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Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi

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IL GIORNO dopo Silvio Berlusconi è una scheggia impazzita. Si materializza a Palazzo Madama per incoronare Licia Ronzulli presidente dei senatori. Fa poi un salto a Montecitorio per dare il via libera ad Alessandro Cattaneo capogruppo degli azzurri. E, soprattutto, non si arrende sulla casella del ministero della Giustizia. «Via Arenula tocca a noi» dirà ai senatori e ai deputati azzurri. Ed è su queste note che insiste su Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’ex presidente del Senato che è stata anche membro del Consiglio superiore della magistratura.  

La cronaca della giornata berlusconiana riporta anche un retroscena che è diventato il giallo di giornata. A un certo punto della mattinata le agenzie riportano che il Cavaliere avrebbe detto   ai deputati di aver riallacciato i rapporti con Vladimir Putin con tanto di aneddoto: «Putin per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Io gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e con una lettera altrettanto dolce. Io l’ho conosciuto come una persona sensata e di pace». Un’uscita che scatena la reazione di mezzo Parlamento. «Altro che atlantismo ed europeismo» ridacchiano in Transatlantico i democrat. Parole che nel giro di un’ora costringono l’ufficio stampa del Cavaliere a smentire categoricamente: «Il presidente Berlusconi ha raccontato una vecchia storia relativa a un episodio risalente a molti anni fa». 

Sia come sia,   all’indomani della tregua siglata con Giorgia Meloni, il leader di Forza Italia si riprende la scena come ai vecchi tempi. Saluta i giornalisti, ammicca alle telecamere, fa uno show che non si vedeva da tempo. «A parità di elettori con la Lega il modo con cui sono stati distribuiti i collegi uninominali c’ha portato ad avere 20 deputati  e 10 senatori in meno del Carroccio. Noi per questa ragione abbiamo voluto dare un segnale sull’elezione del presidente del Senato. Vogliamo solo pari  trattamento». Tutto questo succede quando Berlusconi esce dai gruppi di Montecitorio. Il Cavaliere è circondato da telecamere e giornalisti, ha voglia di parlare e lo si comprende dal sorriso e dal fatto che non vorrebbe andare via. «La signora Meloni mi ha chiesto di farle di consigliere». Non solo. Un attimo dopo «Silvio»   conferma che Forza Italia avrà il ministero di via Arenula e che questo sarà guidato dall’ex presidente del Senato.

E Carlo Nordio, già incoronato da Giorgia Meloni come ministro della Giustizia? All’ex premier non interessa chi sia il prescelto, nella sua testa il ministro della Giustizia deve essere azzurro. Tutto questo per dimostrare che le trattative sono aperte. Non a caso Antonio Tajani, futuro vicepremier e ministro degli Esteri, si lascia scappare che «ci vorranno altri due o tre giorni» prima di trovare la sintesi definitiva. Le truppe di Berlusconi desiderano Casellati alla Giustizia, Gloria Saccani Jotti all’Università, Anna Maria Bernini alla Pubblica amministrazione e Gilberto Pichetto Fratin alla Transizione ecologica. Una delegazione ministeriale che difficilmente potrà essere accettata dalla premier in pectore.

Non a caso, dalle parti di Fratelli d’Italia cala il silenzio quando le parole del Cavaliere diventano l’apertura di tutti i siti di informazione e di tutti i telegiornali. È dunque il giorno dello stallo. La trattativa si inceppa.  Ignazio La Russa, neo presidente del Senato, risponderà così ai microfoni di Porta a Porta: «Mi chiedo se Casellati abbia detto Giustizia o niente, non mi risulta che ci sia da parte sua una intenzione definitiva: le cose si possono sistemare. Poi Nordio s’è candidato per fare il ministro della Giustizia». Fatto sta che si vocifera che anche la Lega non sia soddisfatta dall’accordo. Salvini rumoreggia, vuole garanzie sul ministero dell’Agricoltura e degli Affari regionali. Per quelle caselle il Carroccio schiera Gian Marco Centinaio e Roberto Calderoli.

Raccontano di incontro tra il meloniano Francesco Lollobrigida e Giancarlo Giorgetti, utile a smussare gli angoli con l’obbiettivo di trovare una sintesi. «Tutto rientrerà» assicura una fonte qualificata. Che aggiunge:  «Oggi il problema è Silvio Berlusconi». Una scheggia impazzita. 


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