Giorgia Meloni durante un comizio
4 minuti per la letturaGIORGIA Meloni punta a chiudere la partita -ministri compresi- entro il 20 ottobre. Una data conveniente per il governo, ma non per tutti. Tra 18 giorni, senza correre, la presidente di Fratelli d’Italia potrebbe giurare in tempo utile per consegnare, direttamente nelle mani di Ursula von der Leyen, il dossier energia. Quasi un blitz nella capitale d’Europa per partecipare con gli altri leader internazionali alla emergenza che preoccupa di più, il gas. Se la partita si chiuderà con queste previsioni, potrebbero andare a posto tutte le caselle del puzzle dei ministri. Le manovre vanno avanti, alla fine si pensa che non ci saranno difficoltà insormontabili.
Ma nel toto-ministri, Licia Ronzulli, fa litigare l’intero centrodestra. Silvio Berlusconi vorrebbe piazzare la fedelissima in un ministero di peso. Come la scuola o la salute, comunque di fascia medio-alta. Meloni prende tempo. Oltretutto, si sono piazzati sulla scena gli uomini di Confindustria che hanno ammonito, “Non possiamo permetterci flat tax e prepensionamenti”. Ed hanno avvertito che sull’energia “l’Italia non può farcela da sola”.
In questo quadro è inutile non pensare che Mario Draghi si sia sottratto alle responsabilità di ex premier e, come riferisce l’agenzia Ansa, abbia avuto contatti con Palazzo Chigi per alimentare un filo diretto sui dossier aperti. La Meloni, sempre secondo l’Ansa, considera questo un’opportunità per valutare tutte le strade in vista del quarto probabile decreto Aiuti. Che dovrebbe sostenere famiglie e imprese contro la prossima stangata d’autunno tra un boom di bollette e inflazione. Il presidente Draghi prima di lasciare si starebbe limitando a impostare le linee guida, ma non è escluso che possa tornare in Parlamento. Con una relazione sul Piano nazionale.
Ma tutto questo sarebbe ancora da costruire. Ci sono altre strade da percorrere per reperire altri fondi. Oltre al tesoretto da 20 miliardi torna l’ipotesi di utilizzare un nuovo scostamento di bilancio. Ma come risponderanno i mercati? È l’interrogativo cui nessuno sa rispondere.
BONACCINI: “FUORI DALLE PANCHINE I MIGLIORI”
Stefano Bonaccini entra nel dibattito sul Pd dopo le dimissioni di Enrico Letta. Il problema del Pd non sta né nel nome né nel simbolo ma nella capacità di rappresentare le persone e costruire un progetto coerente e credibile per gli obiettivi per cui è nato, dare diritti a chi ne ha di meno, realizzare una transizione ecologica che tenga insieme le ragioni dell’ambiente con quelle del lavoro. Anche la classe dirigente va rinnovata nella sostanza non per slogan: “abbiamo donne e uomini sui territori, amministratori e amministratrici che hanno dimostrato sul campo di saper vincere. Smettiamola di tenerli in panchina”.
Carlo Calenda critica nel dibattito surreale cosa debba fare la sinistra per rappresentare i più deboli si dimenticano le basi: “la ricostruzione del welfare a partire da istruzione e sanità. Non coprire più le fragilità dello Stato con i bonus, non dare sussidi ma istruzione. Invece tutto si riduce a Conte contro Calenda. Il programma 5Stelle non protegge perché non emancipa. Non è equo perché distribuisce soldi anche a chi non ne ha bisogno. Inseguirlo sui bonus ai diciottenni, non convince neppure i diciottenni. Oggi incontrerò Renzi e parleremo delle regionali definendo una linea per il Lazio e la Lombardia”.
LEGA. LA NUOVA CORRENTE NORDISTA DI BOSSI
Umberto Bossi ha avuto un’altra vita quando è stato rieletto dopo le correzioni dei conteggi, così adesso rilancia il progetto autonomista. Vent’anni fa ha fondato la Lega e adesso, rischiando di essere sconfitto ha deciso di dare vita all’interno della “Lega Salvini premier”, quindi non un partito diverso ma una formazione “nordista” interna. È la prima vera corrente di un partito monolitico (anche perché i dissidenti venivano espulsi). A nulla è valso l’appello di Salvini ai dirigenti leghisti: “Remiamo insieme”, ma nessuno dei big ha chiesto un passo indietro a Salvini, anzi, le richieste sono state per un congresso regionale e un ministero importante a Roma. “Bossi è molto arrabbiato perché la gente perbene sta lasciando la Lega” racconta un leghista che ha parlato con lui in queste ore. In tanti lo chiamano per dire il segretario sta facendo troppi pasticci, per cui si è sentito in dovere di fare qualcosa. La corrente si chiamerà Comitato del Nord.
Allo stato si stanno raccogliendo adesioni solo in Lombardia e Veneto, ma il Nord autonomista è in fermento dopo il sorpasso di Fratelli d’Italia nelle ultime politiche. Il partito fondato da Bossi, ma tecnicamente sostituito dalla Lega Salvini premier dal 2017. Tra i nuovi fondatori Gianni Fava, Emanuela Munerato e Gian Luca Pini. Appuntamento il 15 ottobre ore 10,30 nella sala Cattaneo di Biassono. Il titolo dell’iniziativa è scritto sul manifesto a sfondo verde. Per il Nord riparte la battaglia.
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