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La Legge di Bilancio spinge i giovani a lasciare il Sud, offrendo 5mila euro a chi si trasferisce per lavoro a 100 km dalla propria residenza


È nel segno della sottrazione il “capitolo” Mezzogiorno della nuova legge di Bilancio – 144 articoli e una dote di 30 miliardi – firmata ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e approdata alla Camera. Un capitolo che in realtà non c’è, ma una volta raccolti i pochi interventi che guardano al Sud, o lo coinvolgono, emerge un “tratto” comune che è il taglio di risorse, sia in termini di fondi che di capitale umano.

E il secondo appare ancora più allarmante: cos’altro è se non un’ulteriore spinta ad emigrare, facendo rotta soprattutto verso Nord, quella “attenzione” riservata ai nuovi assunti nel 2025 (con un reddito inferiore a 35mila euro) che trasferiranno la propria residenza “oltre il raggio di 100 chilometri” da quella di origine? Stiamo parlando dei fringe benefit esentasse che restano di 1000 euro per la generalità dei lavoratori dipendenti, e di 2000 per quelli che hanno figli, ma salgono fino a 5000 per chi è disposto a fare le valige e partire: entro questo limite, per i primi due anni dalla data di assunzione, le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento di affitti e bollette.

LEGGE DI BILANCIO, VENT’ANNI DI FUGA DAL SUD

Una risposta a quell’Sos lanciato dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, di fronte al mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, su cui incide anche l’esplosione dei costi delle abitazioni. E questo intervento può considerarsi un primo mattone del Piano casa, sollecitato al governo dal leader degli industriali, cui è dedicato l’articolo 71 della manovra.

Negli ultimi vent’anni il Meridione ha perso già 1,1 milioni di residenti, secondo l’ultimo report di Svimez, e negli ultimi anni è costantemente aumentato il numero dei giovani in fuga verso il Nord e, secondo i numeri diffusi proprio ieri dal direttore dell’associazione Luca Bianchi. “uno su due è laureato”, Insomma, come ha già evidenziato sul nostro quotidiano Pietro Massimo Busetta, anziché mettere benzina nel motore del Sud che ha ripreso a girare – come ha riconosciuto anche Bankitalia – si incentiva l’emigrazione del suo capitale umano.
Sotto le forbici è passato anche il credito d’imposta per la Zes Unica (Zona economica speciale), per cui la dote passa dagli 1,8 miliardi previsti per quest’anno – rivelatasi insufficiente di fronte al numero delle domande pervenute, rinforzato poi con altri 1,6 miliardi con il dl Omnibus – agli 1,6 miliardi per il 2025.

LA LEGGE DI BILANCIO CONFERMA L’ADDIO A DECONTRIBUZIONE SUD


La manovra poi conferma l’addio dal 2025 a Decontribuzione Sud dopo lo stop imposto dalla Commissione europea, ma già l’ultima proroga prevedeva l’agevolazione contributiva solo per gli assunti fino al 30 giugno di quest’anno. Per incentivare “il rilancio occupazionale ed economico”, come recita il titolo dell’articolo 72, le relative risorse saranno in parte utilizzate per incrementare i limiti di spesa per il “Bonus giovani”, per il “Bonus donne” e per il “Bonus Zes” introdotti dal dl Coesione.
E’ comunque prevista l’istituzione di un Fondo di previsione al Mef con uno stanziamento di 9,1 miliardi dal 2025 al 2029 per il finanziamento di interventi “volti a mitigare il divario nell’occupazione e nello sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese”, anche prevedendo agevolazioni per l’acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive localizzate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise”. E, sempre per il Mezzogiorno, si confermano gli incentivi finalizzati all’occupazione dei giovani e delle lavoratrici, che saranno riconosciuti anche ai rapporti di lavoro attivati nel biennio 2026-2027.

LEGGE DI BILANCIO: NON SOLO SUD, ECCO UNA SFORBICIATA QUI E LÀ

Di fatto, tra una sforbiciata qui e una là ai fondi finora destinatigli, il Mezzogiorno ha dato il suo contributo alla copertura della manovra, come emerge dalla lettura della Relazione illustrativa. Ha fatto i conti Ubaldo Pagano, capogruppo del Pd in Commissione Bilancio alla Camera: «Secondo una prima ricostruzione con la decadenza di Decontribuzione Sud e del credito di imposta per i beni strumentali per le imprese meridionali, si abbassa sensibilmente la quota di risorse che lo Stato prevede di destinare alle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno. La mancata proroga di quelle due misure – evidenzia – ha liberato risorse per 7,3 miliardi di euro per il 2025 (5,9 relativi alla decontribuzione e 1,4 per il credito) ma le misure che vengono introdotte in sostituzione non compensano quella cifra. Tra il nuovo fondo per il divario occupazionale, la coesione e l’incentivo all’acquisto di beni strumentali, i bonus per stimolare l’assunzione con il dl Coesione (60/2024) e lo stanziamento previsto per la Zes Unica, si spenderà circa 4,3 miliardi nel 2025: praticamente 3 miliardi in meno. Il conto addirittura si aggrava nel 2026, dove a mancare sarebbero più di 4 miliardi di euro».

LE MISURE A SOSTEGNO DEL REDDITO


Uscendo dai confini meridionali, la manovra per il 2025 è destinata in gran parte a confermare ed estendere la portata delle misure a sostegno del reddito. Si conferma, infatti, e si rende strutturale il taglio del cuneo fiscale che coinvolge quest’anno anche i redditi fino a 40mila euro, estendendolo a 1,3 milioni di lavoratori in più rispetto ai 13,8 che ne hanno già usufruito. In particolare, per i lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 20mila euro, si è riconosciuto un bonus.

Per chi, invece, ha un reddito complessivo tra i 20mila e i 40mila euro c’è un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda rapportata al periodo di lavoro che varia in relazione all’ammontare del reddito complessivo. Strutturale diventa anche l’accorpamento dell’Irpef su tre scaglioni (al 23% fino a 28mila euro; oltre 28mila e fino a 50mila euro al 35%; oltre 50mila euro al 43%). Insieme le due misure pesano più di 17 miliardi, 12,8 la prima, 4,8 la seconda.
Per incentivare la natalità s’introduce quello che è stato ribattezzato bonus bebè, ovvero il riconoscimento di mille euro per ogni figlio nato o adottato dal primo gennaio 2025 per le famiglie con un ISEE non superiore a 40mila euro l’anno (con la previsione di una spesa pari a 330 milioni per il 2025 l’anno 2025 e 360 milioni di euro annui dal 2026). Il congedo parentale fino al sesto anno di vita del bambino salirà all’80% della retribuzione per tre mesi (l’autorizzazione di spesa viene dunque incrementata di 5 milioni annui a decorrere dal 2025).

LEGGE DI BILANCIO, SUD E CAPITOLO SANITÀ


Sulla sanità si interviene con uno stanziamento aggiuntivo per il fondo sanitario nazionale pari a 1,3 miliardi nel 2025 (circa 5 per il 2026, 5,8 nel 2027, 6,6 nel 2028, 7,7 milioni per il 2029 e 8.9 decorrere dal 2030). Ci sono poi più risorse per i medici e gli infermieri dei pronto soccorso. Tali stanziamenti sono ulteriormente incrementati, a partire dal gennaio 2025, di 50 milioni, 15 per la dirigenza medica e 35 per il personale del comparto. Ma per i medici non basta e sono già sul piede di guerra, con il supporto dei partiti di opposizioni – la segretaria del Pd, Elly Schlein in prima linea – e dei sindacati, tanto più considerando lo slittamento al 2026 del piano per le nuove assunzioni: per il 20 novembre Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up hanno proclamato uno sciopero nazionale di 24 ore.
Sul fronte delle pensioni, l’aumento delle minime c’è ma è di appena 3 euro: passa dai 614,77 euro attuali a 617,9 nel 2025, bollato da più parti come “una vergognosa elemosina”. Ma in questo modo, è la giustificazione – si scongiura il taglio previsto. Vengono poi prorogate per il 2025 le misure di flessibilità in uscita Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Mentre le lavoratrici con 4 o più figli potranno accedere alla pensione di vecchiaia con un anticipo di 16 mesi. Il governo punta poi trattenere i lavoratori rafforzando il bonus Maroni: chi ha i requisiti per andare in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) potrà avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore, ovvero il 9,19% della retribuzione.

STRETTA SUI COMPENSI DEI MANAGER PUBBLICI


Alla voce tagli e contributi alle coperture delle misure si ascrive la stretta sui compensi dei manager degli enti pubblici e privati che ricevono contributi dello Stato che dovrebbe essere abbassato da 240mila a 160mila euro lordi annui. La stretta sulle detrazioni per i redditi superiori al 75mila euro e con un meccanismo di quoziente familiare a salvaguardia dei nuclei più numerosi anche se facoltosi. E’ confermato la detrazione del 50% sulle ristrutturazioni, ma solo per la prima casa, per le altre scende al 36%. Sale al 42% l’aliquota sulle criptovalute.
Quanto al discusso contributo delle banche, si prevede il differimento della deduzione delle quote delle svalutazioni e perdite su crediti e il conseguente avviamento alle Dta (imposte anticipate). Il provvedimento concorre alle entrate per circa 3,4 miliardi nel biennio 2025-2026. Mentre le entrate derivanti dalla modifica della disciplina del versamento dell’imposta di bollo per i contratti di assicurazione sulla vita valgono 0,97 miliardi nel 2025, 0,4 nel 2026 e 0,38 nel 2027. Giro di vite anche per la Rai: nel 2025 non potrà aumentare le spese per il personale e per gli incarichi di consulenza, che non potranno superare il livello del 2023. E nel 2026 dovrà ridurre la spesa per personale e consulenza di almeno il 2% rispetto alla media delle spese sostenute nel triennio 2021-2023.


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