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Israele-Libano, ancora spari contro la base Unifil; La rabbia del ministro della Difesa, Crosetto, che assicura: “L’Italia non andrà via dal Libano”
“Nessun motivo militare e nessuna giustificazione: è un crimine di guerra, non un errore”. La rabbia è talmente tanta che il governo italiano, attraverso le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto usa toni mai avuti prima nei confronti di Israele.
Ma sono parole proporzionate ad un attacco, quello dell’Idf alle basi italiane dell’Onu in Libano, che non ha precedenti. Il titolare della Difesa attende spiegazioni da Tel Aviv. Affinché venga chiarito quanto è successo: fin da quando mercoledì sera i militari regolari hanno colpito e distrutto le telecamere e altri sistemi di videosorveglianza negli ultimi due avamposti dei nostri caschi blu a Naqoura.
Dopo aver informato Giorgia Meloni, Crosetto ha chiamato l’amico e omologo Gallant protestando. “E’ inaccettabile”, ha detto prima di ribadire la gravità dei fatti anche ai vertici dell’Onu.
Il monito non è bastato e, nonostante i tentativi di rassicurazione, altri colpi hanno raggiunto l’interno della base mentre i peacekeeper italiani erano nei bunker. A quel punto anche palazzo Chigi formalizza il disappunto. Con parole nette: “Quanto sta accadendo nei pressi della base del contingente Unifil non è ammissibile”, fa sapere lo staff di Giorgia Meloni. Che, in costante contatto con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e lo stesso Crosetto, esprime “forte vicinanza ai nostri militari”.
Anche il numero uno della Farnesina ribadisce che quanto è successo “è inaccettabile”,. Distinguendo però “episodi diversi” e accaduti anche “parecchi giorni fa” e poi specificando le sue rimostranze al collega Katz “fin dal primo giorno”.
Nell’attesa di ricevere chiarezza, a puntualizzare è ancora il ministro della Difesa mettendo pubblicamente da parte qualsiasi atteggiamento diplomatico. “Non esiste la giustificazione di dire che le forze armate israeliane avevano avvisato Unifil del fatto che alcune delle basi dovevano essere lasciate”. Poi l’accusa più pesante: “Gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane potrebbero costituire crimini di guerra. Si tratta di gravissime violazioni alle norme del diritto internazionali, non giustificate da alcuna ragione militare”.
Dunque “non si è trattato di un errore né di un incidente”. E per questo “abbiamo bisogno di avere spiegazioni reali nei tempi più rapidi possibili”.
Anche l’opposizione chiede di fare luce e la segretaria del Pd Elly Schlein chiede all’esecutivo di riferire con urgenza per “accertare le responsabilità”. Così come il leader Cinque Stelle Giuseppe Conte aggiunge: “fermiamo la follia di questa escalation”.
Sullo sfondo resta il punto interrogativo che induce a chiedersi cosa resta della missione Unifil, una volta superata l’ennesima linea di tolleranza. “Abbiamo preparato piani di contingenza per qualsiasi avvenimento, accelerando i tempi di intervento se necessario”. Ma – spiega Crosetto – ritirare il contingente dal Libano “non è una scelta nazionale, è una scelta dell’Onu e ci rifletteranno i quaranta Paesi contributori. La mia intenzione – continua il ministro della Difesa – è di far prevalere spazi di pace, non far passare l’idea che possa esserci una continua guerra”.
La risposta di Israele sembra però andare in senso opposto a quello chiesto dall’Italia. Tel Aviv non solo chiede all’Onu, attraverso il suo ambasciatore alle Nazioni Unite, di spostarsi 5 chilometri a nord “per evitare pericoli”, ma rivendica con l’Idf di “aver ordinato” alle forze multinazionali di rimanere “in spazi protetti”. Concetto ribadito proprio dall’ambasciatore israeliano a Roma: “abbiamo raccomandato più volte ai militari italiani di ritirare parte delle loro forze ma purtroppo la richiesta è stata respinta”.
Muro contro muro, dunque, con la diplomatizia in fase di stallo: l’Italia non scusa Israele e Tel Aviv non intende giustificarsi. Al centro resta Unifil con i suoi caschi blu, che non intende arretrare di un centimetro. La situazione ovviamente non fa che peggiorare. Israele non ha nessuna intenzione di recedere dai propri intendimenti. L’impressione è che voglia “vendicarsi” della poca attenzione avuta dall’Onu nei confronti di Hezbollah.
Netanyahu avrebbe voluto tutt’altro atteggiamento da parte del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Gutiérrez, anche se ora prova a giustificarsi: l’esercito israeliano esprime “profonda preoccupazione per incidenti di questo tipo”. Inoltre, aggiunge il premier israeliano, “l’Idf prende ogni precauzione per ridurre al minimo i danni ai civili e alle forze di pace. Dato il complesso e difficile ambiente operativo in cui Hezbollah usa strutture civili e Unifil come scudi, l’Idf continuerà a fare sforzi per mitigare il rischio che tali sfortunati incidenti si ripetano”.
“È fondamentale notare che l’Idf sta operando nel Libano meridionale nell’ambito di un conflitto in corso con Hezbollah, i cui terroristi e le cui infrastrutture si trovano nelle immediate vicinanze delle postazioni Unifil e rappresentano un rischio significativo per la sicurezza delle forze di pace”, ribadisce la nota diffusa ieri da Tel Aviv, in cui si riafferma, tra l’altro, che “dato il complesso e difficile ambiente operativo in cui Hezbollah usa strutture civili e Unifil come scudi, l’Idf continuerà a fare sforzi per mitigare il rischio che tali sfortunati incidenti si ripetano”.
Le forze di difesa israeliane ricordano, inoltre, quanto sia “spiacevole che dal 2006 la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non sia stata pienamente applicata e che Hezbollah l’abbia violata stabilendo un’estesa presenza militarizzata nel sud del Libano”.
Infine, le Idf ribadiscono di essere “impegnate in un esame attento di questi incidenti e in un dialogo continuo con l’Unifil e gli Stati nazionali che partecipano alla missione di pace”.
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