La presidente del Consiglio Giorgia Meloni
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DUE ore di vertice sulla manovra per compattare la maggioranza e per fissare le linee dell’azione di governo: non è stato dunque il vertice della discordia, come ipotizzato prima dell’incontro e non c’è stato, nemmeno, lo scontro verbale tra Meloni, Salvini e Tajani. Tutto rientrato? Non si direbbe. Semmai tutto congelato. Pesano la lunga campagna elettorale, l’appetito dei partiti che desiderano massimizzare in vista delle Europee. E pesa altresì lo strapotere di Giorgia che al momento tiene tutti in pugno.
APPELLO DELLA MELONI ALLA COESIONE
Palazzo Chigi, all’ora dell’aperitivo. Non ci sono calici di Franciacorta ad accompagnare il confronto tra il governo e le forze che compongono la maggioranza. Presenti i capigruppo di maggioranza di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi Moderati. Presente anche Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. Giancarlo Giorgetti, titolare dell’Economia, è invece assente. E già questo significa che sarà un incontro interlocutorio, «un primo incontro – filtra dai corridoi di Palazzo Chigi – senza entrare nel merito». Ordine del giorno: manovra finanziaria e riforme costituzionali. Apre i lavori la premier Meloni che sulla manovra più o meno ripete quanto scandito il giorno precedente con i parlamentari di Fratelli d’Italia: «La situazione è complessa. Bisogna correre, andare avanti all’unisono, non innescare tensioni e non utilizzare le misure della legge di Bilancio per raggranellare voti». E ancora, la presidente del Consiglio pretende massima compattezza e massima attenzione ai provvedimenti che arriveranno nelle commissioni, per evitare incidenti che nei mesi scorsi non sono mancati. «Bisogna pensare all’interesse del Paese e non agli interessi di bottega. Perché si preannuncia un anno complesso che la maggioranza è pronta ad affrontare con determinazione e serietà, a partire dalla legge di Bilancio sulla quale i partiti della maggioranza sono tutti concordi nel concentrare le risorse su salari, sanità, famiglie e pensioni, a partire da quelle dei giovani».
I DESIDERI DI FI E LEGA SULLA MANOVRA
Di sicuro la priorità è la stabilità dei conti, anche in virtù dei rapporti con l’Europa. Sulla manovra di bilancio Meloni ripete quanto ha scandito Giorgetti al Forum Ambrosetti di Cernobbio. Dopodiché scolpisce gli obiettivi dell’azione dell’Esecutivo: «Si continua a lavorare sulle riforme attese da questa Nazione come la delega fiscale, l’autonomia differenziata, la riforma della Giustizia, e la riforma costituzionale che nelle prossime settimane arriverà a definizione». Non si delinea il perimetro entro cui potrà muoversi l’Esecutivo per la legge di Bilancio ma si tiene a sottolineare che la coperta è corta e occorrerà un’attenta analisi su quali misure investire e su quali no. Tutto questo, va da sé, si deve intrecciare con i desiderata dei partiti. Forza Italia, per esempio, insiste sul capitolo pensioni per gli over 75: vuole portarle dagli attuali 600 euro a 700. Non è escluso che ci proveranno anche per le altre pensioni minime. Dopodiché le truppe di Tajani spingono sulla modifiche alle tasse sugli extraprofitti delle banche e rilanciano l’idea delle privatizzazioni di porti, trasporto pubblico locale ed edilizia sanitaria.
La sintesi della posizione di FI viene fornita da Licia Ronzulli in un’intervista al Quotidiano Nazionale: «Dobbiamo pensare a una legge di Bilancio che tenga conto delle difficoltà e delle esigenze di famiglie, lavoratori e imprese, allo stesso tempo evitando di far saltare i conti del Paese». Ronzulli definisce «serio» l’avviso di Meloni e di Giorgetti sulla manovra: «Meglio una scomoda verità, accompagnata da un serio lavoro per trovare soluzioni concrete, che misure suicide». Dopodiché sciorina i desiderata degli azzurri: «Quest’anno puntiamo a rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale. Il nostro obiettivo è che i lavoratori possano contare stabilmente su più soldi in busta paga». Infine, insiste, «la riduzione dell’Irpef rappresenta la madre di tutte le riforme. Per questo la riforma del governo, che prevede una diminuzione del carico fiscale per i redditi medi, va nella migliore direzione possibile». I leghisti puntano sulla conferma di quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) ma anche sull’allargamento dell’Ape social. Il tutto senza perdere di vista 1-2 miliardi per il Ponte sullo stretto. Eppure ieri sembra essere stato il giorno della tregua. «Forse perché era solo un incontro interlocutorio». Non a caso, il vicepremier Salvini, ai microfoni di Rtl 102.5, abbassa i toni e gioca a ricomporre: «Sulla manovra e i rapporti all’interno del governo ho letto ricostruzioni fantasiose. Saremo unanimi, concordi, seri e concreti. Abbiamo davanti 4 anni abbondanti e porteremo avanti gli impegni presi. L’obiettivo comune è mettere i soldi che ci sono, pochi o tanti lo vedremo, per l’aumento di stipendi e pensioni». Salvini sottolinea poi che «la conferma del taglio del cuneo fiscale in totale sintonia con Giorgia e tutta la maggioranza: non ci sarà alcuna sbavatura».
MANOVRA, LA PROPOSTA DI LUPI
Prima di entrare a Palazzo Chigi, Maurizio Lupi, capogruppo di Noi Moderati a Montecitorio, dice: «Arriviamo al vertice di maggioranza di questa sera uniti e coesi, concentrati sulle possibilità di attuare il programma del Centrodestra e di portare il nostro contributo di responsabilità, concretezza e serietà. La nostra proposta è quella di evitare di disperdere i pochi fondi disponibili per concentrare le risorse su famiglie e imprese: vanno aumentati congedo parentale, assegno unico e detrazione per le spese scolastiche, e va reso strutturale il taglio del cuneo fiscale per aumentare gli stipendi ai lavoratori». E mentre la riunione della maggioranza si protrae fino alle 20.45, l’opposizione lamenta che servono 40 miliardi per fare «una manovra seria», sbotta il dem Francesco Boccia.
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