Matteo Salvini e Giorgia Meloni
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SE NON si fosse ancora compreso, Matteo Salvini è in campagna elettorale e il leader della Lega sta già passando in rassegna i punti del programma: primo punto, smarcarsi da Giorgia Meloni. Secondo punto: massimizzare i consensi, superare i 5Stelle e, perché no, riconquistare lo scettro della coalizione del centrodestra. Terzo punto: l’impresa è complicata ma il leader del Carroccio ci vuole provare. E per provarci ha deciso che sarebbe meglio non scendere in campo alle Europee.
SALVINI SPIAZZA TUTTI
D’altro canto, confida un fedelissimo del vicepremier leghista, «Matteo ha già fatto en plein alle europee del 2019, oggi occorre cambiare spartito, rimodulare la strategia». Puntare su volti nuovi o comunque mettere in prima linea chi, come i governatori delle regioni del Nord, ha un indice di gradimento altissimo. Per esempio, Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, o Massimiliano Fedriga, presidentissimo del Friuli Venezia Giulia. Così, in una serata d’inverno, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica su Rete4, Matteo Salvini non ha voluto attendere il vertice con gli altri due leader del centrodestra, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Il vicepremier ha annunciato in diretta tv che non sarà della partita alle Europee, non concorrerà come capolista del Carroccio per un seggio al Parlamento europeo. Sgomento fra i parlamentari della Lega, anche perché tanti credevano e pensavano che il Capitano volesse prendere parte al match.
La decisione spiazza e mette in difficoltà prima di tutto la presidente del Consiglio, che proprio qualche giorno fa, in conferenza stampa, aveva spiegato che il ragionamento sulla propria candidatura era ancora aperto. E che in qualche modo la stuzzicava, perché sarebbe stato un test per la maggioranza e per l’opposizione. Quasi a voler prefigurare una sorta di secondo turno delle primarie del centrodestra. Tutto questo non si tradurrà in un passo indietro di Meloni. Anzi. Dall’inner circle della premier veicolano messaggi di questo tenore: «Giorgia è tentata dal volere esserci».
L’inquilina di Palazzo Chigi ritiene che prendere parte alla corsa per le Europee potrebbe regalare almeno cinque punti in più a Fratelli d’Italia, così da massimizzare i consensi e avere maggiore peso in sede di trattativa per la formazione della Commissione europea. Oltretutto, Meloni detiene lo scettro della famiglia europea dei conservatori. Ne consegue che la sua candidatura sarebbe funzionale anche per accrescere il peso di chi sta alla destra del partito popolare europeo.
LA MOSSA VANNACCI
La mossa di Salvini sembra dunque aver dato più di un fastidio alla cabina di regia del Governo Meloni. Non sarebbero piaciuti i toni: «Non so cosa faranno gli altri leader. Io non mi candido. Resto a fare il ministro dei Trasporti». Semmai Salvini pensa a candidare Roberto Vannacci, che con il suo libro ha fatto il record di vendite e potrebbe dare filo da torcere alla Meloni. «A me piacerebbe che fosse in lista, lui è un’altra delle vittime della sinistra radical chic». Risposta di Vannacci: «Ringrazio il ministro per l’offerta della candidatura. Valuterò a mente fredda e deciderò in futuro, perché per ora faccio e continuerò a fare il soldato con determinazione e passione, come è stato fino ad adesso. Sono grato perché vuol dire che, se non altro, riconosce in me delle capacità e delle caratteristiche. Non ipoteco il mio futuro, ma voglio essere l’unico padrone del mio destino: deciderò cosa fare, sia prendendo in considerazione la proposta del ministro Salvini, sia le tante alternative che ho nella mia vita».
Non scendendo in campo, il capitano leghista vuole mandare il seguente messaggio all’esterno: «Essendo un uomo di governo non posso abbandonare l’azione del ministero che guido». Smarcarsi da Meloni è utile in chiave elettorale. E da ora in avanti, sussurrano in Transatlantico, «sarà tutto un prendere le distanze l’uno dall’altro». Vanno in questa direzione anche le parole del leader leghista sul caso Ferragni. «Non mi piace l’accanimento su qualcuno che è in difficoltà. Quante volte Fedez ha polemizzato con me? Ma per me il problema dell’Italia non è Chiara Ferragni, ci sarà un processo. Fedez e Ferragni sono un universo lontanissimo da me, però la cattiveria e il livore di questi giorni mi lascia sconcertato». Parole di Salvini che sembrano fare il controcanto a chi, come Meloni, ha attaccato la Ferragni.
I CASI FERRAGNI E SOLINAS PER SALVINI E MELONI
«Non stiamo con gli influencer che fingono di fare beneficenza – ha detto la premier – Mi ha colpito la reazione scomposta della sinistra quando ho espresso un concetto ad Atreju credendo che fosse condiviso anche da loro. Ovvero che ha più valore chi produce un pandoro che chi lo griffa. E che quindi ha più valore chi produce quell’eccellenza italiana che chi la mette in mostra». Un concetto a suo avviso «banale», ma – commenta ironicamente – «a sinistra se la sono presa come se avessi attaccato Che Guevara». Così come va nella stessa direzione l’idea di Salvini di ricandidare Christian Solinas alle regionali in Sardegna. Scenario che fa storcere il naso a Meloni e a Fratelli d’Italia che gradirebbero un rinnovamento dei candidati a partire proprio dalla Sardegna. «Per noi – dice Salvini – è sempre utile confermare un sindaco o governatore uscente. Dividere il centro-destra sugli uscenti che hanno lavorato bene è un errore, ma non faccio battaglie personali o di bandiera. L’unità del centro-destra, scelta dagli italiani, è fondamentale nei Comuni, nelle Regioni e in Europa. Quando in Europa qualcuno di centrodestra dice che sarebbero meglio i socialisti di Le Pen, sbaglia».
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