Vincenzo De Luca, rieletto governatore della Campania
4 minuti per la letturaSAN Matteo, patrono di Salerno, ha fatto di nuovo la grazia. Il suo storico sindaco, Vincenzo De Luca, è stato eletto governatore della Campania nel giorno della ricorrenza religiosa. Come di consueto, il quattro volte primo cittadino salernitano ieri mattina era in Cattedrale per partecipare al solenne pontificale dell’arcivescovo Andrea Bellandi. Il bis “benedetto” è arrivato, senza grossi sforzi. De Luca non voleva vincere, ma voleva stravincere per dimostrare tutta la sua forza politica. E così è stato. Da gennaio ad oggi, è riuscito a recuperare tutti i punti percentuali persi negli ultimi anni. Era in evidente difficoltà, tanto che la sua ricandidatura era stata messa anche in discussione, soprattutto quando si ipotizzò un asse Pd-M5S per la scelta di un candidato alla presidenza. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria e, da politico navigato, ha messo in campo una azione politica di sberleffi, di frasi ad effetto, di battute, di autocelebrazioni. Ha conquistato la scena con una presunta linea dura a colpi di “lanciafiamme” che apparentemente avrebbe contrastato contagi e morti da e per Coronavirus. Chapeau alla sua comunicazione ad effetto, popolare e populista allo stesso tempo.
I dati, però, ci consegnano una realtà diversa: la Campania è tra le regioni italiane più a rischio Covid-19. Basta volgere uno sguardo al bollettino della Protezione civile di ieri per comprendere che il lanciafiamme era in effetti un’arma giocattolo: la Campania è l’unica regione che supera i 200 nuovi casi (+243), seguita dal Lazio (+198). L’elettorato l’ha premiato di nuovo. Anzi. Questa volta lo ha voluto incoronare a tutti gli effetti viceré della Campania. Nel 2010 prevalse il candidato del centrodestra Stefano Caldoro con il 54,2 per cento contro il 43,0 di De Luca; nel 2015 prevalse invece il candidato del centrosinistra con il 41,1 contro 38,4. Adesso la “bella” è andata a don Vicienzo. Per gli exit poll non ci sono margini di dubbio. Un esercito di quindici liste (sulle 26 totali che partecipano alle elezioni) e il sostegno di alcuni fuoriusciti del centrodestra che sono scesi in campo direttamente o dietro le quinte per De Luca. Un’ammucchiata più che una coalizione che non è andata giù neanche al Pd, il partito del governatore. Ma alla fine il silenzio e la linea del “basta vincere” ha prevalso su ogni logica, alla faccia di etica e coerenza.
Il nomadismo del potere ha avuto un ruolo di primo piano in questa tornata elettorale campana. Lo “sceriffo” salernitano, infatti, avrebbe ottenuto tra il 64 e il 68 per cento e avrebbe ottenuto una vittoria con una percentuale superiore alla somma dei voti di Caldoro sostenuto da sei liste (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Udc. Adc e Identità Meridionale-Macroregione Sud) e della candidata Cinquestelle Valeria Ciarambino. Per il Partito democratico De Luca oggi rappresenta uno dei pochi respiri per dimostrare di essere ancora in salute. Uno scenario che rafforza la linea deluchiana, il politico del centrosinistra che è amato tanto (e di più) da una parte di elettorato di centrodestra.
Di fronte a una sonora debacle generale dei Democratici, la Campania potrebbe essere la forza trainante del Sud targata centrosinistra, supportata dall’altro ribelle del centrosinistra, Michele Emiliano, che è vicino alla riconferma a governatore della Puglia. Se così fosse, il rieletto presidente campano potrebbe essere determinante per l’indicazione del nuovo segretario del Partito democratico, che secondo le proiezioni sarebbe comunque il primo partito in Campania con il 17 per cento, seguito dalla lista “De Luca presidente” con il 13. Non è da escludere che potrebbe essere lo stesso De Luca a prendere in mano le redini del partito e a dettare legge dal Sud, dalla sua capitale, e a contrastare il potere nordista di Luca Zaia, eletto in maniera plebiscitaria governatore del Veneto e aspirante segretario della Lega che ha, tra gli obiettivi, quello di spodestare Matteo Salvini. La novità in Campania arriva proprio dal Carroccio. Stando agli exit poll, con il 7,9 potrebbe essere il primo partito del centrodestra. Una cosa appare scontata: la stravittoria di De Luca non rafforza per sè il governo giallo-rosè. Caldoro, dal canto suo, non poteva fare di meglio. Secondo le proiezioni si attesterebbe tra il 18 e il 20 per cento. L’ex ministro del governo Berlusconi è stato lasciato solo e in balìa delle onde deluchiane che lo hanno travolto da ogni lato e ad ogni ora del giorno. E’ stato tradito da alcuni dei suoi, a partire da Flora Beneduce, l’ex consigliere regionale forzista che adesso si era candidata nella lista “Campania libera” a sostegno del presidente uscente, e da Carmine Mocerino, passato in un battibaleno dalla lista Caldoro Presidente” a “De Luca Presidente”.
Poi ci ha pensato il leader del Carroccio, Matteo Salvini, a rendere Caldoro “orfano” di uno dei suoi grossi portatori di voti, come il capogruppo di Forza Italia, Armando Cesaro, il figlio del pluridiscusso parlamentare azzurro Gigino ‘a purpetta. Per i Cinquestelle è sempre più notte fonda in Campania, la terra del ministro Luigi Di Maio. La candidata pentastellata è accreditata dagli exit di una forbice fra il 10 e il 12 per cento. Comunque un risultato lontano dal 17,5 raccolto dalla stessa Ciarambino cinque anni fa. Tra gli altri, risultato dignitoso per Potere al Popolo che candida a presidente Giuliano Granato accreditato di una forbice di voti tra 1% e 3%. Sotto il muro del punto percentuale la lista ambientalista Terra con il candidato Luca Saltalamacchia, il Terzo Polo con Sergio Angrisano e il Partito delle buone maniere con Giuseppe Cirillo.
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