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Schlein, l’altra vincitrice delle elezioni rilancia la sfida alla Meloni: «Abbiamo rallentato la destra»; e al Pd chiede unità
È l’altra vincitrice. Sa che non bisogna gioire troppo e che d’ora in poi il lavoro da fare sarà sempre molto duro e difficile. Ma per lei gli esami sono finiti e li ha passati a pieni voti.
Lo spoglio del voto per il Parlamento europeo ha chiuso l’eterno congresso del Pd e la segretaria Elly Schlein può finalmente occuparsi della cosa più importante: “Costruire l’alternanza politica a queste destre. D’ora in poi bisogna lavorare per una coalizione progressista con un’identità politica precisa strutturata intorno ai temi e il cui perno non può che essere il Pd”.
Ci saranno aggiustamenti e innesti da fare. Si parla, ad esempio di un ticket e di una coabitazione al vertice Schlein-De Caro, l’ex sindaco di Bari campione assoluto di preferenze con ben 495.918 voti. Ma oggi questi sono dettagli. Oggi i numeri che contano sono altri. Elly Schlein li mette in fila nella grande sala conferenze al terzo piano del Nazareno nella tarda mattinata di ieri quando ormai lo spoglio è concluso (mancano le circa duemila sezione di Roma-Lazio, sempre loro, ma non potranno più cambiare la storia).
I dati percentuali: “Siamo al 24,1% (e mancano ancora le sezioni di Roma, ndr), quasi cinque punti sopra le politiche del 2022 e un paio di punti sopra le Europee del 2019 quando eravamo ancora insieme a Renzi e Calenda. Nessuno scenario ci aveva dati così alti”. E poi i dati assoluti: “Tra noi e Fratelli d’Italia la distanza è un milione di voti, erano il doppio alle politiche. E quindi possiamo dire: cara Giorgia, stiamo arrivando”. I dati assoluti dicono che, rispetto alle Politiche, i Fratelli hanno perso 600 mila voti, la Lega 400 mila e Forza Italia centomila. Il Pd invece ne ha conquistati 700 mila in più e Sinistra e Verdi 600 mila.
I numeri pesano. E parlano. Dicono che “il Pd è il perno da cui partire per costruire l’alternanza politica alle destre”. Bye bye Conte che, crollato a sotto le doppia cifra (era al 17% nel 2019), non può far altro che riporre per sempre il progetto di diventare il leader dell’alleanza di centrosinistra, leader anche del Pd e tentare, fra tre anni, l’arrembaggio a palazzo Chigi. I giochi sono fatti e sarà difficile, al netto di qualche colpo di scena al momento neppure immaginabile, cambiare ruoli, pesi e prospettive.
“Adesso è tempo di lavorare per tentare il sorpasso in vista della prossime politiche che verosimilmente non saranno prima del 2026-2027. “Se non siamo riusciti ancora a fermare la destra, di certo l’abbiamo rallentata” rivendica la leader dem in una sorta di analisi collettiva del voto. Schlein è convinta che a fare la differenza sia stata “la campagna palmo a palmo” che l’ha portata a toccare 123 tappe in tutta Italia, piazze, grandi città ma soprattutto “aree interne e periferie”. Continuerà a farlo, promette, perché è l’unico modo che conosce per ritrovare la sintonia con le persone e i cittadini.
Per ascoltare. Oltre la presenza fisica sui territori, ha fatto premio la scelta dei temi da sottoporre ai cittadini, sanità e lavoro su tutti. “Non temi bandiera” tiene a precisare la segretaria, “perché, ad esempio, sul salario minimo andremo avanti per arrivare all’approvazione in parlamento della proposta di legge popolare”. Riorganizzare la speranza tra cittadini che si sentono delusi e abbandonati tanto che il 50 per cento non è andato a votare. La vera sconfitta. Di tutti. Forse anche per questo il Pd è andato così bene al Sud da essere il primo partito con 24,32, quasi un punto di distacco da Fdi.
“Ne abbiamo parlato molto, ci siano stati tanto, soprattutto con giovani e donne. E abbiamo promesso – dice Schlein – che noi fermeremo l’Autonomia differenziata perché spacca il Paese. Non si è mai vista una sedicente patriota (Meloni, ndr) che spacca in due il Paese”. Al Sud invece vanno destinate tutte le risorse per fare investimenti, infrastruture e lavoro.
Se queste sono state le premesse del risultato, la conseguenza è che il Partito Democratico si accredita definitivamente come perno dell’alternativa alla destra di governo. Un dato questo non più discutibile. La pietra tombale del congresso interno, sembrerebbe. “Lavoreremo come sempre in modo testardamente unitario per costruire l’alternativa che serve alle destre in questo Paese. Noi sentiamo, come perno indiscusso dell’alternativa, la responsabilità di costruire l’alternativa a queste destre e spero che gli altri partiti di opposizione sentano questa responsabilità”. Quando si vince, si è portati ad essere generosi e indulgenti. La segretaria del Pd viene sollecitata più volte e in più modi a mandare messaggi a Conte, a Renzi e a Calenda.
Sarebbe facile oggi mettere il dito sulla piaga, puntarlo contro Renzi, Bonino e Calenda che hanno scelto strade diverse e hanno fallito. O contro Conte e il “risultato deludente” parole dell’ex premier. Che farà Conte? Cercherà di scartare di lato, di tornare ad un partito antisistema e anti Pd come quello delle origini? Schlein non cade nel tranello. Non fa nomi, resta generica ma il messaggio è chiaro: “Il tempo dei veti è finito, non li abbiamo mai messi e non li accetteremo. Il voto di ieri premia chi ha avuto l’atteggiamento più unitario e non parlo solo del Pd. Mi viene da dire che le divisioni non pagano. Non pagano quelle dei progressisti e non pagano neppure quelle tra chi si è presentato insieme per governare”. E qui il destinatario era Matteo Salvini.
Il congresso del Pd, in corso da marzo 2023 quando Elly Schlein uscì vincitrice dalle primarie, è finito. Ma servono aggiustamenti. Presto per parlarne oggi ma sono già sul tavolo. Ancora una volta ce li mettono la forza dei numeri. Schlein non potrà ignorare che i riformisti dell’area Guerini hanno surclassato quelli dell’area della segreteria. Il mezzo milione di voti di De Caro è il doppio di quelli di Lucia Annunziata (241.016), la capolista scelta da Schlein. In tutte le circoscrizioni i candidati riformisti sono andati meglio dei candidati della segreteria: Stefano Bonaccini (389.284), Giorgio Gori (210mila), Dario Nardella (100mila), Matteo Ricci (84mila). E’ una tendenza che la segretaria deve valutare e ascoltare. Non potrà, ad esempio, spostare troppo il partito a sinistra.
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