Il Presidente Sergio Mattarella riceve l'applauso dei presenti al termine del suo intervento alla XIV Conferenza degli Ambasciatori e delle Ambasciatrici d’Italia
6 minuti per la letturaROMA – «Vorrei iniziare esprimendo la mia riconoscenza per il supporto fornito in questi anni all’attività sviluppata dalla Presidenza della Repubblica, in Italia e all’estero».
Esordisce con queste parole il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del suo commiato dal corpo diplomatico durante la 14esima conferenza degli ambasciatori e delle ambasciatrici d’Italia.
Il presidente della Repubblica ha tracciato un bilancio del suo settennato riguardando al quale non può «non rilevare come l’attività internazionale che li ha caratterizzati non sarebbe stata possibile senza l’efficiente supporto del Ministero degli Esteri, nonché dell’intera rete diplomatico-consolare. Non mi sarebbe stato possibile – ha spiegato – porre in essere e sviluppare positive interlocuzioni e condizioni collaborative senza la disponibilità, il sostegno, le indicazioni che da voi ho ricevuto. Grazie al concorso delle vostre professionalità e della vostra dedizione la Repubblica continua nell’opera di promozione dei propri obiettivi, nell’azione di testimonianza e di affermazione dei propri valori iscritti nella Carta costituzionale, a cominciare dalla pace e dalla cooperazione internazionale, contribuendo alla costruzione nel mondo di condizioni migliori».
Guardando alla Politica esterna, Mattarella ha ricordato come «l’Italia repubblicana ha sempre cercato di ispirarsi a questi criteri, non ignorando il valore dell’accoglienza favorevole che spesso accompagna all’estero l’immagine italica e che si traduce in un rafforzamento di quello che si ama definire soft-power».
Il Capo dello Stato ha, poi, evidenziato i tratti caratterizzanti dell’epoca contemporanea «segnata dai due conflitti mondiali del secolo scorso, dall’imponente processo di decolonizzazione, dall’eredità della Guerra fredda, dal sorgere e dal rafforzarsi delle dimensioni comunitarie in Europa», un epoca che «vive adesso la fase del definitivo tramonto del bipolarismo e dell’indebolimento della preminente rilevanza dell’Occidente, con l’avvento di un mondo nuovo, multipolare, in un contesto di rapporti economici fortemente globalizzato». Senza trascurare che «la pandemia ha contribuito a evidenziare le contraddizioni del processo in atto e ad accelerare notevolmente dinamiche che già si profilavano».
In questo mondo «lo stesso concetto di globalizzazione appare in discussione, lasciando spazio ad una fase di transizione e di analisi che va interpretata e guidata, individuandone l’approdo finale».
Oggi «la ripresa avviene in un contesto nel quale la forte interdipendenza delle economie e la mobilità elevata delle merci incontrano una ritrovata competizione fra gli Stati, e anche fra le grandi corporazioni, per l’acquisizione di tecnologie, brevetti, componenti essenziali della filiera produttiva». In questo quadro «si prospetta un futuro in cui il posizionamento nell’economia mondiale dei singoli Paesi, o, nel caso europeo, di gruppi di Paesi, e il ruolo delle imprese transnazionali e globalizzazione convivranno in un equilibrio mutevole destinato a condizionarne anche il grado di indipendenza e di libertà d’azione».
Inoltre, «mutamenti di ordine strutturale che incideranno profondamente sul modello europeo di “economia sociale di mercato”, già posto a dura prova nei passati decenni, e ne imporranno, per preservarlo, una riformulazione, anche alla luce delle transizioni gemelle, verde e digitale».
Altro aspetto determinante riguarda «il baricentro politico ed economico» che «sembra progressivamente spostarsi dall’Atlantico al Pacifico: l’Europa, e la stessa Africa, devono interrogarsi sul loro futuro e sul ruolo che saranno chiamati a svolgere. È questione che il summit fra Unione Africana e Unione Europea non potrà eludere».
Guardando al futuro «il XXI secolo non deve essere vissuto con la rassegnazione di una ineluttabile marginalizzazione dell’area europea. La conclusione della lunga stagione dell’impegno in Afghanistan e la formazione di nuove architetture politiche e di sicurezza nel Pacifico, segnalano una volontà degli Stati Uniti di riformulare l’approccio del proprio ruolo e della propria presenza internazionali».
Tuttavia «per tradizione consolidata, per cultura, per valori, per legami umani e per impianto istituzionale, Stati Uniti e Unione Europea si troveranno sempre fianco a fianco. Anche per questo, la scelta di spostare gradualmente il baricentro delle politiche degli Stati Uniti verso il Pacifico impone un’assunzione di responsabilità sempre più diretta da parte degli interlocutori europei. Del resto, una richiesta di maggiore condivisione di responsabilità proviene non da oggi esplicitamente da oltre Atlantico».
Per il presidente Mattarella, a questo punto, cruciale diventa «lo sviluppo di una capacità di difesa da parte dell’Unione Europea» che «rappresenta un tassello essenziale del necessario percorso di autonomia strategica. Sono convinto che l’Unione saprà essere efficace nel perseguire questo obiettivo».
In questi mesi «la pandemia ha posto in luce la vitalità e il valore aggiunto della costruzione europea, che ha saputo coordinare le risposte degli Stati membri, ha evitato una chiusura totale delle frontiere nazionali, ha messo a fattor comune le risorse europee e nazionali per finanziare ricerca e acquisto di vaccini. Infine, con il lancio del “Next Generation” è riuscita a costruire un’articolata risposta ai devastanti effetti economici e sociali della crisi».
Riguardo il sentimento di coesione europea, per Mattarella «se l’europeismo delle origini è stato come una risposta alla forza distruttrice dello Stato nazione, che aveva condotto alle due fratricide guerre civili europee, quello odierno rappresenta soprattutto il superamento della sua debolezza, in un mondo globale dove si confrontano ormai Stati-continente, come la Russia, o Stati-civiltà, come la Cina e l’India. E, nel quale, le fragilità del sistema internazionale, che non ha ancora saputo affrontare le questioni poste dalla dimensione digitale dell’economia, vedono gli Over the top agire come nuovi poteri svincolati da ogni osservanza di norme derivante dall’appartenenza a ordinamenti sovrani. L’integrazione europea consente, a chi vi partecipa, di contribuire a prendere decisioni che incidono concretamente sul proprio destino, salvaguardando così effettiva sovranità».
L’Europa che verrà dovrà essere costruita con obiettivi chiari: «La riforma delle Istituzioni e dei processi decisionali dell’Unione, incluse le regole di bilancio, è condizione necessaria per il completamento dei tanti “cantieri aperti” al suo interno, oltre che per il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati con le agende verde e digitale. Infine, l’Europa non potrà esprimersi con efficacia sulla scena internazionale senza aver dato risposta ai crescenti squilibri in termini di reddito, di accesso all’istruzione e alla sanità, di garanzie e di diritti che affliggono le nostre società e che rischiano di minare alle fondamenta la coesione delle nostre democrazie».
Inoltre, il presidente ha riconosciuto al corpo diplomatico che «vi è affidata la missione di essere catalizzatori della proiezione internazionale del nostro Paese, accompagnandone con efficacia le espressioni culturali, il mondo delle imprese, le università, gli enti di ricerca, le pubbliche amministrazioni nei loro sforzi di internazionalizzazione. È un contributo prezioso che fornite alla vita nazionale. Anche sotto questo profilo considerate la mia presenza qui oggi come una rinnovata testimonianza di apprezzamento»
In conclusione il Capo dello Stato ha voluto ricordare «l’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo. E apprezzo molto le iniziative assunte dalla Farnesina per ricordarne la memoria, per ricordare un esempio di chi aveva posto la propria italianità a servizio della causa dell’umanità».
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