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Giorgia Meloni tra Matteo Salvini e Antonio Tajani

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SABATO di guerra, di tensioni nella maggioranza e di cortei pro Palestina: di prima mattina Giorgia Meloni si presenta ad Acqualagna, in provincia di Pesaro e Urbino, per la firma dell’accordo per la Coesione tra la la presidenza del Consiglio e la Regione Marche ed è chiaro che la curiosità dei cronisti sia tutto focalizzata sulle tensioni delle ultime ore sulla manovra di bilancio con i grandi alleati Salvini e Tajani. Meloni desidera però concentrarsi sul patto che la regione guidata da Francesco Acquaroli ha siglato con Palazzo Chigi, un passaggio significativo per l’azione dell’esecutivo.

Il comune di Acqualagna non è solo un’eccellenza per il tartufo ma ha un valore simbolico per la narrazione dell’esecutivo visto che ha dato i natali a Enrico Mattei. «Lo ricordiamo oggi dopo aver celebrato ieri il sessantunesimo anniversario della sua scomparsa, fu uno degli artefici del miracolo italiano del dopoguerra, capace di vedere un’opportunità dove altri vedevano solo crisi, di capire che la politica energetica di un Paese è fondamentale». E sempre in ricordo del grande italiano la premier la mette così: «Mattei sapeva che le grandi nazioni lavorano insieme quando una ha rispetto dell’altra. Il governo ha preso spunto da Mattei per il Piano con cui puntiamo a riposizionare la nazione anche dal punto di vista strategico». Ecco Meloni desidera invertire la rotta sulle politiche di coesione, e proprio sulla questione è stato fatto – ammette – «un lavoro certosino», da cui è nato il decreto sud, fior all’occhiello dell’azione di governo. «Gli accordi di Coesione sono uno strumento nuovo negoziale fra governo e Regioni, con cui si finanziano priorità individuate dalle Regioni e condivise dal governo. Per garantire che ci sia un’unica strategia, senza sovrapposizioni né sprechi di risorse. Vogliamo diventare una nazione esempio, scegliendo di non distribuire poche risorse in mille rivoli ma concentrare le risorse sulle priorità perché siano efficaci». E su queste note l’esecutivo ha messo in campo risorse «per consentire alle Marche di competere».

A questo punto Meloni può rispondere alle domande dei cronisti. Il conflitto tra Hamas e lo Stato Israele è stato oggetto del consiglio europeo che si è concluso venerdì. «Sono in contatto costante con il ministro Crosetto e gli alleati. Noi abbiamo un pattugliatore multi-dimensione che è pronto a raggiungere le acque di fronte a Gaza per portare aiuti umanitari». Sia come sia, Meloni si augura che sulla liberazione degli ostaggi «ci possano essere delle novità, novità che sarebbero molto importanti per arrivare a una de-escalation». Infine, aggiunge che «l’astensione dell’Italia sulla risoluzione Onu sul conflitto in Medio Oriente era la più equilibrata fra le posizioni possibili, e non a caso è stata la posizione della gran parte dei Paesi del Consiglio europeo, dei Paesi europei e di quelli del G7 sulle questioni che attanagliano le esecutivo».

Capitolo legge di bilancio. La premier minimizza le tensioni e assicura che la manovra finanziaria sarà inviata in Parlamento nella giornata di lunedì. E proprio lunedì si terrà un vertice di maggioranza per riannodare i fili della coalizione, visto che gli alleati Lega e Forza Italia minacciano di presentare emendamenti. «Il lavoro sostanzialmente è chiuso, i saldi di bilancio sono invariati rispetto a quanto approvato in Consiglio dei ministri. C’è un normale lavoro di drafting» sottolinea l’inquilina di Palazzo Chigi. A quanto pare, però, Forza Italia non è in linea con la dichiarazione della Meloni, e non a caso Paolo Barelli, capogruppo degli azzurri a Montecitorio, ritiene che tutto si risolverà solo quando il vicepremier Tajani incontrerà la presidente del Consiglio, insieme a Salvini. «Vedremo di proporre miglioramenti al testo su alcuni punti». Di sicuro Forza Italia darà battaglia sulle norme sulla casa, un totem per la narrazione berlusconiana, alludendo che la partita potrebbe continuare in Parlamento.

La Lega di Salvini, dal canto suo, ha ottenuto un mezzo risultato sulle pensioni e sul ritorno di quota 103. Ma fonti qualificate fanno sapere che le truppe di Matteo Salvini potrebbero «qualche scherzetto» alla Meloni in Parlamento, con sullo sfondo lo stesso Tajani. Eppure, per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, «la partita è chiusa». Lunedì, dunque, riunione di maggioranza. Ma la premier non può permettersi marce indietro per l’immagine dell’esecutivo con la Commissione europea e gli investitori.


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