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Monica Cirinnà

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PER tre volte la direzione del Pd è stata rinviata. Per altre tre, la liturgia è stata cancellata  e poi ripresa. Sembrava che non si svolgesse più. Quando pareva che la notte dei lunghi coltelli inghiottisse per sempre le procedure, il miracolo si è disvelato. È accaduto di tutto, perfino che dopo il via libera alle liste, una candidata, Monica Cirinnà, ci ripensasse: “Accetto un collegio difficile”.

Forse la colpa di tutto il caos, il marasma è derivato dalle riforme  che i grillini hanno imposto a gran forza, ma che ha ridotto i seggi disponibili. Esplode l’ira dei bocciati. I renziani sono sulla graticola, è la vendetta di Enrico Letta dopo aver reagito a quell’”Enrico stai sereno” si è preso la propria rivincita. Certo, rischia di diventare una vittoria di Pirro se dopo le elezioni di settembre, i buoni propositi del Pd naufragassero.

Letta lo ha detto a chiare lettere che è stato impossibile ricandidare tutti per esigenze di rinnovamento. Renzi è pronto all’agguato, ha il coltello tra i denti, ed accusa Letta di essere guidato dal rancore personale. I conti li faremo dopo il 25 settembre. Ma su questo dettaglio, che tale non è, ci rivedremo. Rivedremo se i frutti ci saranno. Poi un arrivederci al veleno: “Auguro ogni bene a candidati ed esclusi ed evito con cura ogni dibattito. Mi hanno insegnato che la politica si fa con i sentimenti, non con i risentimenti. Noi non abbiamo candidati che hanno votato contro la fiducia a Draghi”. Renzi è un fiume di parole. “Noi abbiamo chiara un’idea di innovazione del Paese che passa dal dire sì alle infrastrutture necessarie, non un no a tutto. Non vogliamo alzare le tasse. Su questi temi siamo molto lontani dal nuovo Pd”.

Le liste Pd si sono formate sulla tensione tra le correnti. Alla fine, in tarda serata, ha dato il via libera con tre voti contrari e 5 astenuti. Enrico Letta sarà capolista alla Camera in Lombardia e Veneto. Carlo Cottarelli prende il posto che fu di Giovanni Spadolini a Milano al Senato. I dem  candidano capolista in Europa, il microbiologo Andrea Crisanti. Resta fuori Luca Lotti, già sottosegretario: “È stato un onore per me essere un deputato del Pd, il partito che ho contribuito a fondare. Ai tanti che mi scrivono dico solo questo: io sono sono stato escluso, altri che sputavano veleno sul Pd. Lotti ha raccontato che quando gli è stata comunicata la nuova destinazione, c’erano molti tra coloro che sputavano veleno, provenienti dalle file del Pd. “Letta mi ha riferito che erano nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere compreso bene”.

Monica Cirinnà, paladina dei diritti Lgbt, ha rivelato che non le volevano dire la destinazione “in un collegio dato per perdente, e senza paracadute”. Qualcuno si pose la domanda. “Come glielo diciamo?”. Ha cambiato idea, ha riferito, perché “l’uninominale di Roma 4 contiene dei territori per cui io non sono adatta. “Letta chiacchiera di occhi di tigre, io li tiro fuori, ma li faccio solo per loro. Combattere come ultimo dei gladiatori è l’unico modo per non sottrarmi alla battaglia”.

Ieri hanno avuto luogo le parlamentarie del movimento 5 stelle, attraverso le quali i 5stelle faranno correre i loro competitors. Nella sua lista Conte ha blindato Appendino, ex sindaca di Torino, Patuanelli e l’ex procuratore anti mafia, Cafiero de Raho. Invece Franceschini sarà capolista a Napoli al Senato. Tra le candidature in lizza ci saranno 4 giovani under 35, indicati come capilista, alla prima esperienza in politica, Pierferdinando Casini già eletto nel 2018 sarà candidato del Pd, andrà al seggio uninominale di Bologna per il Senato. La sua candidatura aveva provocato polemiche in tutto il partito. La scelta non era piaciuta alla base del Pd bolognese.

L’ex ministro Graziano Del Rio e la prodiana Sandra Zampa guidano le liste al Senato in Emilia Romagna, O.Napoli/ Presidenzialismo, quale utilità Aumenta la confusione intorno al significato e all’utilità di una riforma in chiave presidenzialista. Ad alimentarla è la stessa proponente, Giorgia Meloni, quando afferma che quella riforma è resa necessaria dalla “spregiudicatezza” del Pd colpevole di non rispettare il responso delle urne.


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