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Come quando presero Gesú nell’orto degli ulivi del Getsemani, anche l’approvazione del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata è avvenuta con il favore della notte, in realtà nella prima mattina, dopo una seduta fiume, con una forzatura nei tempi. In questo caso quella che viene portata al patibolo è l’unità del Paese, viene crocifissa la volontà di rendere i meridionali uguali nei diritti di cittadinanza. In molti chiedono di conoscere i nomi dei rappresentanti meridionali della maggioranza in Parlamento che hanno votato a favore, per decretare nei loro confronti una forma di ostracismo, come fossero i traditori del Sud. A parte che conoscere tali nomi è estremamente semplice perché, tranne tre deputati della Calabria, vicini a Occhiuto, nessuno si è sottratto, si rischia in tal modo, invece che guardare ai processi nella loro parte iniziale, di guardare solo agli effetti. Nel senso che con la legge elettorale esistente, che non prevede le preferenze, e che fa dipendere l’elezione dal posto in lista che il Partito di appartenenza assegna, andare contro le indicazioni di voto indicate avrebbe significato, con molta probabilità, non essere più candidati in una posizione utile ad essere eletti alle elezioni successive. Quindi si poneva ai Parlamentari della maggioranza meridionali la scelta tra continuare l’attività politica o interromperla e, ovviamente, si sono ritrovati solo pochi eroi disposti a rischiare.
I loro nomi Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo. Onore al merito di chi ha voluto dimostrare la propria opposizione alla legge sull’autonomia differenziata. “Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno. Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia che hanno deciso di non votare questa legge”. Sono le parole nette di Roberto Occhiuto, governatore della Calabria e vicesegretario nazionale di Forza Italia, dopo l’approvazione definitiva alla Camera del provvedimento. “Temo che il Centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto si renderà conto”, dice Occhiuto, che aggiunge di avere dei dubbi ”che i minimi vantaggi elettorali che avrà al Nord compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di Centro Destra hanno al Sud”. Giudizio tombale sia sul contenuto della legge che sul metodo con cui si è arrivata all’approvazione.
Posizione alla quale, nella stessa Forza Italia, fa il controcanto Renato Schifani che invece applaude. Lui che è Presidente di una Regione che l’Autonomia differenziata in teoria l’ha sempre avuta e che l’ha utilizzata talmente male che continua ad essere una di quelle Regioni in cui il rapporto tra popolazione e occupati é tra i più bassi del Mezzogiorno: su 5 milioni di abitanti lavorano poco più di un milione e trecentomila compresi i sommersi, una persona su quattro; che ha avuto circa 500.000 richieste per il reddito di cittadinanza, quando era in vigore; che ha un incidenza della povertà tra le più elevate in Italia, e che grazie alla cattiva gestione consolidata nel tempo oggi soffre dei problemi della siccità che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura, mentre ogni anno 25.000 persone formate vanno via con un costo per le casse regionali di oltre 5 miliardi, applaude al provvedimento.
“Il Sud deve smettere di continuare a piangere”. Pino Aprile risponde in genere a questa contestazione che “se smetti di picchiarmi forse smetto di piangere”. Lo dice il Ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ex Presidente della Regione Siciliana,”Noi abbiamo bisogno di competere con il Nord, sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle Regioni settentrionali. Ma per fare questo dobbiamo liberarci dalla teoria della questione meridionale”, ha insistito Musumeci con parole belle e incomprensibili. Mentre Stefano Bonaccini non fa alcun passo indietro rispetto alle sue richieste precedenti, che lo avevano accumulato a Luca Zaia e Attilio Fontana in un Partito Unico del Nord, pronto a mettersi insieme quando c’è da mantenere i privilegi della spesa storica, dopo che il PD aveva avuto la responsabilità della modifica del titolo V, cavallo di Troia per soddisfare le esigenze della Lega di una secessione morbida senza i contraccolpi che essa poteva creare. Un Sud battuto, suonato e messo all’angolo cerca di capire quali possano essere le vie percorribili di una reazione ad una legge sull’autonomia differenziata che potrebbe essere definita “prendi il malloppo e scappa“.
Una via è quella di ricorrere al referendum abrogativo, che però in molti ritengono non sia percorribile. La raccolta delle firme non sarà estremamente complicata. L’indignazione parolaia del Sud è al suo massimo storico. Che possa raggiungere poi l’obiettivo non è così scontato. Come voteranno gli emiliano- romagnoli di sinistra che in questo modo salvaguardano la loro spesa storica e i loro privilegi non é scontato sapere.
Una seconda strada prevede che i Presidenti di Regione possano fare ricorso alla Consulta. Il capofila dell’operazione potrebbe essere il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. L’idea è quella di un ricorso a più mani. Michele Emiliano, Presidente della Puglia è d’accordo. Meno scontato il sì delle regioni non meridionali a guida centrosinistra. Ma sarà della partita Eugenio Giani (Toscana), che ha detto: “Zero dialogo e testo sbagliato”. Una terza via é quella che vede in una macroregione del Sud la risposta a quella che presto si costituirà al Nord, che potrebbe essere prodromica alla divisione in due Paesi .
Ma vi é una quarta altrettanto pericolosa. Un cinguettio su X di un certo Franco Graziano dice “non voglio far parte di uno Stato che mi considera cittadino di serie B, ed essere considerato un questuante se reclama i propri diritti o peggio ancora che è colpa mia se la situazione è questa”. La sensazione di frustrazione del popolo meridionale comincia a montare pericolosamente. C’è chi non vuole andare più in cordata con chi ti vuole tagliare la corda. Il pensiero dominante sarebbe che l’unità é un grande valore se è vera, altrimenti è un totem che si può anche abbattere.
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