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A due settimane dalle elezioni europee l’analisi dei programmi elettorali dei partiti che parlano di tutto ma non di Europa


C’è la crisi iraniana, materia molto sensibile per palazzo Chigi che richiama in mattinata i leader di maggioranza ad un tavolo di pre-crisi. Così come la richiesta di arresto del Tribunale penale dell’Aia per i vertici di Hamas e per il premier israeliano Bibi Netanyahu, nei fatti messi sullo stesso piano, magari è la via giusta e però mette benzina sul fuoco. E’ l’agenda internazionale e, elezioni o no, dobbiamo seguirla. Anzi affrontarla. Poi però c’è Salvini e la sua “Italia del Sì” che sta brigando per portare ad horas in Consiglio dei ministri il maxi condono edilizio nella forma del decreto. Giorgia Meloni che si divide tra il popolo di Vox, improbabili scenari ed alleanze europee e la passerella a Pratica di mare “per il ritorno finalmente in patria” di Chico Forti.

Per tacere del fronte penale: l’inchiesta di Genova con Forza Italia che punta il dito contro la procura che “deciderà a suo tempo se e come sentire l’indagato agli arresti domiciliari Giovanni Toti”; l’altra inchiesta per voto di scambio in Puglia che mette nei guai il capogruppo di Fratelli d’Italia e magari verranno fuori proprio ora novità sul caso Bari. Grande attesa, da parte di Forza Italia, per la separazione delle carriere tra pm e giudici, la mitologica riforma della giustizia (ma che non risolverà affatto il vero problema, cioè i tempi dei processi) attesa anche lei “a giorni” in Consiglio dei ministri. Così come l’altro provvedimento per tagliare le code per le visite mediche specialistiche e un altro per qualche concorso per insegnanti. Vista così viene in mente una bella lista di provvedimenti sotto elezioni in nome della propaganda e del consenso.
E comunque, per un verso o per l’altro, i temi europei che dovrebbero essere il nostro pane quotidiano a sedici giorni dal voto per le elezioni europee “più importanti di sempre”, non ci sono e non si sentono. In tv, nei tg e nei talk, cercasi Europa disperatamente e inutilmente.

Eppure le rispettive campagne sono state presentate e i programmi depositati. Si vede qualcosa nei manifesti elettorali. “Con Giorgia l’Italia cambia l’Europa”; “Più Italia meno Europa” con il sorriso a quarantaquattro denti di Salvini; “Una forza rassicurante al centro dell’Europa” con Tajani che alza il braccio con il fondatore Berlusconi. Il problema è che nessuno di loro andrà in Europa e già qui, per restare a livello grafico, il povero elettore resta spiazzato. I manifesti del Pd sono didascalici ma almeno provano ad entrare “nel merito” nel cercare di spiegare “l’Europa che vogliamo”, con “cure accessibili e non attese infinite” e quindi sociale , “Un’ Europa per la pace, non di guerra”, “Una famiglia, non un bersaglio”, “Salario minimo, non sfruttamento”.
La più rassicurante alla fine è la lista “Stati uniti d’Europa” dove il nome è il programma: 14 pagine, dodici capitoli con l’obiettivo di trasformare l’Europa in un vero e proprio Stato perché, come diceva Einaudi, “gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza”. Il quadro geopolitico degli ultimi due anni ne è la prova.

La maggioranza “unita e compatta” ha programmi diversi e divergenti. Forse è per questo che non se ne parla. Fratelli d’Italia ha sintetizzato il tutto in 20 pagine e 15 capitoli per dire che “con Giorgia l’Italia cambia l’Europa” che deve restare in sostanza un’alleanza monetaria e finanziaria di nazioni sovrane. Per un pugno di temi come difesa, salute, immigrazione e crisi demografica servono i soldi europei ma poi ognuno a casa sua fa un po’ quello che vuole. La Lega segue un’altra strada, “Più Italia e meno Europa” (stesso slogan della lista “Libertà”, la più affollata che c’è messa insieme da Cateno De Luca più altri 18 tra cui il capitano Ultimo), a difesa della casa e delle auto, contro la carne chimica e di insetti, stop all’eurofollia green e via di questo passo.
Non c’azzecca molto con il programma di Fratelli d’Italia e per nulla con quello di Forza Italia, 17 pagine e dieci punti per dire di stare “Con noi al centro dell’Europa” e già la parola centro disturba Giorgia e Matteo perché, come dicono in privato, “fa perdere voti, non è identitaria”.

Giuseppe Conte impiega più di cento pagine e 17 capitoli per spiegare l’Europa che vuole. E siccome nel simbolo c’è #pace, i primi punti del programma sono espliciti: “riportare la pace”, “sanzioni a chi vende armi ai paesi in conflitto” e no alle spese militari. In pratica il programma di un’altra lista, quella di Michele Santoro, “Pace, Terra, Dignità”. L’Alleanza Versi e sinistra è quella che forse riesce a bucare un po’ di più nella narrazione quotidiana perché ha scelto con cura i candidati: Ilaria Salis (a cui presta voce e fisicità il babbo Roberto che sta girando l’Italia), l’ex sindaco Marino che si “traveste” da marziano, lo scrittore e insegnante Christian Raimo. Nelle 44 pagine del programna dominano, tra le grandi battaglie per il lavoro, la pace e la sanità pubblica, le nuove tasse sulle transazioni finanziarie e sui grandi patrimoni.

Pagine e pagine che voleranno nel vento. E che pure offrirebbero alcuni spunti su cui sarebbe utile dibattere. Il potere di veto dei singoli Stati, ad esempio, che nei fatti blocca una vera politica unitaria: a ben vedere mette d’accordo quasi tutte le liste più di peso. Contraria solo la Lega. Tace sul punto, e non a caso, Fratelli d’Italia. Interessante anche come tutti siano d’accordo nel dire no all’austerity e sì ad una maggiore flessibilità. Fratelli d’Italia e Pd propongono addirittura “una riforma del Patto di Stabilità”. Peccato che lo abbiano appena votato, a dicembre scorso, e non è chiaro nell’Europa che verrà chi dovrebbe essere nostro alleato nel cambiarlo.
Sulla Difesa comune si spaccano maggioranza e opposizione: Forza Italia, Stati Uniti d’Europa e Azione vogliono un sistema di Difesa e una politica comune. Gli altri vanno in ordine sparso. Caos e contraddizioni. Alla fine è per questo che non se ne parla. Molto meglio intrattenersi su duelli televisivi che non ci saranno.


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