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L'intervento al Senato di Daniela Santanché

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ALLE tre del pomeriggio l’aula del Senato ribolle. Ministri schierati: da Salvini a Piantedosi, da Tajani a Bernini, da Casellati a Calderone. Presiede Ignazio La Russa, e non importa se le inchieste giornalistiche hanno evidenziato il suo ruolo nelle aziende della ministra del Turismo. È il gran giorno dell’informativa di Daniela Santanchè, titolare del dicastero del Turismo. Eccola, La Russa le ha appena dato la parola. Attorno regna un clima teso. Visi tirati, bocche cucite, nessun sorriso. Il risveglio non è stato dei migliori per l’ex ad di Visibilia. Due quotidiani hanno scritto che sarebbe indagata per falso in bilancio o bancarotta. La diretta interessata alle 15 in punto è in aula, pronta per difendersi dalle accuse. È un’informativa: prima parlerà la ministra del Turismo, poi ogni gruppo per cinque minuti. Non ci sarà alcun voto.

DANIELA VA IN CONTROPIEDE

Per prima cosa Santanché sottolinea che «l’opposizione non è compatta», perché nel frattempo Matteo Renzi si è smarcato, qualcuno spiffera grazie ai buoni uffici di Denis Verdini. Dopodiché va diretta: «Affermo sul mio onore che non sono stata raggiunta da alcun avviso di garanzia e che anzi, per escluderlo, ho chiesto ai miei avvocati di verificare che non ci fossero dubbi». Primo punto difensivo della ministra: «Ho preferito non far pesare al governo le conseguenze di una campagna di odio nei miei confronti». Dettaglio: il ministro Calderoli si siede nei banchi della Lega e non su quelli del governo. Voci di sottofondo: «Prende le distanze dalla Pitonessa?».

A tratti, più che una difesa sembra essere un attacco: «Oggi sono io che devo chiedere delle risposte dopo aver letto il “Domani” stamattina, qualcuno le dovrebbe dare a me. Io rispondo su qualsiasi domanda, non vi fate prendere dai nervosismi. È normale che un ministro, mentre sta per parlare in Senato, legga che è indagata? È normale che un giornalista possa scrivere cose secretate ignote all’interessato e ai suoi avvocati? Immagino il giornale abbia venduto qualche copia in più». E ancora: «Contro di me è in atto una strumentalizzazione politica. Sono qui per difendere il mio onore e quello di mio figlio. Sono qui per il rispetto che devo a questo luogo e ai cittadini che rappresentiamo». A questo punto se la prende con la stampa, con chi ha pubblicato articoli sulle sue aziende che definisce «pratiche sporche e schifose».

LE BORDATE FINALI

«Se non fosse per il rispetto che porto per quest’aula, dopo l’uscita proditoria del “Domani” chiuderei qua il mio intervento ma, aspettando un segno concreto da tutti i colleghi, provo a riprendere il filo del mio intervento». Va da sé, ringrazia la premier Meloni e i ministri per il sostegno e riparte su queste note: «Faccio impresa da quando avevo 25 anni, sono partita da Cuneo con la forza del lavoro contando solo su me stessa, ho raccolto importanti successi imprenditoriali, sono fiera di aver dato lavoro a tante persone. Ho investito nella pubblicità, nell’intrattenimento e poi nell’editoria. Ho potuto scrivere pagine di successo». Santanchè fa poi sapere di non essersi «mai appropriata di nulla che non mi appartenga, non ho mai abusato delle mie posizioni apicali nelle aziende, sfido chiunque a dimostrare il contrario».

E soprattutto sottolinea di aver fatto «ricorso a strumenti messi a disposizione di tutte le imprese dalle leggi vigenti. Il mio progetto di ristrutturazione è molto più virtuoso di quello di altre aziende nelle stesse condizioni. Essere un imprenditore e anche un politico non significa che gli sia proibito fare ricorso alle leggi vigenti, non ho avuto favoritismi ma nemmeno ci deve essere un’indebita penalizzazione ad personam».

Infine, la bordata: «Mi fa sorridere che le critiche più feroci arrivino da molti che in privato hanno tutt’altro atteggiamento, che a volte fa anche piacere, e che magari prenotano nei locali di intrattenimento che io ho fondato… ma io sono felice… e mi fermo qui, per carità».

LE OPPOSIZIONI

Si apre il dibattito. Zanettin di Forza Italia sostiene che «le questioni al centro dell’informativa del ministro Santanchè sono state poste solo da inchieste e indiscrezioni di stampa: questo dovrebbe bastare a chiudere qui la discussione. È il motivo per cui Forza Italia, con la capogruppo Licia Ronzulli, ha espresso un parere fortemente contrario all’informativa: il Parlamento non è un tribunale, né un ufficio di procura». Lungo applauso per l’azzurro. Il climax di giornata si raggiunge con l’intervento del renziano Enrico Borghi: «Vogliamo emanciparci da un passato in cui sono state chieste dimissioni senza un avviso di garanzia. E allora non chiediamo a voi le dimissioni come voi le avete chieste, ma diciamo che ogni valutazione è nelle sue mani e nelle mani del presidente del Consiglio che si assume la responsabilità e se c’è dell’altro tragga le sue valutazioni, la valutazione è tutta nelle sue mani».

Dai banchi M5S parte il coro: «Dimissioni, dimissioni, dimissioni!». Nel frattempo, i centristi si dividono. Azione di Calenda non condivide la posizione dei renziani: «Santanchè valuti un passo indietro». I grillini sono infuriati. Si alza Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato: «Abbiamo da pochi minuti presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti». Rilancia Antonio Misiani, senatore Pd: «Ministra Santanchè, oggi in quest’aula le chiediamo di essere coerente e rassegnare le dimissioni». A difesa della ministra scendono poi in campo Massimiliano Romeo della Lega e Alberto Balboni di FdI. E quest’ultimo le fa sapere: «Lei oggi ha ancora più che mai la piena fiducia di FdI e la nostra solidarietà per gli attacchi ignobili subiti da alcuni sedicenti organi di informazione, noti per la loro faziosità». Insomma, si conclude. Destra contro sinistra. Con Matteo Renzi che, ancora una volta, si smarca dalla sinistra e dal Pd.


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