Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
5 minuti per la letturaPIU’ chiaro di così Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, non poteva essere: nell’avviso ai naviganti (colleghi ministri e leader della coalizione in primis) diramato dal palco del Meeting di Rimini traccia il perimetro di una legge di bilancio che si annuncia «complicata», “stretta” tra un quadro economico internazionale in frenata e in fibrillazione – tra inflazione elevata, rialzo dei tassi, rallentamento di colossi industriali come Germania e Cina -, il macigno del debito pubblico (2.843,1 miliardi a giugno) e la clausola del patto di Stabilità che dovrebbe ripartire con l’anno nuovo.
La coperta è più che mai corta, di conseguenza bisognerà fare delle scelte e mettere da parte (anche quest’anno) quelle bandierine che i partiti di maggioranza contavano di poter sventolare in vista delle europee di giugno. Non a caso Giorgetti, intervenendo in video collegamento alla manifestazione di Cl, tocca il tema della crisi demografica e affronta quello della riforma pensionistica legata al bilancio. «Non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene sul medio-lungo periodo coi numeri della natalità che abbiamo oggi in questo Paese». Il ministro usa parole nette, provando a porre un argine alle richieste che, con l’apertura del cantiere della manovra, cominciano ad accatastarsi sul tavolo del Mef intorno al quale i tecnici stanno già facendo i conti in vista della presentazione della Nota di aggiornamento al Def – attesa entro fine settembre -, che ne costituisce la cornice economica e finanziaria.
Cautela e responsabilità sono le parole d’ordine. Dice Giorgetti: «Sarà una legge di bilancio complicata. Tutte le leggi di bilancio sono complicate, lo è stata anche quella dell’anno scorso. Siamo chiamati a decidere delle priorità. Non si potrà fare tutto», dice. E tra le priorità, spiega, ci sono la conferma del taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con un reddito lordo fino a 35mila euro, la tutela del potere d’acquisto delle famiglie di fronte a un’inflazione che, seppur in discesa, a luglio si è attestata al 5,9%. «Si metterà in ordine di priorità gli interventi», avverte. «Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio-bassi, come abbiamo fatto con la decontribuzione, perché l’inflazione riduce enormemente il potere di acquisto ma dovremo anche utilizzare le risorse che sono a disposizione per promuovere la crescita e premiare chi lavora, chi accetta di ingaggiarsi, siano essi imprenditori o lavoratori. Questo è l’indirizzo».
Il ministro guarda poi all’Europa, ai continui moniti a far presto sul Pnrr che arrivano da Bruxelles, risponde che va bene spingere sui tempi a patto che «si faccia bene», che è più importante che «fare in fretta». «La responsabilità del governo in questo senso è massima e l’impegno pure, per quanto riguarda questo benedetto Pnrr, abbiamo queste risorse, che non possono essere sprecate e che devono essere usate nel modo migliore possibile. Non c’è semplicemente il puntuale rispetto, il fare in fretta, ma fare bene. Se fare in fretta significa fare male, è meglio fare bene ma valutare attentamente le situazioni, perché è un’occasione unica».
A settembre poi entreranno nel vivo anche i lavori sulla riforma della governance economica europea. Se una nota del Mef “precisa” le parole del ministro che tracciando il quadro in cui si muove l’azione dell’esecutivo aveva ricordato che il Patto di stabilità e crescita riprenderà forse dal 1 gennaio 2024», aggiungendo un «ma spero di no», e spiega che il titolare dell’Economia non chiede la proroga della sospensione della clausola del Patto di stabilità, ma ha espresso l’auspicio che la riforma sia approvata entro l’anno ed entrare subito in vigore, nessun passo indietro invece sulla posizione negoziale dell’Italia: «Noi non facciamo un problema di debito o mancata riduzione del debito, ma vogliamo che gli investimenti in bilancio siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti», afferma Giorgetti. E sottolinea: «Non possiamo in un momento in cui siamo ancora in una situazione eccezionale tornare a delle regole ignorano la necessità di accompagnare e aiutare famiglie e imprese nella trasformazione che stiamo vivendo. Spero che in Europa quando decideremo a settembre sulle nuove regole se ne tenga conto».
Intanto la caccia alle risorse per finanziare una legge di Bilancio che dovrebbe valere tra 25 e i 30 miliardi è già partita. E la strada appare in salita. Il rinnovo del taglio del cuneo fiscale pesa già 8,5 miliardi; per il capitolo pensioni, la conferma di Quota 103, minime a 600 euro per gli over 75 e rivalutazione dell’assegno, Opzione donna e Ape sociale costano 1-2 miliardi. Sei miliardi servono per il finanziamento delle missioni internazionali e la vacanza contrattuale dei lavoratori. Da Rimini la ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, conferma che è allo studio un pacchetto welfare – tra detassazione di tredicesime, straordinari e premi produttività e fringe benefit – che potrebbe impegnare tra i 2 e i 3 miliardi. Poi ci sono le promesse/impegni del governo, fra cui il taglio delle aliquote Irpef e il ponte sullo Stretto di Messina. E le coperture? Per ora ci sono da parte i 4 miliardi “recuperati” nel Def di aprile dalla differenza tra il deficit tendenziale e programmatico. Si confida poi nella spending review e soprattutto nella tassa sugli extraprofitti delle banche – che nella migliore delle ipotesi dovrebbe portare circa 4 miliardi – su cui la premier Giorgia Meloni tiene il punto, aprendo tuttavia alle richieste di aggiustamenti su cui insiste soprattutto Forza Italia.
Mentre si cerca un compromesso – l’ipotesi circolata è quella di un credito d’imposta agli istituti di credito con cui potrebbero negli anni compensare le imposte dovute – il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, sempre dal palco del Meeting di Rimini, interviene per rassicurare quei settori che temono di finire nel mirino dell’esecutivo: «Non abbiamo intenzione di fare altro, perché non ci sono altri settori in questo momento in cui ci sono così evidenti divaricazioni».
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