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Il Parlamento Europeo

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Il Mezzogiorno gioca un ruolo primario nella partita per le Europee, i leader hanno bisogno di massimizzare i propri consensi, di migliorare la performance delle politiche del 2022, la competizione più vicina da prendere come riferimento per fare il raffronto


Tutti i leader hanno bisogno di massimizzare i propri consensi, di migliorare la performance delle politiche del 2022, la competizione più vicina da prendere come riferimento per fare il raffronto.
La partita delle Europee anche questa volta si deciderà nel profondo Mezzogiorno, lo stesso che detiene il più alto di disoccupazione, lo stesso che ha gli indici economici peggiori. «Il Paese è spaccato in due» è il refrain che si ripete tra le classi dirigenti dei vari partiti. Ecco perché vincere al Sud del Paese significa conquistare l’intero Belpaese. Ed è proprio da quelle parti che si annidano le maggiori preoccupazioni. Un territorio che nel corso degli ultimi venti/trent’anni si è affidato o alla coalizione di centrodestra o a quella di centrosinistra. Nel mezzo l’innamoramento con Beppe Grillo la cui traversata dello Stretto di Messina resta una delle immagini simboliche della narrazione a 5Stelle. In sintesi, da queste parti l’elettorato non ha seguito ideologico ma ha fluttuato dall’una o dall’altra parte perché insoddisfatto dell’esperienza politica precedente.

Tutto questo spinge le segreterie di partito a rivolgere un’attenzione particolare al Mezzogiorno. Giorgia Meloni è preoccupata che l’astensionismo possa danneggiarla. Uscire ridimensionata dal match in alcune regioni strategiche come Campania, Sicilia e Calabria, sarebbe una spia significativa per il futuro della sua leadership. Va da sé, sarebbe un processo lungo ma potrebbe essere interpretato come l’inizio della parabola discendente. Totò Cuffaro, uno dei ras delle preferenze in Sicilia, dice oggi che «Meloni è l’unica ad avere un voto opinione». Tradotto, significa che al netto del cosiddetto voto strutturato la presidente del Consiglio detiene un’arma in più per intercettare consensi. «Ho bisogno che i cittadini non si girino dall’altra parte, a me serve essere forte.
Sono sempre preoccupata per l’affluenza. Le Europee sono elezioni strane. Ma non sono preoccupata per il mio risultato. Vediamo come va» ha scolpito ieri la premier negli studi di Bruno Vespa.

Una frase che dice molto sullo stato di tensione che si respira nella war room di Palazzo Chigi. La premier cerca un risultato pieno e un risultato pieno può arrivare solo se ci sarà una vittoria piena nel Mezzogiorno d’Italia.

E se Meloni proverà a essere prima in un territorio che gli ha dato fiducia alle politiche del 2022, chi cercherà di insidiare il primato della presidente del Consiglio nel mezzogiorno sarà certamente il Movimento Cinquestelle guidato da Giuseppe Conte. Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, è il frontman dei grillini nel Mezzogiorno. Sfiderà Meloni, Tajani, Lucia Annunziata. Ma più di tutto tutti dovrà vedersela con la cancellazione del reddito di cittadinanza, una misura voluta dai 5Stelle nel 2018 e poi tagliata con un tratto di penna dall’attuale esecutivo Meloni. Tutto questo fa impensierire la cabina di regia del M5S che spera a questo punto di confermare il risultato delle politiche del 2022 per poi concentrarsi sulle elezioni politiche del 2027.

Il mezzogiorno sarà terreno di scontro all’interno della coalizione di centrodestra. Salvini ha puntato tutte le fiches sul generale Roberto Vannacci. Obiettivo: conquistare gli insoddisfatti che risiedono nel mezzogiorno d’Italia. Puntare insomma ai meloniani delusi e ai grillini infuriati post eliminazione del reddito di cittadinanza. E proprio su Vannacci ci sono due visioni diverse. C’è chi sostiene che sia la carta vincente di Salvini per far rifiorire il progetto di lega nazionale. E c’è chi invece ritiene che l’effetto Vannacci non si registrerà nel mezzogiorno perché prevarrà il cosiddetto voto strutturato. Insomma, una partita da 1X2 con un dettaglio: Salvini ha piazzato una serie di ras delle preferenze nelle circoscrizioni Sud e Isole. Per dire, nella prima potrà avvalersi della candidatura di Aldo Patriciello, soffiato a Forza Italia.

La Lega se la giocherà con Forza Italia. Storicamente gli azzurri veleggiano a doppia cifra da queste parti. Fi può contare su una serie di certezze: due governatori come Renato Schifani (Sicilia) e Roberto Occhiuto (Calabria) e una serie di ras delle preferenze. Nell’isola del famoso 61 a zero, gli azzurri potrebbero addirittura provare a essere secondo partito grazie all’accordo con i Noi Moderati di Maurizio Lupi, che in Sicilia fanno riferimento a Saverio Romano, e a un accordo siglato sotto banco con la democrazia cristiana di Totò Cuffaro. La missione di Fi è di fare en plein nel mezzogiorno.

Non a caso ieri da Misterbianco, distretto industriale del catanese, Maurizio Gasparri utilizzava questi toni: «Dobbiamo difendere le industrie e le imprese italiane dalla concorrenza sleale di Cina e paesi extra Ue. Al Sud e in Sicilia, come stiamo facendo qui a Misterbianco, incontriamo ogni giorno centinaia di imprenditori che dimostrano di saper fare e di saper innovare. Le amministrazioni del buongoverno azzurro, come quella del sindaco di Misterbianco Marco Corsaro, creano le condizioni per lo sviluppo. Ma tutto ciò deve essere valorizzato e difeso in Europa, con una voce forte e autorevole per l’Italia. Stop alle distorsioni generate dai paesi che non hanno lo stesso costo del lavoro nostro, che non hanno i nostri stessi standard. Ci penseranno Forza Italia e il Ppe a difendere la nostra economia e il lavoro, qui in Sicilia come nel resto d’Italia».
Tutto dimostra che tanto della partita delle europee si giocherà da queste parti. Nessuno infatti osa sbilanciarsi e se potesse si servirebbe della tripla: 1 X 2. Un match che nessuno sa decrittare e che ha mandato in tilt osservatori e sondaggisti.


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Francesco Ridolfi

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