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Con l’elezione di Trump vanno verso il crepuscolo i diritti civili in Usa: dall’aborto alla teoria gender. Un disegno al quale Bergoglio ha contribuito lucidamente definendo Kamala Harris come «una che uccide i bambini»
Sarà ben presto il crepuscolo dei diritti civili, in primis interruzione di gravidanza e teoria del gender. La slavina dei milioni di voti per Donald Trump rischia di arrivare in Vaticano quasi come una buona novella. Nello slogan ossessivo del MAGA, Make America great again, le cliniche abortive sono al bando al pari delle rivendicazioni di genere.
Il capolavoro del tycoon è stato anche quello di galvanizzare tutta la destra clericale americana e spostare verso i repubblicani fette consistenti di elettori non favorevoli a Donald, ma irriducibilmente anti abortisti. Mentre ai democratici non è bastato il voto giovanile tutto proteso ai diritti civili.
Un disegno al quale il Papa ha contribuito molto lucidamente quando ha definito Kamala Harris come «una che uccide i bambini»: quasi un endorsement camuffato per Donald Trump, con la bocciatura senza appello della candidata democratica.
Ecco perché la valanga Trump non ha destato troppa sorpresa nel residence papale di Santa Marta. Tutto o quasi divide Bergoglio da Trump, dal populismo estremista al liberalismo economico esasperato. E senza considerazione alcuna per la tutela delle fasce sociali più deboli con un welfare tradotto in un disperato fai da te.
IL RECIPROCO GIOCO DI SPONDA
Ma su interruzione di gravidanza e lgbq c’è stato quasi un gioco di sponda tra sacri palazzi e oltreoceano. E la massima gesuita del “male minore” non può che aprire le porte al dialogo.
La tutela dei nascituri e gli equivoci del gender sono il terreno obbligato per una convergenza di vedute altrimenti impossibile con gli imperativi della sinistra democratica Usa.
Bergoglio passa dunque all’incasso di un credito al tycoon sotto la formula della condanna senza appello della sua rivale. Quasi un tesoretto pre-elettorale che per Trump si è rivelato prezioso.
Non che la strada all’intesa tra il Papa e Trump possa dirsi spianata. E certamente i richiami continui di Francesco per i poveri, la tutela degli ultimi e contro la «cultura dello scarto» è fumo negli occhi per il neo presidente eletto a furor di popolo proprio in tutti gli Stati dati per incerti.
Ma pure è lontana anni luce la brina dell’udienza del 24 maggio del 2017, quando il colloquio tra il tycoon e Francesco fu cordiale e franco. Che fuor di diplomatichese significa costellato di incomprensioni. Per ammorbidire l’atmosfera ci volle tutta l’abilità della consorte Melania, all’epoca first lady a tempo pieno e non part time come spesso oggi.
Ma sette anni inframezzati dal mandato al cattolicissimo Joe Biden hanno modificato lo scenario nel segno di convergenze tutte da sviluppare. Troppo importanti sono per la Chiesa cattolica e per il 47° presidente degli Usa la difesa dei nascituri e gli argini anti-arcobaleno per non instaurare molto di più che un rigido confronto.
Al tramonto i diritti civili in Usa. Ora il Papa può sorridere
La cartina degli States è oggi una sorprendente continuità di Stati governati da repubblicani che, dopo la sentenza della Corte Suprema con il no all’aborto come diritto federale, stanno adottando delle legislazioni massimamente restrittive. Con il risultato che per una interruzione di gravidanza occorre “espatriare” a migliaia di chilometri in uno Stato retto dai democratici.
Mentre in Italia la falange degli obiettori di coscienza rende spesso impossibile una piena applicazione della legge 94 per la quale, pur essendo riconosciuta come molto equilibrata, pure vengono avanzate richieste di modifiche. E non è detto che dal Vaticano, attraverso la Pontificia Accademia per la vita, non vengano lanciati nuovi input ai palazzi della politica.
Di sicuro nell’America del Trump bis vengono ancora di più alla ribalta i movimenti più destrorsi e intransigenti. Il massimalismo dei movimenti pro life trova nel neo presidente il propellente migliore per orchestrare nuove campagne contro l’aborto. E in questo quadro il decano dei vaticanisti americani John Allen sul sito “Crux” invita a riflettere sulla crescente adesione del clero statunitense alle scelte politiche del Grand Old Party. Una saldatura del fronte ultra conservatore in nome di Donald Trump che preoccupa il Vaticano.
BERGOGLIO ANTI-YANKEE
Il Papa ha adottato provvedimenti spesso molto severi contro i conservatori americani: a parte la scomunica di Dario Viganò, arcivescovo e per decenni nunzio negli Usa, c’è la rimozione d’ufficio del vescovo ultras texano John Strickland e, soprattutto, una serie di restrizioni molto forti nei confronti del cardinale Raymond Burke, autentico capo filiera dei conservatori americani che dal santuario in Massachusetts prosegue le campagne di delegittimazione della Chiesa di Roma.
Francesco tenta di arginare il fenomeno grazie all’apporto del cardinale americano Robert Prevost, prefetto del potentissimo Dicastero per i vescovi: questi, in strettissima intesa con il Papa, decide le nomine dei vescovi in tutto il mondo e nel caso americano si prova a inviare negli States prelati progressisti, ma non basta: la galassia conservatrice va davvero dall’Atlantico al Pacifico.
Anche con l’arrivo di Donald Trump per la seconda volta alla Casa Bianca il rapporto tra Chiesa americana e Roma resta un nervo scoperto. Alimentato da reciproche diffidenze generate anche da una conoscenza solo parziale delle rispettive specificità. Bergoglio, primo Papa latinoamericano e gesuita, non ha mai perso una certa impronta anti yankee per gli stili di vita negli States. Ricevendone altrettanta freddezza per una linea di gestione del pontificato ritenuta spesso incomprensibile. Riuscirà Trump due ad avvicinare questi universi nel segno del no all’aborto e alle teorie del gender? Questi universi così vicini, così lontani.
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