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È l’ULTIMO giorno di campagna elettorale per la sfida in Abruzzo, considerato un test per il Governo dopo quanto accaduto in Sardegna: Marco Marsilio, presidente della Regione uscente, super-meloniano, sfida Luciano D’Amico, rettore dell’Università Teramo, sostenuto dal cosiddetto campo largo, una coalizione che va da Renzi a Fratoianni. La partita delle partite si prepara al rush finale. Sondaggisti super abbottonati. Non si sbilanciano. «È avanti leggermente il centrodestra ma tanto dipenderà dall’affluenza». Schieramenti mobilitati. Da una parte e dall’altra. Leader in campo, seconde file mobilitate.

Insomma, c’è di tutto. Marsilio, per dire, ha preferito chiudere il venerdì senza leader. Chissà. Forse per evitare di mostrare la divisione tra Meloni e Salvini. Intanto il candidato del centrodestra prende di mira gli avversari: «Luciano D’Amico? Non è certo il nuovo che avanza. Dietro di lui ci sono ancora i vecchi notabili. Quelli disponibili a ogni alleanza pur di governare. Oggi come allora non hanno a cuore la nostra regione. Pensano alle alleanze e non ai programmi. “L’importante è vincere” dicono. Sul da farsi poi si vedrà. Una politica che è contro l’interesse dei cittadini elettori che dovrebbero sapere prima il programma per poter scegliere con cognizione di causa». Tra le righe Marsilio sembra puntare il dito verso l’uomo macchina della campagna elettorale del candidato di centrosinistra. Il riferimento quasi certamente è al ras del Pd abruzzese, quel Luciano D’Alfonso che è stato anche governatore regionale. È lui il tessitore della candidatura di D’Amico. Non a caso i detrattori sussurrano che il vero presidente di Regione, in caso di vittoria del centrosinistra, sarà lui. D’Alfonso è una vecchia conoscenza della politica nazionale. Già senatore e oggi deputato del Pd, è cresciuta nella scuola democristiana. Tre i suoi riferimenti: Franco Marini di cui ha incarnato la linea politica, Remo Gaspari per la rete trasversale in tutto il territorio e per la predisposizione a trovare consensi, e, infine, Giulio Andreotti, da cui ha preso spunto per essere un politico che ha un metodo infallibile nel ricordare qualsiasi cosa. Una trimurti niente male.

Ecco, D’Alfonso è l’arma in più di un centrosinistra che deve cercare di massimizzare i consensi laddove è più forte, si pensi a Pescara e alla sua provincia. Insomma, la partita sembra aperta. D’Amico, interpellato da un Giorno da Pecora, crede nella vittoria: «Non credo che sapremo il risultato prima delle 4 di mattina e vincero’ io. Con quale percentuale? Non saprei, direi con più del 52%». E che l’effetto Sardegna che possa spingere il centrosinistra verso la seconda vittoria in pochi giorni.

Ed ecco dunque Alessandra Todde, neo vincitrice alle regionali sarde, a dargli manforte: «In Sardegna non c’è stata una capo popolo non mi sono mai sentita Mosè che si caricava sulle spalle i sardi per portarli sulla terra promessa, ho parlato alla ‘mia gente’ da sarda e lui (D’Amico, ndr) lo sta facendo, da abruzzese credibile, parlando alla sua gente». Per Todde è stato «impressionante vedere in Abruzzo nei giorni scorsi la sfilata dei ministri come è accaduto in Sardegna, politici che non parlano mai dei problemi reali ma si lanciano in promesse di infrastrutture mirabolanti, le persone lo devono saper distinguere. Perché Marsilio, se ha governato così bene, ha bisogno della corazzata a sostegno?».

C’è anche Giuseppe Conte, leader dei 5Stelle: «La sensazione che mi viene restituita dalle tantissime persone con cui parlo in Abruzzo è che c’è insoddisfazione innanzitutto per il disastro della sanità. C’è un grido di dolore e di allarme: i cittadini non si sentono confidenti di poter usufruire di prestazioni sanitarie che sono al di sotto della soglia della dignità personale e sociale. Non si è investito in sanità, non si è fatto molto». In questo contesto avranno un peso le liste e i capibastone dall’una e dall’altra parte. Anche perché in Abruzzo non ci sarà il voto disgiunto.

Fra le curiosità: Sara Marcozzi, l’ultima volta candidata alla presidente della Regione con i 5Stelle, sarà in lista con Forza Italia. La sfida è da dentro o fuori. Se vince il centrodestra Meloni tirerà un sospiro di sollievo. Se perde si aprirà una faglia ancora più grande di quella che c’è già oggi. Di sicuro appare singolare che il ministro Luca Ciriani metta le mani avanti: «Le elezioni in Abruzzo sono un test anche per il governo? A prescindere da quello che succede in Abruzzo, e sono convinto che andrà bene, il governo va avanti lo stesso. L’appuntamento secondo me piu’ importante e’ quello delle Europee. Mi permetto già di dire adesso che le Europee andranno bene per il centrodestra e che il governo non uscirà rafforzato». Segno che in caso di sconfitta ci saranno gli effetti sugli equilibri all’interno del governo e sulla stabilità dell’esecutivo.

A sinistra c’è invece grande entusiasmo. Lo certifica il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che si è mobilitato: «La partita delle Regionali in Abruzzo è davvero avvincente, con un dato che secondo me può essere decisivo e cioè la grande ripresa di queste ultime settimane, il recupero instancabile del nostro candidato D’Amico, rispetto a Marsilio, candidato di Meloni, e al centrodestra. Si registra grande entusiasmo in Abruzzo. Fino a due-tre mesi fa la partita sembrava scontata. Oggi è più aperta che mai: io credo proprio in questo recupero impressionante».

Partita in equilibrio, risultato non scontato? E qual è la posta in gioco? Risponde Osvaldo Napoli, membro della segreteria di Azione e conoscitore delle dinamiche territoriali: «Il voto in Abruzzo è importante, ovviamente lo è di più per Meloni che per le opposizioni. È la presidente del Consiglio che si gioca una parte cospicua della sua credibilità e della stabilità della maggioranza, messa a rischio dal declino accelerato della Lega e personale di Matteo Salvini. Non credo che un esito sfavorevole alla destra porterebbe a conseguenze immediate sul governo, non è un test in Abruzzo. La conseguenza più immediata di una disfatta della destra sarebbe senz’altra la fine politica di Salvini». Occhio, dunque, alla percentuale di Salvini. E non solo.


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