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Mario Occhiuto

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Nei giorni si moltiplicano i comitati contro l’Autonomia differenziata; il senatore Occhiuto: “La gente mi ferma per strada e mi chiede: perché l’avete votata?


I comitati per il No all’autonomia differenziata di moltiplicano. I partiti dell’opposizione lanciano appelli e molti cittadini si mobilitano in attesa di capire se questa estate bisognerà tirar fuori i banchetti e raccogliere mezzo milione di firme o se le 5 regioni amministrate dal centrosinistra faranno in tempo ad attivare le procedure previste per chiedere il referendum abrogativo.

Insomma, quello che qualche mese fa era solo un fantasma da esorcizzare – l’Italia spaccata in 2 -rischia ora di tramutarsi in qualcosa di tremendamente reale. Un quesito referendario che riporta la macchina del tempo indietro di un secolo e mezzo. Una sorte di plebiscito con tutti i nessi e connessi che la questione dell’autonomia differenziata si trascina da sempre.

Nord contro Sud, dunque. Quello che si voleva evitare è successo. E la spaccatura sarà inevitabile. “Lo temo anch’io, temo che ci saranno ripercussioni: imporre l’approvazione di questa legge voluta dalla Lega è stata una mossa sbagliata”, ammette senza esitazioni né ipocrisie Mario Occhiuto, senatore di Forza Italia e membro della I commissione Affari costituzionali che diede il primo via libera al disegno di legge del ministro Calderoli.

In questi giorni sotto pressione è finito soprattutto suo fratello Roberto, presidente della Regione Calabria. “Le nostre posizioni coincidono, entrambi pensiamo che sia stato un errore. Al Senato noi azzurri ci siamo battuti per modificare la legge. Abbiamo dato battaglia e fatto inserire la clausola dei Lep senza i quali non sarà possibile concedere alcuna autonomia. Non creda che sia stato semplice: sia il ministro Roberto Calderoli che il professor Sabino Cassese (il costituzionalista che ha guidato il Clep, il Comitato di saggi che ha definito le materie dove vanno calcolati i livelli minimi delle prestazioni, ndr) non la volevano. Con il testo finale e grazie alle nostre modifiche il Sud non avrà nulla da temere. Ma questo messaggio è difficile da far passare, la gente mi ferma per strada è mi chiede: perché l’avete votata?”.

Nord contro Sud, dicevamo, ma non solo. L’altro rischio che si corre è che su un tema così trasversale eppure divisivo si consumi sulla pelle del Mezzogiorno l’ennesimo scontro destra/sinistra. Uno scenario da evitare in tutti modi.

A scendere in piazza e a manifestare contro lo Spacca-Italia sono state finora soprattutto le bandiere rosse della Cgil. Dare connotati di sinistra alla battaglia referendaria sarebbe proprio l’errore – secondo molti osservatori – da evitare.
“Torno a dirlo: è stata una mossa sbagliata, esporrà il centrodestra alle critiche. E non sarà facile far passare il messaggio che con le modifiche che abbiamo apportato in Senato questa legge rimarrà inattuabile”, riprende Occhiuto. “Per finanziare i Lep bisogna trovare le risorse, circa 170 miliardi di euro. La condizione che abbiamo posto è questa. Ecco perché non contestiamo i contenuti ma le modalità”, aggiunge.

Il partito democratico ne ha capito il potenziale e si è lanciato nella campagna contro lo Spacca-Italia. Ossigeno puro per la segreteria Schlein data da molti prima del voto Ue alla canna del gas. Persino il presidente della Regione Stefano Bonaccini, neo deputato europeo e presidente dem ha riconsiderato le sue posizioni. A scoppio ritardato ha iniziato una corsa contro il tempo per far approvare dall’Assemblea regionale emiliana la richiesta di referendum. Va votata prima che si dimetta per andare a Bruxelles.

Associazioni indipendenti del Terzo settore, sindacati, Acli, organizzano incontri e convegni online per approfondire la materia e spiegare qual è la posta in gioco per le regioni del Mezzogiorno. Raccolta firme o no, i Comitati del No si formeranno ovunque e nella rete finirà anche il mondo cattolico. I vescovi sono infatti fra quelli che più si sono spesi contro il disegno di legge.

Ed è proprio in questa trasversalità che il centrodestra e il partito della Meloni intravedono i rischi maggiori.
Aver dato alla sinistra, una sinistra in profonda crisi di identità, un argomento che alla lunga può creare consenso e mobilitare l’elettorato pigro del Sud. All’indomani del 19 giugno, giorno dell’approvazione della legge alla Camera, sono stati i primi appelli alla mobilitazione. Capofila Roberto Speranza, l’ex ministro della Salute. E fin qui nulla di strano.

Chi come Art 1 e Avs ha condotto una battaglia contro l’Autonomia alla Calderoli è stato premiato dall’urna nelle scorse elezioni europee. Un effetto balsamico per forze politiche anemiche, che sembravano dissanguate.
Tra i primi a mobilitarsi sul fronte dell’opposizione al Ddl figurano intellettuali, ex parlamentari ora indipendenti e dunque non ascrivibili a nessun partito.
Vincenzo Presutto, ex senatore 5Stelle ed ex vice presidente della Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale di Palazzo Madama ha sentito puzza di bruciato e si è schierato contro sin dall’inizio.

Spiega: “La riforma delle autonomie è un tema di carattere costituzionale, basato su un principio richiamato nell’art.5 della nostra Costituzione: l’Italia è una e indivisibile ma sono attribuiti agli enti locali una serie di poteri volti a migliorare l’efficienza della PA. La Lega di Salvini con la legge approvata pochi giorni fa – continua – ha sferrato un duro colpo alla funzione dello Stato di promuovere lo Sviluppo economico per rimuovere gli squilibri, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, destinando risorse aggiuntive ed effettuando interventi speciali a favore di determinati Comuni, Province e Regioni come recita l’art. 119. Trattenere le risorse fiscali maturate in alcune regioni, come Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, impedendo l’afflusso allo Stato, nega la possibilità di aiutare i territori più svantaggiati in particolar modo nelle regioni del Sud rendendoli più poveri, mantenendo ed accentuando il benessere di una parte dei territori e scapito degli altri”.

Sui governatori del Sud è iniziata la pressione degli enti locali, Comuni piccoli e grandi che si sentono danneggiati da questa legge. “La portata e la gravità di questo atto legislativo condannato anche dal mondo cattolico, necessitano di un’azione popolare, ampiamente partecipata, che vada oltre le contrapposizioni territoriali e politiche. I cittadini – conclude l’ex senatore Presutto – vanno informati perché soltanto persone consapevoli avranno la capacità e la forza di sapersi difendere neutralizzando atti politici egoistici che minano le basi della democrazia del nostro Paese”.


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