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Gli organismi da mettere in campo per la crescita del Paese: La Conferenza Stato-Regioni, ha ruoli e poteri mai sfruttati concretamente


Forse abbiamo sottovalutato quali siano il ruolo e le funzioni della Conferenza Stato-Regioni. Se, infatti, leggiamo attentamente i vari provvedimenti istitutivi di tale consesso e tutte le norme e le varie interpretazioni istituzionali, scopriamo che a tale organismo sono assegnate, solo a titolo di esempio, alcuni compiti e alcuni ruoli davvero importanti. In modo sintetico riporto di seguito alcuni dati.

I COMPITI E I RUOLI DELLA CONFERENZA STATO-REGIONI

La Conferenza Stato-Regioni è stata istituita in via amministrativa nel 1983 (Dpcm del 12 ottobre 1983). Ha avuto la prima organica disciplina con la legge 23 agosto 1988, n° 400, articolo 12. Tale legge attribuisce alla Conferenza compiti di «informazione, consultazione e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale suscettibili di incidere nelle materie di competenza regionale, esclusi gli indirizzi relativi alla politica estera, alla difesa, alla sicurezza nazionale, alla giustizia».

  • Sentita obbligatoriamente sul documento di programmazione economica e finanziaria e sul disegno di legge finanziaria e collegati in sede unificata con la Conferenza Stato-città e autonomie locali. È sentita su ogni altro oggetto di interesse regionale che il presidente del Consiglio dei ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle Regioni e Province Autonome.
  • Con il D.Lgs. del 16 dicembre 1989, n° 418, in attuazione della delega di cui al comma 7 dell’articolo 12 della legge n° 400 del 1988, le funzioni della Conferenza sono riordinate e ampliate ed estese ai pareri su tutte le questioni attinenti al coordinamento intersettoriale delle attività di programmazione inerenti ai rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti infra regionali.
  • La Conferenza è consultata altresì sui criteri generali per la ripartizione delle risorse tra le Regioni, sulla modalità di determinazione di indici e parametri da utilizzare per atti di programmazione intersettoriale, sui criteri generali relativi agli atti di programmazione e di indirizzo in materia di competenza regionale e su quelli per la ripartizione delle risorse relative ai rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti infra regionali.
  • Alla Conferenza affidata anche la verifica periodica dello stato di attuazione dei piani e dei programmi sui quali si pronuncia.
  • Il Parlamento, a partire dal 1991, ha accresciuto le funzioni dell’organo, affidandogli non solamente delle competenze di natura consultiva, ma facendone anche il luogo per l’espressione di intese tra le Amministrazioni statali e le Amministrazioni regionali, di verifica congiunta e terza dell’attività delle Regioni, ovvero organo di indirizzo dell’attività amministrativa regionale.
  • La Corte ha, infatti, affermato (con la sentenza n° 116/94) «che la Conferenza è la sede privilegiata del confronto e della negoziazione politica tra lo Stato e le regioni (e le province autonome); in quanto tale, la Conferenza è un’istituzione operante nell’ambito della comunità nazionale come strumento per l’attuazione della cooperazione tra lo Stato, le regioni e le province autonome».
  • Un’altra funzione rilevante: promuovere il coordinamento della programmazione statale e regionale, nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la Programmazione economica (Cipe), e di raccordarla con l’attività degli enti e dei soggetti, anche privati, che gestiscono delle funzioni o dei servizi di pubblico interesse, aventi rilevanza nell’ambito territoriale delle Regioni e delle Province autonome.

SI DEVE PASSARE ALLA FASE OPERATIVA

E allora mi chiedo per quale motivo non creiamo le condizioni per cui, da banali riunioni di pura routine o da sistematiche assemblee che sono caratterizzate solamente dall’approvazione di parametri e di costi dei servizi (per esempio, quelli legati al trasporto pubblico locale), non sia possibile passare alla identificazione di scelte e decisioni programmatiche più incisive e, direi più coerenti con la funzione e con il ruolo delle singole realtà regionali?
Tra l’altro si tratta dell’unica occasione nella quale è aperto un confronto tra realtà del centro nord e del sud e, soprattutto, cosa che ripeto sempre, in tale consesso ci sono realtà regionali che, anche se non confinanti, potrebbero dare vita a iniziative congiunte di grande respiro strategico.
Comincio prendendo come riferimenti due Regioni, il Lazio e la Lombardia, che insieme partecipano alla formazione del Prodotto interno lordo nazionale con una quota globale di oltre il 32 per cento (la Lombardia 22 per cento e il Lazio quasi 10 per cento).

Si tratta di due Regioni che, per il loro peso strategico e per il loro indice produttivo, potrebbero svolgere un ruolo trainante nella prospettazione di iniziative che superano il mero confine regionale e assurgono a una chiara dimensione nazionale.
In particolare, le due Regioni, per la loro rilevanza nel settore manifatturiero, si erano dette disponibili a dare vita a organismi congiunti per la gestione di attività logistiche.
Ricordo, inoltre, che per anni nelle Regioni del Nord c’è stata una iniziativa, contemplata anche nel Programma delle infrastrutture strategiche (Pis) della legge Obiettivo, relativa al Progetto idroviario padano veneto, un progetto che coinvolgeva essenzialmente quattro Regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto) e aveva come obiettivo la navigabilità del Po e la realizzazione di un collegamento (il canale Pizzighettone) addirittura con l’hinterland milanese.
Ricordo anche che tale progetto fu apprezzato e condiviso dalla Unione europea ed inserito nelle Reti Ten – T. Devo dare atto che questa iniziativa vide come motore sia lo schieramento politico leghista sia la Conferenza Stato-Regioni.

TROPPE INTUIZIONI RIMASTE SULLA CARTA

Altro esempio interessante di piena condivisione di diverse Regioni è stato quello relativo alla realizzazione di un asse ferroviario ad alta velocità lungo il corridoio adriatico: in questo caso le Regioni interessate sono sei, e cioè Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia.
Infine ricordo che fra soli tre anni sarà disponibile un vero sistema quadrilatero che collegherà con assi ferroviari ad alta velocità – alta capacità tre Regioni: la Campania, la Basilicata e la Puglia. Infatti fra due anni sarà disponibile il collegamento tra Napoli e Bari, e al massimo tra tre anni l’asse ferroviario Taranto-Potenza-Battipaglia. Tre Regioni che saranno servite da un impianto logistico che renderà possibili interazioni funzionali tra i porti di Bari, Brindisi, Taranto, Salerno e Napoli, che renderà possibili interazioni tra gli interporti di Bari Lamasinata, gli hub logistici lucani, gli interporti di Battipaglia e di Nola Marcianise.

Come vedete, ho elencato alcune proposte, alcune iniziative che, purtroppo, sono rimaste solamente delle interessanti intuizioni lungimiranti e non hanno avuto quel successo che avrebbero potuto avere se la Conferenza Stato-Regioni avesse potuto disporre di un organismo capace di dare adeguata consistenza tecnica- programmatica a simili intuizioni. Forse, con uno strumento più incisivo sarebbe stato anche possibile evitare le lunghe stasi nella realizzazione delle opere supportate da Fondi comunitari.
Quello che sconcerta di più è che si è persa anche una occasione nella gestione dell’intero impianto programmatico del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Infatti la Conferenza Stato-Regioni, a mio avviso, ha scelto un ruolo marginale sia per quanto riguarda la identificazione delle scelte, sia nella sua reale e articolata attuazione.

Ora, come in passato, ricordo che va incontro, in supporto delle Regioni e della stessa Conferenza Stato Regioni, quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 117 della Costituzione. Che riporto di seguito: «Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati, e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».
Addirittura, le Regioni hanno anche la possibilità di dare vita ad accordi con delle realtà anche esterne a quelle nazionali e quindi potrebbero benissimo più Regioni, dietro l’input e sotto la guida della Conferenza Stato-Regioni, dare vita a degli accordi formali su determinati impianti programmatici che arricchirebbero il Paese di progetti condivisi e supportati, se necessario, anche da fondi comunitari e regionali.


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