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De Gasperi diceva ai suoi tempi che la Dc è un partito di centro che guarda a sinistra. Oggi Fratelli d’Italia deve essere un partito di destra che guarda al centro e il Pd un partito di sinistra che guarda al centro. Se questo accade, il successo di Forza Italia indica la direzione, il Paese preserva il miracolo economico, continua a fare le riforme e pesa di più in Europa. Perché cadono gli estremismi e si discute delle cose con cui si cambia. Si costruiscono le basi per un’alternativa competitiva di governo. Chi occupa la tv con le sue faziosità, riconosca di avere preso lucciole per lanterne e dica la verità sull’economia.

Si sono prese lucciole per lanterne. C’è una tendenza pericolosa a trasformare un refolo in una tempesta tropicale. Ormai è chiaro a tutti che chi aveva visto il vento nuovo si era raccontato una favola e, come avevamo scritto appena ieri, una vittoria in Sardegna per 1500 voti sfruttando l’errore della Destra sulla scelta del candidato era solo un colpo di fortuna. La conferma, peraltro, veniva anche dal voto dei partiti dei due schieramenti.

Così come dovrebbe ormai essere chiaro a tutti, dato che troppi continuano a sottovalutarlo, che è un fatto acquisito stabilmente che la metà degli elettori non partecipa alle consultazioni elettorali. Questo dato di fatto indiscutibile smentisce un’altra delle leggende che sempre a sinistra si sono raccontati tra di loro e, cioè, che una parte dell’elettorato di sinistra non andava a votare perché era scontento delle beghe tra di loro. Purtroppo, la verità è più amara ed è un’altra: una parte dell’elettorato, addirittura la metà, non va più a votare perché si è convinta che chiunque vada al potere per loro non cambia niente.

Da questi due elementi, a nostro avviso, oggettivi discende che la vittoria della Todde di misura in Sardegna e quella molto netta di Marsilio in Abruzzo ci dicono che il successo dei due schieramenti si costruisce cercando il consenso al centro non allargando le ali. Questo è il messaggio in termini di politica generale. Non può essere un caso che sono andati molto male Lega e Cinque Stelle fermandosi la prima al 7,5 che è meno anche dell’8,3% delle politiche (alle precedenti regionali era al 27,5) e i secondi al 7,1 contro il 18,5 alle politiche e il 19,7 alle regionali.

La controprova viene dalla grande affermazione di Forza Italia e personale di Tajani, con un partito riconoscibile come moderato e europeista che passa al 13,4 dall’11,1 alle politiche e dal 9,1 alle regionali. Questo dato sancisce che è ormai acclarato che Forza Italia non scomparirà con la fine di Berlusconi, come pure si era detto, e cade così anche l’altra favola, o se volete più semplicemente luogo comune, legata al racconto della storia semplicistica del cosiddetto partito di plastica. Anche Calenda, che con un partito inesistente fa il 4%, segnala che è il centro il campo da gioco decisivo.

Il problema dei Fratelli d’Italia e del Pd di oggi è proprio questo: conquistare i voti del centro, conquistare il consenso del centro moderato italiano che è molto più diffuso di quanto si immagini, che parla di cose concrete e chiede la soluzione dei problemi, non il rumore delle propagande. De Gasperi diceva ai suoi tempi: la Democrazia Cristiana è un partito di centro che marcia verso sinistra. Oggi, se si vuole misurare con la complessità delle sfide interne e globali dell’attualità, Fratelli d’Italia si deve dimostrare un partito di governo di Destra che marcia verso il centro.

Così come il Pd, che arriva in Abruzzo al 20,2 contro il 16,6 delle politiche e l’11,1 delle regionali grazie al traino della leadership riformista di Legnini, si deve dimostrare dal campo dell’opposizione un partito di sinistra che marcia verso il centro. Come, peraltro, aveva cominciato a fare in stagioni lontane di grande successo lo stesso Berlinguer e, prima di lui, addirittura Napolitano e tutto il vecchio ceto dirigente del PCI. È una una sfida difficile, certo, visto che sia la Lega sia i Cinque Stelle venderanno cara la pelle, ma è una sfida obbligata.

Da questo punto di vista le elezioni europee saranno molto importanti per capire se le forze dell’estremismo si riprendono oppure no. Perché se non si riprendono, comincia un’altra storia. Perché i Cinque Stelle non saranno più in grado di condizionare il Pd che ritorna al riformismo e guarda al Centro come la Lega non potrà più frenare la svolta moderata della Destra meloniana. Se quelli del governo non si “suicidano” come in Sardegna, guadagnano perché banalmente l’esecutivo Meloni si presenterà in tutti i territori come l’unico soggetto reale che può mettere a disposizione risorse reali per quei territori e quelle comunità di elettori.
Gli altri che cosa possono promettere? Che cosa dicono? Ci piacciono i Verdi quando tutti gli europei frenano sulle modalità della scelta green o alzeremo per voi la sacrosanta bandiera dei diritti? Oppure, peggio ancora, ripetere a tamburo la storia delle ideologie che la peggiore classe giornalistica europea, faziosa dai capelli ai piedi, qual è quella italiana, ripete in modo ossessivo con un sicuro effetto boomerang su tutti gli schermi.

Può apparire brutale, di sicuro è triste, ma la realtà è che con questo tipo di ragionamenti non si sfonda. Si parli piuttosto di lavoro, di sanità, di scuola, si cooperi con il governo per cambiare le cose dicendolo ai propri elettori e mostrando quel senso di responsabilità che autorevolmente li candida ad essere alternativa di governo. Si abbia l’onestà intellettuale di dire che l’economia italiana va forte, che andiamo meglio degli altri in Europa, che sul Pnrr stiamo recuperando alla grande, che siamo al record degli occupati stabili e che il rating del nostro Paese va migliorato non per farci un piacere ma perché quello di oggi esprime un giudizio non vero.
La Sinistra deve capirlo una volta per tutte. I voti si prendono costruendo lavoro e opportunità di qualità, non inseguendo slogan o sogni di trasformazione del mondo. Il Pd deve capire che si deve organizzare per un lungo viaggio. Non si riconquista la leadership del Paese, che passa dal centro, attraverso scorciatoie. Perché solo così si potrà discutere finalmente delle cose con cui si cambia in profondità e si costruiscono le basi per un’alternativa competitiva di governo.


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