 miliardi di lire; era in realtà una grande operazione gestita da cinque unità speciali all’interno dell’allora Azienda delle Ferrovie dello Stato.
Giustamente l’intero gruppo di lavoro del Piano Generale dei Trasporti cercò subito di identificare le azioni che potessero davvero attrarre maggiore domanda di trasporto sulla rete.
Dopo ampi dibattiti ed approfondimenti emerse la ipotesi di realizzare due nuovi assi ferroviari uno longitudinale Milano – Bologna – Firenze – Roma – Napoli ed uno orizzontale Torino – Milano – Brescia – Vicenza – Verona – Padova – Venezia. Due assi che sicuramente disponevano di una elevata domanda potenziale di possibili fruitori della offerta ferroviaria: oltre 12 milioni di abitanti che avrebbero potuto utilizzare un asse ad alta velocità in grado di abbattere in modo sostanziale i collegamenti tra i vari terminali.
Prese così corpo questa ipotesi e fu ampiamente motivata questa scelta che, al tempo stesso, la si ritenne urgente perché rappresentava, a differenza della esperienza francese, anche un aumento della offerta per il trasporto delle merci. In realtà il nuovo impianto ferroviario avrebbe reso disponibile il vecchio impianto per il trasporto delle merci, tuttavia si precisò che l’alta velocità ferroviaria italiana avrebbe dovuto assicurare anche l’accesso alle merci, magari a quelle con elevato valore aggiunto. Preciso che tra gli obiettivi principali vi era quello di collegare la città di Roma con quella di Milano in meno di quattro ore e tutti ricorderemo che alla fine del 1986 le Ferrovie dello Stato riuscirono ad effettuare quattro corse al giorno con il famoso “pendolino” perché convinti ed entusiasti di un collegamento veloce tra due terminali lontani.
Ho voluto fare questa lunga storia di un progetto che ha praticamente cambiato le nostre abitudini ed il nostro rapporto sia con la modalità ferroviaria ma, soprattutto, con i nostri riferimenti fisici, sì con ciò che fino a venti anni fa ritenevamo “lontano” o “vicino”, con ciò che fino a venti anni fa non utilizzavamo perché per una serie di svariati motivi preferivamo ricorrere alla propria auto o all’aereo. Ma questa sintetica storia negli ultimi anni, cioè da quando in realtà si sono susseguite una serie di evoluzioni strutturali ed infrastrutturali, ci ha fatto scoprire che l’attrazione della modalità ferroviaria ad alta velocità, che l’inseguire a tutti i costi un numero rilevante di utenti, che il successo dei collegamenti fra terminali molto lontani, che forse la stessa famosa T (Torino – Venezia e Milano – Napoli), erano solo alcuni dei fattori vincenti, alcuni degli elementi chiave del successo.
Quando e come lo abbiamo capito? Forse lo abbiamo capito da una serie di fattori che, non solo continuano a stupirci ogni giorno, ma da alcune scelte già prese o che prenderemo nel prossimo futuro che hanno, quanto meno, evitato a questa modalità di traporto di diventare “offerta marginale e, addirittura, non essenziale”. Quali sono questi fattori inizialmente sottovalutati o non presi neppure in considerazione:
• La frequenza del servizio. La vera rivoluzione, il vero successo, a mio avviso, lo abbiamo avuto proprio con l’ingresso oltre che di Trenitalia anche di Italo; in tal modo si sono avute disponibilità di corse tra i vari nodi urbani nell’arco di 15 – 20 minuti; un arco temporale di tipo metropolitano che ha ulteriormente scoraggiato il ricorso all’auto privata o all’aereo
• La qualità del materiale rotabile. Tutti ricordiamo, almeno quelli che hanno superato la soglia dei cinquanta anni, la qualità e la tipologia dei vecchi treni e, soprattutto, la serie di confort offerti: in realtà si è resa la offerta ferroviaria superiore a quella aerea
• La innovazione tecnologica e la sicurezza. Oggi possiamo dirlo con la massima tranquillità di non essere smentiti: le Ferrovie dello Stato hanno raggiunto un livello qualitativo eccellente grazie al sistema di segnalamento digitale ERTMS (European Rail Traffic Management System) in grado di favorire l’interoperabilità tra operatori ferroviari provenienti da diverse Nazioni, migliorare le prestazioni aumentando l’affidabilità, permettere il passaggio di un numero maggiore di treni sulle line e contribuire così a una maggiore puntualità.
• La reinvenzione delle stazioni ferroviarie. Le stazioni ferroviarie, questo lo ricordiamo tutti, erano solo la sede di arrivo e di partenza, erano prive di attività commerciali adeguate e in molti casi motore di degrado dell’intero intorno. Oggi, anche se spesso invase da fenomeni malavitosi, sono interessanti ambiti di incontro e funzionali centri commerciali delle città
• L’ampliamento della offerta su tutto il territorio nazionale. Anche se con un ritardo di trenta anni si sta tentando di far partire il sistema ferroviario ad alta velocità anche sull’asse Salerno – Reggio Calabria, sul sistema siciliano Palermo – Catania – Messina. Si cerca, anche se lentamente, di recuperare l’errore commesso in passato nel far partire il collegamento delle realtà del centro nord perché più caratterizzate da centri con elevati possibili utenti ed in tal modo penalizzando ancora una volta il Sud.
Ma anche questi cinque punti che hanno praticamente motivato il successo del sistema ferroviario ad alta velocità stanno per essere superati da qualcosa che spero nei prossimi cinque – dieci anni rivoluzionerà davvero l’intero assetto trasportistico del Paese, reinventerà l’intera organizzazione delle nostre realtà urbane. Per alcune realtà urbane questo fenomeno è già in corso, per le altre lo sarà man mano che si passerà dalla fase dei progetti, dalla fase delle realizzazioni a quella di reale fruizione del servizio. In realtà la frequenza del servizio e l’arco temporale del collegamento non superiore ai 60 – 90 minuti renderà possibile la nascita strutturale ed infrastrutturale delle seguenti undici realtà:
- TORINO – MILANO – GENOVA
- MILANO – BRESCIA
- VERONA – VICENZA – PADOVA – VENEZIA
- MILANO – BOLOGNA
- BOLOGNA – FIRENZE
- FIRENZE – ROMA
- ROMA – NAPOLI
- FOGGIA – BARI – LECCE
- SALERNO – COSENZA – REGGIO CALABRIA
- PALERMO – MESSINA – CATANIA
- CAGLIARI – NUORO
È la mia pura utopia? Non credo perché per alcuni dei casi prima riportati questo fenomeno è già presente e, sicuramente, lo sarà per le realtà del Mezzogiorno quando, finalmente, in Calabria, in Puglia, in Sicilia ed in Sardegna si porteranno a termine le opere che per anni si è preferito realizzare al Centro Nord. Faccio con questo una chiara autocritica per aver, da Amministratore Delegato della TAV, sottovalutato il vasto sistema meridionale, ma è un autocritica solo parziale perché dal 2014 in poi sì è praticamente spenta, per dieci anni, questa volontà a regalare al Paese un prodotto che lo avrebbe fatto davvero crescere.
Con questa offerta trasportistica il nostro Paese sarà all’interno del bacino del Mediterraneo l’unico a disporre di una articolazione urbanistico – territoriale davvero all’avanguardia.
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