Giorgia Meloni e Matteo Salvini
4 minuti per la letturaGiorgia Meloni si ritrova a fronteggiare tre annose questioni: la prima è forse la più complicata da risolvere, e cioè proteggersi da Matteo Salvini
GIORGIA Meloni deciderà all’ultimo minuto se candidarsi o meno alle elezioni europee. «Quando scioglierò il nodo, sarete i primi a saperlo. Ho detto che deciderò alla fine» scherza con i giornalisti mostrando un sorriso. Lo stato maggiore di Fratelli d’Italia è in forte pressing nei confronti dell’inquilina di Palazzo Chigi. Se c’è in campo lei – presidente del Consiglio, leader di Fratelli d’Italia e dei conservatori europei – il partito può provare a raggiungere il 30% o, perché no, addirittura sfondare quel tetto. È a Campobasso quando risponde sul rinnovo del Parlamento europeo.
STOCCATA AL M5S
I toni sono da campagna elettorale. D’altro canto, mancano poco meno di 80 giorni al voto europeo. «In una nazione come l’Italia, che ha molti divari e poche risorse, non possiamo permetterci che le risorse vengano disperse» dice prima di firmare l’accordo per lo sviluppo e la coesione tra governo e Regione Molise, ribadendo le novità decise dall’Esecutivo per i Fondi di sviluppo e coesione. «Oggi siamo qui per la firma dell’Accordo di coesione – dice Meloni – ma non me ne vogliate se faccio mezzo passo indietro sul lavoro che il governo ha portato avanti. A monte della firma di questo accordo c’è un lavoro molto complesso e prezioso. Queste sono materie che non trovano grande diritto di cittadinanza sui media che spesso preferiscono la polemica quotidiana. Questi fondi servono a combattere i divari fra i territori, sono risorse che vengono organizzate per cicli di programmazione pluriennali e sono preziose. Quando siamo arrivati al governo ci siamo resi conto che, soprattutto nei territori nei quali erano necessarie le risorse, buona parte delle risorse non venivano spese».
Non manca la stoccata al M5S: «Ci sono due modi per tentare di combattere il divario Nord-Sud. C’è il Reddito di cittadinanza e le infrastrutture di cittadinanza». Dopodiché la Meloni si ritrova a fronteggiare tre annose questioni: la prima è forse la più complicata da risolvere, e cioè proteggersi da Matteo Salvini. Il Capitano è in modalità guastafeste da mesi, convinto che questa postura gli possa portare consensi. Al momento non si è visto alcunché, vedi regionali in Abruzzo e Sardegna. E anche l’operazione Vannacci – cioè l’ipotesi di candidare il generale autore di “Il Mondo al contrario” alle elezioni europee – non sembra ancora decollare, nonostante il lungo corteggiamento.
MELONI, SALVINI, SANTANCHÈ E LE TENSIONI MONDIALI
Meloni, tuttavia, è preoccupata dall’atteggiamento dell’alleato Salvini. La riunione dei sovranisti di Roma, agli studios di via Tiburtina, è parsa un vertice contro di lei. Non a caso, il colonnello meloniano Carlo Fidanza ha detto in un’intervista alla Stampa di Torino che «la manifestazione di Identità e democrazia è stata l’occasione per distinguersi da noi e attaccare Giorgia». E ancora: «Siamo gente di mondo, conosciamo le regole: si vota con il proporzionale e tutti vogliono distinguersi, però si è andato oltre, cose così non giovano all’unità del governo e della maggioranza».
Traduzione: se continui così, caro Salvini, l’Esecutivo Meloni rischia di saltare , o comunque si va verso un rimpasto da cui potresti uscire ridimensionato. E il rimpasto, almeno secondo la war room meloniana, non è più un tabù. L’affaire Santanchè – con la chiusura indagini e con l’ipotesi di rinvio a giudizio che potrebbe presto arrivare – è un’altra questione delicata che potrebbe innescare una verifica all’interno dell’Esecutivo.
E poi, va da sé, c’è il contesto internazionale. L’attentato di Mosca e la reazione di Putin preoccupano l’Europa e l’Italia. Non a caso, in vista delle festività pasquali, il Viminale ha disposto «intensificazione delle attività di vigilanza e di controllo da parte delle Forze di polizia con la pianificazione di specifici servizi operativi, fissi e dinamici, riservando la massima attenzione ai luoghi di maggiore aggregazione e transito di persone, nonché a tutti gli obiettivi sensibili, alla luce di un loro eventuale aggiornamento». Ma più di ogni cosa Meloni deve tenere a bada l’attivismo del leader della Lega. Ecco perché fa asse con Tajani. Il vicepremier e ministro degli Esteri commenta le frasi di Salvini su Emmanuel Macron “guerrafondaio”: «Non è il mio linguaggio. L’abbiamo detto che abbiamo una posizione diversa per quanto riguarda l’invio dei militari, ma c’è il Trattato del Quirinale che lega l’Italia alla Francia. Siamo due Paesi alleati, interlocutori, amici».
E a sera la Lega diffonde una nota: «Da mesi la Lega auspica un centrodestra unito, in Europa come in Italia. Purtroppo, fino a oggi sono arrivati solo veti sulla Le Pen e sugli alleati della Lega. Speriamo che nessuno, nella coalizione che guida il Paese, preferisca governare la Ue con Macron e i socialisti, piuttosto che con la Lega e i suoi alleati».
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