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I temi della riforma

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Sull’autonomia differenziata la rivolta degli ordini professionali. Il dietrofront del governo che smonta la riforma; anche la destra pronta a votare contro


Autonomia differenziata: indietro tutta. Non è ancora partita la richiesta delle 4 regioni che vogliono gestire in proprio alcune materie di competenza statale che già parte la rivolta. A far sentire la loro voce questa volta sono i 28 presidenti degli Ordini professionali. L’incontro si è tenuto mercoledì pomeriggio nella Sala Verde di Palazzo Chigi. Uno dei temi al centro della discussione sono state le prospettive legate all’attuazione dell’autonomia differenziata regionale. Prospettive che preoccupano il mondo delle professioni. Il governo ha dato alcune prime rassicurazioni. Ed è iniziato l’inevitabile dietrofront

La gestione degli Ordini è una delle materie che in teoria si potrebbero devolvere subito, dove non è necessaria la definizione preliminare dei Lep. Così almeno ha stabilito Il Clep, la commissione presieduta da Sabino Cassese. Ma è un punto delicato, tocca equilibri delicatissimi.

Il Governo, rappresentato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone, dal ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, dal ministro della salute Orazio Schillaci, dal viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e dal sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Fausta Bergamotto, ha ribadito l’attenzione nei confronti degli Ordini professionali quali elementi qualificati e qualificanti del “Sistema Italia”.

In vista del confronto con le regioni che hanno richiesto o richiederanno l’attribuzione di nuove funzioni, anche in materia di regolazione delle attività professionali, Palazzo Chigi si è affrettata a chiarire che intende “muoversi in linea con la giurisprudenza costituzionale consolidata”. Ergo: “alle regioni non sarà devoluta la competenza in merito all’istituzione di nuovi albi professionali. Mentre resterà ferma per le stesse la possibilità di costituire albi meramente ricognitivi o di comunicazione e di aggiornamento che riguardano professioni già riconosciute dalla legge statale”.

In cosa si tradurrà tutto questo è presto per dirlo. Per ora è tutto abbastanza fumoso, per noi, e forse che quei presidenti di regione – Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia – decisi a gestire in proprio competenze attualmente dello Stato.

A tenere banco è sempre il successo della raccolta di firme. Un successo che trova spiegazione anche nel senso di incertezza che pervade il mondo delle professioni. Sanità, Protezione civile, Giustizia di Pace, Autorità portuali, la gestione degli aeroporti.

Da qui la certezza che a firmare non sia stato finora solo chi ha un cuore che batte a sinistra. C’è una Destra che avrebbe voluto firmare ma non lo ha fatto. E’ quella Destra che considera il voto a favore del legge Calderoli un patto scellerato a farò di tutto per cancellarla. “Se ci sarà il referendum voterò per l’abrogazione e se sarà necessario mi batterò, parteciperò ai comizi, darò il mio contributo come tanti che non sono di sinistra ma sono contrari all’autonomia differenziata”.

Mario Landolfi, deputato dal 1994 al 2013, ex ministro delle Comunicazioni, non ha aspettato il successo della raccolta delle firme per schierarsi. Da ex finiano si considera a tutti gli effetti un esponente della Destra storica. Per intenderci: se parla di federalismo cita Giorgio Almirante, “nel 1970 quando furono istituite, parlò 9 ore di seguito contro le regioni…”. Il successo della raccolta di firme con il quorum necessario per richiedere il referendum raggiunto in meno di 10 giorni non lo ha sorpreso. Firme raccolte ai banchetti dai vari comitati oppure online.

“C’è un politicizzazione, questo è indiscusso – spiega l’ex deputato, 65 anni, originario di Mondragone – ma c’è anche una Destra per ora sommersa che è ferocemente contraria all’autonomia differenziata che al momento giusto verrà fuori. Che cosa avrei dovuto fare? Andare nella sede della Cgil a firmare? No, ho qualche remora, proprio non me la sento. Anche perché, secondo me questa è stata una scelta sbagliata che rischia di allontanare quanti a Destra sono contrari. Ma non da oggi da sempre. A differenza della sinistra che approvò la riforma del Titolo V noi abbiamo sempre avuto una cultura dello Stato: altro che 20 repubblichette senza storie e senza prospettive! Ma vedrà che quelli come me che sono in totale contrarietà con questa legge andranno a votare”.

Landolfi, prima dell’approvazione della legge 86/2024, insieme al forzista Amedeo Laboccetta, ha lanciato un appello inviando una lettera aperta a 100 deputati. “Abbiamo fatto manifestazioni con Massino Villone (ex presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato e membro del Comitato promotore per il referendum – con Gennaro Malgeri, Renato Farina a Roma e Milano. Come destra forse avremmo potuto formare un comitato nostro, ci proveremo in fase referendaria ma non è facile Certo, se avessimo dato una indicazione da destra non sarebbe stato un male. Esiste una fetta cospicua di destra che avversa questa soluzione, che la ritiene estranea penso che avremmo dovuto dare rappresentanza e visibilità a questa posizione. Per noi viene prima la nazione e poi la fazione”.

Giorgia Meloni non avrebbe gradito. “ma aver votato l’autonomia differenziata – riprende Landolfi – : con questa legge la Destra dà un potere alle regioni che le regioni non sapranno gestire; abbiamo abolito le province che rispondono bene a quei criteri di area vasta che l’Europe richiede e diamo più potere a regioni che hanno perfomance desolanti. Ricordo che il massimo di espansione del Mezzogiorno ci fu nell’arco degli anni che vanno dal 1950 al 1971 quando il Pil del Sud recuperò 8 punti in percentuale al Nord. D’allora le regioni sono state una catastrofe. E noi, malgrado questo, vorremmo far gestire le grandi infrastrutture, gli ordini professionali, i rapporti con l’estero affidandoli agli assessori regionali… E poi vorrei aggiungere un’ultima considerazione: dire l’abbiamo votata ma tanto non farà danni queste legge non entrerà mai in funzione non una cosa seria”.

Trasformare il referendum in una sfida trasversale. Una scommessa doppia: “Le 500mila firme sono un traguardo davvero importante, ma non ci fermeremo qui”, promette Elly Schlein. “Siamo riusciti ad unire un largo schieramento che ha visto insieme partiti, forze sociali ed associazioni che si sono mobilitati e organizzati contro una legge che spacca l’Italia – osserva la segretaria dem – Si tratta di un risultato politico importante e non scontato -prosegue la leader del Nazareno -. Il Paese è convinto che quella legge sia sbagliata e pericolosa e la nostra battaglia continuerà con tutte le persone che si sono già mobilitate e che continueranno a farlo nelle nostre feste, nelle strade e nelle piazze. A loro va il nostro più sentito ringraziamento”.


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