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Antonio Albanese e il suo Cetto La Qualunque

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QUANDO anni fa Antonio Albanese ha inventato il fortunatissimo personaggio politico immaginario di Cetto La Qualunque, soggetto a seguire di una serie di film comici di successo, non poteva certo immaginare che tanti protagonisti dell’attuale campagna elettorale potessero rivestire così bene le caratteristiche di quest’ultimo, tanto da diventarne addirittura paradigmatici e sotto angolature diverse. Così il ben noto messaggio del Cetto originario «più p*… per tutti» potrebbe essere molto facilmente rideclinato dagli Italiani in relazione ai loro politici in: «più promesse per tutti» o ancora meglio «più panzane per tutti».

Sicuramente se lo stesso Albanese dovesse ripensare il suo personaggio, sarebbe nell’imbarazzo della scelta fra messaggi elettorali che purtroppo si danno nella effettiva realtà di casa nostra e che pensano agli elettori come utili idioti semplicemente in grado di rispondere a chi le spara più grosse. E così c’è un Conte che ha deciso ora di indossare la veste della sinistra estrema e che fa della coerenza il suo cavallo di battaglia, dopo aver esordito come Presidente del Consiglio avendo come fido alleato Salvini (suo Vice, nonché Ministro degli Interni), aver poi presieduto il Governo giallo-rosso, ed essere stato autore nello stesso Governo Draghi, di cui pure il suo partito faceva parte, di così tante e innumerevoli giravolte da fare invidia ai più esperti funamboli, prestigiatori e illusionisti che dir si voglia.

Ecco quindi lo slogan inventato da Conte (o suggeritogli da qualche suo guru mediatico) per convincere gli elettori a dare il voto al suo partito: «Il voto utile non esiste, esiste il voto giusto!» Date le premesse di cui sopra, maturate nel corso di questa legislatura dall’illustre leader dei 5 Stelle, vorrebbe forse l’anonimo elettore capire cosa significhi l’aggettivo “giusto” per Conte, dati i suoi recenti trascorsi? Non sia mai! Basta che l’elettore colga la suggestione dello slogan, se ne convinca e voti.

Ma anche volendo immaginare, da parte dei cittadini che idioti non si sentono, una semplice graduatoria dei politici più bravi a promettere panzane e a inventare frottole, davvero il compito sarebbe molto arduo. Facile, per esempio, indicare il solito e collaudato nome, in tema di promesse, di Berlusconi che ai suoi esordi indicava un programma (sottoscritto davanti agli Italiani dagli schermi televisivi) di un milione di posti di lavoro, innalzamento delle pensioni, dei salari ecc. ecc.. e che ancora ora è pronto a ritradurre il suo messaggio originario in euro (1000 euro di pensione minima, integrato anche da 1000 euro per i salari minimi dei giovani!!), insieme con la lotta contro le vituperate tasse. Ahi, le tasse e chi giustamente le evade: grande e decisivo cavallo di battaglia del politico Cetto La Qualunque! Su questo terreno Berlusconi subisce però ora la spietata concorrenza del suo alleato Salvini che, non solo si riempie costantemente la bocca di flat tax annessi e connessi, e di percentuali in tal senso, ma spesso e volentieri strizza l’occhiolino agli evasori tirando in ballo il grido di battaglia di una “pace fiscale” che altro non è che una serie di condoni per chi le tasse non le ha pagate né ha molta intenzione di pagarle.

Salvini poi corre velocemente verso il gradino più alto del podio laddove è davvero bravo a dare i numeri di ciò che occorre fare ora e domani sui vari terreni/campi di battaglia elettorali: dalla celebre quota 41 allo scostamento di bilancio di trenta miliardi da varare subito per far fronte agli aumenti delle bollette di luce e gas. Su chi ricadranno tutte queste belle trovate? Quali soggetti sarebbero in grado di garantirle? Chi mai, nel caso, ne potrebbe sopportare il peso? A quale prezzo sul presente e, soprattutto, sul futuro del nostro Paese? Che bisogno c’è da parte degli elettori di porsi tutti questi problemi; alle promesse di tutti i numerosi Cetto La Qualunque in carne e ossa nostrani non c’è confine.

D’altra parte, per quanto riguarda specificamente Salvini non è senza significato che egli abbia scelto come slogan della sua campagna un bel “Credo”; e di fronte alla /alle fedi di qualsivoglia natura proprio non c’è alcun bisogno di razionale spiegazione da parte del leader che se ne investe. L’atto di fede da parte dell’elettore non può che essere: “Credo in Salvini!”, basta e avanza. Un bel colpo di spugna su tutti coloro che da secoli nel moderno Occidente hanno pensato alla politica nei termini di razionalità e perlomeno di ragionevolezza: ma cosa importa? Basta che il popolo dei votanti abbia fede indiscussa e indiscutibile nei propri leader (uomo o donna che siano) di riferimento, nei vuoti slogan che essi propongono e che sono centrati sul proprio appeal mediatico e assai frequentemente sulla capacità di vender fumo: e gli esempi potrebbero essere moltiplicati in questa squallida campagna elettorale e mediatica a partire da diversi partiti e schieramenti.

Quanto all’Italia che tanti di loro invocano e/o richiamano fin dal proprio simbolo: meglio stendere un pietoso velo di silenzio. Niente di più lontano da parte dei Cetto La Qualunque nostrani (e il populismo a volte si nasconde anche sotto le insospettabili spoglie di chi a parole se ne dichiara nemico) che l’interesse del nostro Paese. E se ce ne fosse ancora bisogno la caduta del Governo Draghi, un Governo che in tempi rapidi era riuscito a dare nuova credibilità e autorevolezza sul piano interno e internazionale e per di più in momenti di gravissima crisi globale, è ancora qui a mostrare lo scempio che è stato attuato da parte dalla classe politica che se ne è resa responsabile: tanto più alla luce dello spettacolo dato ora da parte dei partiti, largamente ripiegati su sé stessi anche quando sono in gioco gli interessi dell’Italia come Paese. E non bastano improvvisate “conversioni” di questo o quel leader (uomo o donna che siano) a rassicurare in proposito, né tanto meno sono rassicuranti certi silenzi, al di là delle recite di rito, anche per quanto riguarda il ruolo dell’Italia in ambito europeo e internazionale.

Ma forse ancora una volta dovremmo tutti ciecamente fidarci a spada tratta di Salvini quando ha recentemente affermato che c’è bisogno di un “cambio di passo della politica”, avendo cura di sottolineare: «È passata l’epoca dei tecnici. Noi chiediamo la fiducia degli Italiani per la buona Politica, con la “p” maiuscola.» Si tratta forse di parole di un comico travestito da Salvini? No, no, si tratta proprio del Salvini originale che non è riuscito nemmeno a capire (o invece finge di non capire) che per la grande maggioranza degli Italiani l’esempio della grande Politica, quella che nulla ha a che fare con i tanti Cetto La Qualunque in giro, c’era e c’è, eccome: si chiama Mario Draghi.

Allora nel disperante scenario che si offre ai cittadini che vorrebbero invece avere a che fare con programmi elettorali e leader di partiti degni di questo nome, non resta che la magra consolazione di andare a votare scegliendo fra quelli che meno le sparano grosse e cercando perlomeno di scansare coloro che li ritengono semplici idioti, nemmeno in grado di ricordare le loro recentissime “gesta”, né tanto meno di accorgersi del vuoto di certi proclami e farneticanti promesse. E se proprio non ce la si fa più, già a meno di due settimane dal voto, a reggere lo “spettacolo” di certi politici e politicanti, allora dobbiamo tutti pensare, noi cittadini davvero interessati al Paese che amiamo, al grandissimo spettacolo offerto domenica 11 aprile, dalla squadra nazionale di pallavolo che ha vinto in Polonia il campionato del mondo e allo slogan che essa aveva scelto per sé stessa per infondersi, tutti insieme i giocatori, coraggio nell’affrontare ogni difficile sfida: «Noi, l’Italia!» E a tale slogan i commentatori e gli spettatori hanno poi risposto definendo la squadra e il suo gioco: «La bella Italia.» Con la consapevolezza condivisa di voler fare a tutti costi squadra, nel segno dell’orgoglio del proprio Paese, l’Italia è ora campione del mondo di pallavolo, rifiutando tutti (anche i giocatori che hanno avuto premi individuali nel loro ruolo e in primis il capitano) di essere definiti, nelle varie interviste, leader della squadra, dato che si tratta di una vittoria raggiunta tutti insieme dai giocatori, come gruppo.

Chi sa se qualche leader di partito fosse ieri sera davanti al televisore e abbia potuto godere di questa vittoria, alla stregua dei “normali” cittadini italiani e chi sa se, sentendo tali dichiarazioni si sia almeno un po’ vergognato di mettere sempre al primo posto il proprio ego, magari mascherandolo nel segno dell’Italia, ma tutt’altra cosa rispetto all’amore per l’Italia vera.


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