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Dalla guerra in Ucraina alle operazioni militari di Israele con gli spari contro i militari italiani i “dolori” della premier Giorgia Meloni, il ministro Crosetto: “La missione Onu è fallita”


“Hai la parola mia e del mio governo Volodimir, l’Italia sarà al fianco tuo e dell’Ucraina fino alla fine, fino alla vittoria e anche dopo nella pace”. Sono più o meno queste le parole con cui Giorgia Meloni ieri sera ha accompagnato la cena di lavoro a Villa Doria Pamphili con il presidente ucraino Zelensky. Che ha preso atto, sorriso e ringraziato. Ma è sempre più difficile credere alla parole e agli impegni della premier sul fronte della diplomazia dopo i siparietti visti nelle ultime ore. Mercoledì l’aula dell’Europarlamento è rimasta di sale quando il presidente ungherese Viktor Orban ha urlato ai microfoni e sfidando lo sguardo di Von derLeyen: “In Ucraina abbiano perso, fatevene una ragione. E prima lo farete, meglio sarà per arrivare alla pace”.

Il problema è che Orban è stato ospite d’onore di Salvini domenica scorsa a Pontida. E Salvini, oltre che vicepremier del governo, ha deciso di schierarsi con la famiglia della destra estrema europea, i Patrioti di Orban appunto. Con quante voci parla il governo italiano? Che affidabilità ci può dare? Questo si sente sussurrare con sempre maggiore preoccupazione nelle cancellerie europee. Ed è un problema per Meloni che aveva stupito, positivamente, tutti nei primi due anni di mandato per la fermezza nel tenere fermo l’atlantismo del governo.

IL RINVIO DEL SUMMIT SULL’UCRAINA

Dovevano vedersi sabato a Ramstein i leader dei paesi Nato per un vertice specifico sull’Ucraina. La potenza dell’uragano in Florida ha impedito a Biden di lasciare la Casa Bianca e ha costretto a rinviare il summit. Così Zelensky è venuto in missione in Europa: l’inverno si avvicina, la Russia continua a bombardare (“avanza ma con molte perdite” ha detto Rutte, il nuovo segretario della Nato) come del resto l’Ucraina tiene ben salde le posizioni nel Kursk russo conquistato.

Ma Kiev ha bisogno di armi, sostegno e appoggi di ogni genere (anche di intelligence) e la vigilia elettorale negli Usa, con Trump che tifa per la fine del conflitto e quel-che-è-stato-è-stato e ElonMusk che appoggia Trump ma ha anche in mano le comunicazioni in Ucraina grazie al sistema di satelliti Starlink, ha spinto Zelensky ad andare capitale per capitale a presentare il suo “Piano per la vittoria”. Ieri Londra, Parigi, in serata Roma, oggi Berlino.

“Il piano mira a creare le giuste condizioni per una giusta fine della guerra. Ringrazio il Regno Unito per il suo continuo supporto alla difesa del nostro Paese, anche con armi a lungo raggio” ha scritto Zelensky su X. Ne ha parlato anche ieri sera con Meloni. Che nel privato della cena ha dovuto prendere le distanze da Orban. E dal suo vicepremier Salvini. È da giugno, dal voto europeo, che la politica estera non è più la comfort zone di Giorgia.

DALL’UCRAINA A ISRAELE, I DOLORI DI GIORGIA MELONI

Intendiamoci: la politica estera con due conflitti conclamati in corso alle porte di casa e un nuovo ordine mondiale che sta prendendo corpo è una sfida quotidiana e carica di tensioni. Fino a giugno, però, Meloni si è mossa con la consapevolezza di una sicurezza conquistata sul campo. Dopo il voto europeo, in cui ha vinto ma le “sue” destre non abbastanza per vincere, è diventato più difficile e la comfort zone si è ristretta.

Ursula von der Leyen e i Popolari (cioè Tajani) le hanno teso la mano coinvolgendola nel governo europeo dando la vicepresidenza operativa al commissario Fitto. Al VdL 2 serve tenere dentro la destra più moderata, che sono i Conservatori (cioè Meloni) e non certo i Patrioti (cioè Orban e Salvini). Questo tentativo, neppure così segreto, di dividerli crea tensioni anche nella maggioranza di governo, Tajani e Salvini, sempre loro, ogni giorno ha il suo fronte del porto: le nuove tasse su casa e gasolio; la cittadinanza; la legge sull’Autonomia.

UCRAINA, ISRAELE, POLITICA INTERNA E PARTITO, GIORGIA MELONI UNA PREMIER “STANCA”

Giorgia Meloni è stanca e anche un po’ stufa. “Mollerò per l’infamia di pochi” ha scritto dopo che sono state divulgate le chat interne ai gruppi parlamentari sulla convocazione per l’elezione del giudice della Consulta. Un blitz fallito e una figuraccia per Meloni, per il suo stile, soprattutto, sintetizzabile in pochi punti: vittimismo, complottismo, reazione abnormi, scaricare sugli altri, in fuga dal confronto con i giornali e l’informazione.

Non è l’identikit di una premier salda al comando. Due giorni fa ha fatto un video per dire che “il suo governo non aumenterà le tasse”. Fa finta di non sapere che sono già al 42,8% (stima Ufficio parlamentare di bilancio), il più alto degli ultimi anni e che salirà ancora non solo per lenuove tasse sulla cassa o il gasolio ma perché i tagli ai ministeri si tradurranno in mancati trasferimenti agli enti locali e quindi più tasse locali per i cittadini. Ieri mattina la premier è tornata social con il seguente post: “Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano” sulla foto di lei e Arianna sorridenti. Si riferiva, la premier, all’inchiesta di Bari dove un dipendente di Banca Intesa ha fatto in 4 anni seimila accessi abusivi alla banca dati interna curiosando tra i cc dei clienti. Tra loro anche le sorelle Meloni, l’ex Andrea Giambruno, il ministro Crosetto.

IL DUBBIO SUL DOSSIERAGGIO

La procura di Bari (è successo alla filiale di Bari) ha già spiegato che non si tratta di dossieraggio ma di una illecita attività random di un dipendente infedele e curioso. E però, avanti di nuovo con il vittimismo. Piuttosto: stiamo ancora aspettando “l’inchiesta della magistratura” su Arianna che i giornali di destra a Ferragosto davano per certa. Anche lì, quante pagine di vittimismo. Il problema è che il vittimismo non è una dimensione che Giorgia Meloni può trasferire quando si parla di politica estera. Ieri ha chiesto al ministro Crosetto di andare in conferenza stampa a spiegare cosa è successo al nostro contingente Unifil nel Libano del sud che si è trovato nel mirino dei razzi di Israele. “Abbiamo formalmente protestato con molta durezza con ambasciate e governo israeliano a cui continuiamo a chiedere la cessazione delle ostilità” ha scritto la premier in un comunicato.

Dopo cinque minuti in conferenza stampa Crosetto ha fatto di più: “Non è stato un errore, non è stato un incidente”. Giubilo da sinistra: anche il governo attacca Israele. Solo che poi Crosetto ha dovuto precisare: “Il problema è che la risoluzione Onu 1701 è fallita e noi lo diciamo da un anno e mezzo. E’ fallita perché l’Iran ha foraggiato Hezbollah che ha cumulato armi proprio nella zona di competenza dei caschi blu. Ma le regole d’ingaggio ci hanno impedito negli anni di bonificare l’area”. Ecco perché Israele bombarda l’area Unifil: è un po’ come gli ospedali a Gaza diventati nascondigli per le armi e le basi di Hamas. Ma anche questo è un tema potenzialmente molto diviso. In Italia. E fuori. Persino alle Nazioni Unite.


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