Il ministro Calderoli
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Si scrive autonomia, si legge secessione: i Lep saranno definiti bypassando il Parlamento con un algoritmo che stabilisce i fondi da erogare; così il Sud rischia di partire due volte svantaggiato e si temono le gabbie salariali
Si scrive autonomia ma si legge secessione. Alla vigilia del raduno di Pontida, e mano a mano che il piano leghista prende forma, si colgono le reali intenzioni del Carroccio: insieme alle funzioni che verrebbero devolute dallo Stato alle Regioni potrà essere trasferito anche il personale. Risorse umane, finanziarie e strumentali.
E ancora: con l’autonomia i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) verranno definiti bypassando il Parlamento con un algoritmo che stabilisce i fondi da erogare in base a demografia, costo della vita, territorio e clima. Con il Sud che rischia di partire due volte svantaggiato.
È l’autonomia delle camicie verdi nella peggior versione. I fabbisogni saranno differenziati geograficamente, un ricalcolo che – accusano opposizioni e sindacati – riguarderà la compartecipazione al gettito, ma soprattutto potrebbe aprire le porte alle “gabbie salariali”. Stipendi più alti al Nord, più bassi al Sud. Il sogno padano che si realizza. La certificazione delle disuguaglianze.
Il Carroccio ha disseminato nei punti chiave le sue pedine. E anziché frenare, come avevano chiesto gli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia, accelera. «Dopo l’entrata in vigore della legge sull’Autonomia differenziata, quattro Regioni hanno presentato richiesta di avvio dei negoziati ed è stato avviato il procedimento previsto dalla legge con riguardo alle materia e ambiti non Lep», l’annuncio trionfale del ministro agli Affari regionali e alle Autonomie, Roberto Calderoli.
I TEMI CALDI
A nulla è servita la moral suasion della premier Meloni e gli altolà di Tajani. La Lega va all’attacco, tira la corda con il rischio che si spezzi. Nei posti strategici ha posizionato i suoi uomini: Lady Lep, al secolo Elena D’Orlando, presidente della Ctfs la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, colei che con l’autonomia dovrà definire i Lep, già consulente della Regione Veneto e stretta governatrice del governatore del Veneto, Luca Zaia. Il professor Andrea Giovanardi, anche lui ex consulente della Regione Veneto, membro della delegazione trattante; il professor Giovanni Guzzetta, consigliere del gabinetto politico di Palazzo Chigi. E se tre indizi fanno una prova…
Ha fatto molto discutere il documento presentato dal Ctfs al Clep (presidente Sabino Cassese, coordinatore Marco Stradiotto). La discussione che si è aperta tra gli esperti riguarda in particolare la slide che conteneva, tra i criteri di definizione dei fabbisogni, la voce “costo della vita”. Che, se applicata, farebbe emergere ulteriori differenze nella distribuzione delle risorse, penalizzando il Sud.
Diverso è il concetto di “fattore produttivo”, valore determinato da più elementi e non solo dal costo della vita. Si è fatto l’esempio del carburante che ha un costo più alto al Sud per via dei diversi processi di distribuzione e raffinazione. O del ciclo dei rifiuti per i noti problemi legati allo smaltimento e alla mancanza di inceneritori. Ma anche all’eventuale spesa per il corpo insegnante, dato che i più anziani sono al Sud e hanno un monte stipendi maggiore (nel malaugurato caso che l’istruzione debba un giorno essere trasferita alle Regioni).
Altra questione sollevata è stata quella del tempo pieno per le scuole primarie, non considerato un livello essenziale. Non è escluso che su questo punto si possa intervenire con dei correttivi.
LA RETICENZA DI CALDEROLI
Ma tant’è: la risposta vera l’ha data ieri (25 settembre 2024) il ministro Roberto Calderoli, udito ieri a Palazzo San Macuto dalla Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale. O meglio: il ministro non l’ha data, si è riservato di rispondere per iscritto glissando dinanzi alle domande dei membri dell’opposizione.
Quando, anziché rispondere, ha sfoggiato un sorriso ironico, la senatrice Vincenza Aloisi (M5S) si è infuriata: «Reputo gravissimo l’atteggiamento del ministro che ha deciso di trincerarsi dietro al silenzio non rispondendo a nessuno dei quesiti posti da noi parlamentari, un atteggiamento imbarazzante: dinanzi ai miei quesiti rideva nervosamente».
Calderoli ieri ha incontrato Zaia e ha fissato la data del primo incontro al prossimo 3 ottobre per decidere il percorso e dare il via alla “trattativa” tra governo e Regioni. La chiamano così, ma nella sostanza si tratta di accordi maturati all’interno di una catena di comando a trazione leghista. Il professor Sabino Cassese, presidente del Clep (la Commissione di esperti incaricata di definire i Lep), costituzionalista di chiara fama, rischia di fungere da foglia di fico.
Al ministro, la richiesta di mettere a disposizione i verbali del Clep e le relazioni di tutti i lavori svolti, visto che dalle loro decisioni dipenderanno i miliardi di stanziati erogati nei territori fragili italiani. La senatrice Aloisi ha chiesto dove fossero le risorse per finanziare i Lep – domanda ricorrente rimasta anch’essa senza risposta – «che secondo i giuristi ammonterebbero a circa 100 miliardi di euro, atteso che la legge di Bilancio, nella sua interezza, valeva appena 24 miliardi».
OGGI LA CONSEGNA DELLE FIRME CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Oggi 26 settembre 2024, il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo consegnerà in Cassazione le firme raccolte per l’abrogazione della legge Calderoli. Da Elly Schlein, segretaria Pd, un ultimo appello. Matteo Ricci ribadisce che differenziare i Lep per aree geografiche «significa affossare ulteriormente le zone del Paese che vivono in condizione di maggiore difficoltà e che proprio per questo andrebbero sostenute sulla strada della crescita». Peppe De Cristoforo, capogruppo Avs in Senato è tornato sul rischio che la Lega abbia in mente le gabbie salariali, «un vecchio pallino del Carroccio, una porcheria secondo la quale un dipendente del Mezzogiorno deve essere pagato di meno di uno che fa lo stesso lavoro al Nord: le disuguaglianze oggi sono la cifra del nostro tempo e l’autonomia le aumenterà».
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Scusi, io abito al nord, ma non credo che le gabbie salariali siano la certificazione di un “sogno padano”, perché di fatto portano ad avere un tenore di vita paragonabile tra diverse zone a seconda del costo della vita. Sì, i salari sarebbero più bassi al sud, ma a fronte di costi molto più contenuti. A Milano abbiamo un costo della vita talmente alto che i nuovi poveri sono coloro che guadagnano meno di 50mila euro l’anno. Siamo sicuri che sia una discriminazione verso il sud? O è il contrario?