Il senatore Roberto Calderoli
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L’AUTONOMIA differenziata entro 48 ore. Il sogno leghista si avvera. La tavola è già apparecchiata: il disegno di legge leghista che traccia i confini regionali della ricchezza e della povertà sta per essere servito. L’ideatore, il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, caparbio testimone di se stesso, ha ribadito ai suoi che vuole approvare il provvedimento già domani sera. Un blitz in piena regola. L’agenda prevede, alle 16.30 di oggi, la presentazione in Senato del disegno di legge, quindi la discussione, che non dovrà durare però più di 3 ore e mezzo, e già domani la votazione sull’autonomia differenziata.
GLI EMENDAMENTI ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Sono stati presentati 337 emendamenti. Due anche dalla maggioranza, dai senatori di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo e Marco Lisei. L’emendamento firmato dal primo prevede che, qualora per l’esercizio di funzioni attualmente a carico dello Stato e riferite ai Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) derivino maggiori oneri, non vi siano disparità di trattamento a livello regionale. L’emendamento presentato da Lisei prevede che, qualora dopo l’approvazione della legge vengano modificati i Lep, e quindi anche i finanziamenti, le Regioni debbano osservarli senza che ciò «sia subordinato alla corrispondente revisione delle risorse». De Priamo ha presentato quindi un terzo emendamento con l’impegno a porre in essere interventi normativi per il riconoscimento della centralità di Roma Capitale con relativo conferimento di poteri e risorse speciali. Un contentino ai romani, costretti a ingoiare il rospo, una mozione dei desideri.
Fin qui gli aggiornamenti. Il resto è tattica. Calderoli, uno che conosce a menadito i regolamenti del Palazzo, l’ha studiata bene. Tempi contingentati, poiché si tratta di un ddl collegato alla legge di Bilancio. Il partito democratico – per dire – avrà al massimo 40 minuti di orologio per esprimere la sua contrarietà a un ddl che rischia di passare quasi inosservato e andava contrastato con ben altra energia. Mezz’ora il tempo concesso ai 5Stelle, anche loro sul piede di guerra (121 emendamenti) come la Sinistra di Fratoianni e i Verdi.
Nell’insieme una reazione tardiva a un progetto anacronistico di autonomia differenziata che avrebbe meritato una bocciatura trasversale e ben altra opposizione. Tranne colpi di scena, il semaforo verde scatterà con lo sventolio delle bandiere di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Pillola amara e largo consumo di succhi gastrici per due partiti che hanno il nome della nazione nel simbolo. Merce di scambio in vista del premierato prossimo venturo, dicono le malelingue.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA E I RISCHI DEL SISTEMA
La geometria delle due riforme prevede che i provvedimenti vadano in parallelo. Ma i rischi sono dietro l’angolo: se qualcosa si inceppa, se un granellino di sabbia finisce nel meccanismo scarsamente collaudato di una maggioranza litigiosa che si sta azzuffando sul terzo mandato ai governatori e sulle candidature dei leader alle Europee, si torna alla casella di partenza come è già successo altre volte. Ipotesi molto improbabile, però, trattandosi di una legge ordinaria. Che il ddl 765, primo firmatario il ministro leghista che rivendicò il Porcellum, sia una gigantesca fregatura per il Mezzogiorno non lo diciamo noi: lo hanno detto e lo dicono emeriti costituzionalisti, esperti bipartisan. Dieci articoli per scardinare il principio della perequazione e mettere in pratica un federalismo fiscale che premia le regioni più ricche, a partire da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna che vorrebbero fare da apripista e hanno già firmato le pre-intese. Potranno chiedere la devoluzione di 23 materie, alcune ormai insignificanti altre che invece rischiano di frammentare il territorio e congelare a tempo indeterminato le disuguaglianze. Una su tutte: l’istruzione.
La mediazione su quali materie decentrare è lasciata alla politica, a una negoziazione tra governo e Regioni, senza che il Parlamento possa intervenire. Si potrà solo rifiutare o accettare la proposta. Nessun criterio circa le materie che potranno essere delegate e via libera immediato a quelle non “leppizzate”. In ballo ci sono funzioni strategiche: energia, trasporti, politica industriale, ricerca, politiche di intervento, regolazione dei mercati.
LE PROTESTE
E le opposizioni? «La faccenda non si chiuderà qui – minaccia di alzare le barricate Alessandra Maiorino, capogruppo in commissione Affari costituzionali del M5S – il vero nodo restano le risorse per finanziare i Lep». Tema sollevato in quasi tutte le audizioni. Un costo che, secondo Svimez, potrebbe variare tra gli 80 e i 100 miliardi di euro, perché per rendere effettivi i Lep non basta definirli – come ha fatto, tra mille polemiche e defezioni importanti, la Commissione di saggi guidata dal professor Sabino Cassese – ma finanziarli. Se fossero stati istituiti nel 2017 – calcola Svimez – si sarebbe generato, a favore delle tre regioni che hanno già richiesto l’autonomia, un surplus pari a 5,7 miliardi di euro di compartecipazione Irpef più 9 miliardi nel caso di compartecipazione Iva e Irpef. Contro lo Spacca-Italia, infine, sono previste oggi numerose manifestazioni in varie città italiane. Vi hanno aderito associazioni, comitati e sindacati. A Napoli nel pomeriggio in piazza del Plebiscito, a Roma in piazza della Rotonda dalle 15.30 alle 19.
I gruppi di Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda hanno entrambi presentato emendamenti, ma è prevedibile che voteranno con la maggioranza. L’opposizione su questo provvedimento è rimasta in sordina. Il Pd si è a lungo trascinato nell’ambiguità. Il ripensamento tardivo di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, Regione che ha richiesto l’autonomia, e le posizioni del governatore toscano Giani. E la linea imposta ora da Elly Schlein, tiepidamente schierata contro il ddl Calderoli. Un doppio binario. Un’annotazione a margine: in parallelo con il ddl sull’autonomia differenziata, in questi giorni è stato presentato alla Camera un ordine del giorno che punta a differenziare i salari in base al loro potere d’acquisto «per adeguare il reddito alle esigenze di consumo». Si tratta semplicemente di un caso?
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