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Dietro la richiesta di maggiore autonomia da parte delle Regioni ricche, c’è una mancanza di visione che alla fine danneggia tutto il Paese
CALDEROLI si sta dimostrando per la Lega una garanzia. Non vi è ostacolo che non riesca a superare, né giudizio negativo che scalfisca la sua determinazione. Non c’è intervento di qualunque istituzione che lo blocchi. Non ci sono dimissioni che lo scoraggino. Forte dell’ininfluenza delle posizioni dei rappresentanti meridionali in Parlamento, che non riescono a trovare un approccio comune, al di là delle appartenenze partitiche, per stoppare l’istituzionalizzazione dello scippo della spesa storica, di una opposizione non particolarmente agguerrita e in realtà in parte collusa per difendere le posizioni delle regioni più forti settentrionali, l’autore del Porcellum, abituato a giocare con le leggi del Parlamento come fosse in un bar dello sport, va avanti nella sua missione che prevede che, prima delle elezioni europee, si abbia in mano lo scalpo dell’approvazione, perlomeno in un ramo del Parlamento, della legge sulla autonomia differenziata.
L’AUTONOMIA E L’UGUAGLIANZA DELLE REGIONI NEGATA
Le riserve poste con dichiarazioni estremamente precise da parte di Forza Italia, provenienti da un suo componente prestigioso come Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, racchiuse nello slogan “no soldi per i Lep, no party” si stanno rivelando delle grida manzoniane che hanno bisogno di essere reiterate continuamente perché le precedenti non hanno avuto assolutamente alcun effetto. Non basta, per adempiere al proprio dovere, affermare che «È un approccio sbagliato», che «Le due cose devono viaggiare insieme, altrimenti per il Sud l’Autonomia differenziata rischia di diventare una trappola». Soprattutto se si ha ben chiaro che le risorse per l’attuazione dei Lep non ci sono. Teme, il presidente della Regione Calabria, che «il primo vagone del treno, quello della legge sull’Autonomia, arrivi puntualmente in stazione mentre gli altri vagoni, che contengono il finanziamento dei Lep e il meccanismo di perequazione, finiscano su un binario morto»?
Bene, faccia mettere di traverso il suo partito che invece, com’era ampiamente previsto, si appresta a manifestare il proprio consenso a una legge che è ingiusta e sbagliata. Una legge che rappresenta una via di fuga rispetto alle responsabilità di un Paese che non riesce ad assicurare gli stessi servizi al bambino che nasce a Sondrio e a quello che nasce a Reggio Calabria, statuendo, in aperto contrasto con la nostra Costituzione, che vi sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, che vi è un territorio che va strutturato e uno che va abbandonato, uno in cui la sanita è una garanzia di salute e un altro in cui andare in ospedale diventa solamente pericoloso, in uno dove esiste una scuola che combatte la dispersione scolastica e un altro in cui il bambino che si assenta e che si perde, magari impiegato in un lavoro minorile sommerso, non viene cercato, scovato e riportato a scuola, ma abbandonato al suo destino, compromettendo il suo futuro di cittadino consapevole, ma anche consentendo una deriva elettorale di gruppi che potranno essere utilizzati da chi non vuole un giusto funzionamento delle regole democratiche.
Dietro la richiesta di maggiore autonomia da parte di alcune Regioni ricche, per gestire al meglio le risorse che già hanno, in un processo virtuoso di buona amministrazione dichiarata, vi è invece una mancanza di visione di una parte delle forze politiche territoriali che, per un desiderio di parlare alla pancia del proprio elettorato meno avvertito, finiscono poi per cavalcare una mancanza di visione del Paese e una volontà, al di là degli interessi nobili dichiarati, di portare a casa qualche risorsa in più.
AUTONOMIA, REGIONI E INTESE DI SCAMBIO E RISCHI DEMOCRATICI
Fa strano vedere come alla Lega si stiano accodando, senza alcuna capacità critica, sia Fratelli d’Italia, per un mero interesse di un accordo per portare a casa l’altra bandierina del premierato, anche Forza Italia, che in questa coalizione destra-centro dovrebbe rappresentare la parte meno ideologizzata e più ancorata saldamente agli interessi moderati della maggioranza della popolazione, ma anche quella quarta forza rappresentata da “Noi Moderati”, con a capo Maurizio Lupi che, seppur quantitativamente minoritaria, potrebbe e dovrebbe rappresentare una posizione assolutamente consapevole dei rischi che una riforma in tal senso può rappresentare per un Paese già spaccato.
Un Paese che in tutte le sue manifestazioni, a cominciare dal calcio, evidenzia l’esistenza di posizioni contrapposte, di un odio e un disprezzo che non possono che far male alla crescita complessiva di una comunità che è riunita da soli 164 anni. E che rischia di alimentare quei movimenti secessionisti e separatisti, che in altri Paesi europei hanno portato a spaccature non più sanabili e a una moltiplicazione di Staterelli incompatibili con lo svolgersi di un loro ruolo in un’Europa unita.
Gli esempi dell’ex Cecoslovacchia, della ex Yugoslavia, dovrebbero essere illuminanti per quanto riguarda un pericolo che potrebbe correre la nostra democrazia, sottovalutato finora anche dalle istituzioni che garantiscono l’unità nazionale.
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Cecoslovacchia e Jugoslavia non mi paiono esempi convincenti…. Non mi pare proprio che Cechia, Slovacchia, Slovenia e Croazia si siano pentite della scelta fatta, anzi.