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Ursula von der Leyen e Donald Trump

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Il presidente Usa ha già fatto molte delle cose promesse: ha lasciato gli Accordi di Parigi, ha lasciato l’Oms


Più delle parole questa volta contano i fatti. I fatti dicono che da un paio di mesi l’Unione europea «ha concluso nuovi partneriati commerciali con Mercosur (America del sud), Svizzera, Messico». Che a marzo Ursula von der Leyen ha già pianificato la missione in India «per potenziare i rapporti non solo commerciali con la più grande democrazia del mondo». Persino con la Cina Bruxelles «si sta impegnando per trovare soluzioni nel nostro reciproco interesse». Non solo: da un paio di mesi tutte le amministrazioni europee sono state briffate per reagire con elementi difensivi, ma anche offensivi, qualora le minacce protezionistiche del presidente Usa Trump dovessero concretizzarsi, a cominciare dall’aumento dei dazi.

UN’EUROPA PRAGMATICA

Dopo il discorso della “vendetta” di Trump, l’Europa risponde. Lo fa dal palco del World economic forum di Davos che ieri ha avuto come ospite d’onore la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il presidente ucraino Volodomyr Zelensky e il cancelliere tedesco Olaf Sholz che tra poco più di un mese potrebbe perdere la carica. Dipenderà dalla Germania.
Nelle prime 36 ore Trump ha fatto molte delle cose promesse: ha lasciato gli Accordi di Parigi, ha lasciato l’Oms, ha archiviato la global minimum tax, ha schierato la guardia repubblicana al confine con il Mexico, ha cancellato con una penna un diritto americano vecchio di 140 anni, la cittadinanza per nascita, e ha introdotto una sorte di pena di morte federale, da applicare in tutti gli Stati senza eccezione.
Nella lunga cerimonia di insediamento non ha mai nominato l’Europa e non ha invitato i vertici europei. Per Trump l’Europa non solo non esiste, ma è un impiccio, una piccola Cina fastidiosa a cui infliggere dazi pesanti e con cui è preferibile intrattenere rapporti bilaterali. E Bruxelles ha risposto. Con qualche fatto pesante come i rapporti commerciali con aree del mondo che non sono gli Usa. E con progetti chiari. Ursula von der Leyen e la sua squadra sono pronti all’era Trump. E ieri lo hanno spiegato e rivendicato.
«Saremo pragmatici ma ci atterremo sempre ai nostri principi per proteggere i nostri interessi e sostenere i nostri valori: questo è il modo europeo» ha detto von der Leyen che da Davos ha usato il bastone e la carota.

USA, DA URSULA BASTONE E CAROTA


La presidente della Commissione europea ha avvisato: «Le regole d’ingaggio tra le potenze globali stanno cambiando. Tra Usa e Ue c’è molto in gioco, per entrambe le parti. Di tutte attività americane all’estero, due terzi sono in Europa. Gli Stati Uniti forniscono oltre il 50% del nostro gas liquido. Il volume degli scambi tra noi ammonta a 1,5 bilioni di euro, pari al 30% del commercio globale. Siamo pronti a negoziare ma saremo sempre fedeli ai nostri principi per proteggere i nostri interessi».
Soprattutto, Ursula von der Leyen ha mostrato il bastone. E ha spiegato come «sta cambiando l’Europa» di fronte alla fortezza Usa immaginata da Donald Trump.
«Questo – ha detto – è il momento di impegnarsi oltre i blocchi e i tabù». Quindi avanti con il dialogo con Cina e India, le grandi potenze concorrenti degli Stati Uniti. Con Pechino «si presenta l’opportunità per impegnarci e approfondire i nostri legami commerciali e di investimento in uno spirito di lealtà e reciprocità».
I giorni in cui l’Europa ha esternalizzato sicurezza, energia e si è affidata, per crescere, alla globalizzazione sono finiti. Adesso la «rivalità geostrategica è spietata» e l’Europa «deve cambiare marcia se vuole riuscire a mantenere la sua crescita nei prossimi 25 anni».
Forte, anche, del rapporto di Draghi sulla Competitività europea, von der Leyen cerca di premere sull’acceleratore e spiega il piano in quattro direzioni che deve spingere i 27 a lavorare insieme nei prossimi cinque anni: aumentare la produttività «colmando le lacune dell’innovazione»; sviluppare un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività; affrontare le carenze di competenze e di manodopera; ridurre la burocrazia».

IL PROGRAMMA EUROPEO E GLI AIUTI A KIEV


La presidente della Commissione ha ribadito, da Davos, che l’Europa manterrà la rotta degli accordi di Parigi sul clima perché «sono la migliore speranza per tutta l’umanità».
Ha parlato di una «Unione europea del risparmio e degli investimenti», cioè «nuovi prodotti europei di risparmio e investimento, nuovi incentivi per il capitale di rischio e una nuova spinta per garantire un flusso continuo di investimenti in tutta l’Unione».
Fondamentale il passaggio sulla semplificazione. «Oggi il mercato unico dell’Unione europea presenta ancora troppe barriere nazionali. La proposta è di offrire ai 27 un unico e semplice sistema di regole che tenga insieme diritto societario, diritto del lavoro».
È un vasto programma. È il Piano Draghi sulla competitività. Una cosa è certa: è l’ultima chiamata per i 27: o sono disponibili adesso a cedere un po’ di sovranità per essere più Europa o saremo scavalcati da rapporti bilaterali che ci vedranno per sempre vassalli.
Da von der Leyen sono arrivate parole chiare anche sull’Ucraina proprio nelle ore in cui Trump ha sospeso per tre mesi tutti gli aiuti ai Paesi esteri in attesa di capire se sono o meno in linea con la sua politica estera e America first.
«Al fianco di Kiev per tutto il tempo che sarà necessario per avere una pace giusta. Continueremo a sostenerla senza fare domande. L’Ucraina deve sopravvivere in qualità di Paese indipendente e prendere decisioni sui propri territori».

ITALIA IN SINTONIA CON LA LINEA UE


L’Italia sembra perfettamente in sintonia con la linea di Bruxelles. Tra martedì (Senato) e mercoledì (Camera) il Parlamento voterà l’undicesimo pacchetto di aiuti militari. Contenuto top secret, come sempre. «Se tutti smettessimo di aiutare l’Ucraina – ha detto con buona efficacia il ministro Crosetto – succederebbe che i quattromila colpi di artiglieria che cadono ogni giorno raggiungerebbero i rispettivi bersagli e così pure le oltre 300 bombe di aereo sganciate ogni giorno e gli oltre 12mila droni. Sì, forse avremmo raggiunto la pace, ma solo perché non ci sarebbe più l’Ucraina. Avremmo raggiunto la pace che si trova nei cimiteri». Trump o no, l’Europa è sempre più convinta di restare al fianco di Kiev.
Giorgia Meloni è tornata la notte scorsa a Roma. Non ha indugiato in feste e cerimonie in odore Maga. L’atteso bilaterale con Trump non c’è stato. E forse è meglio così. Palazzo Chigi ha fatto sapere che la premier ha avuto ieri un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio europeo Costa. Il tema è stato soprattutto «il rafforzamento del pilastro europeo della Nato» e la creazione di strumenti finanziari per riuscire a sostenere gli ingenti investimenti necessari. Soprattutto nella difesa. L’Europa si prepara a fare da sola.


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