X
<
>

Roberto Calderoli

Share
4 minuti per la lettura

Ecco perché l’autonomia differenziata rischia di trasformare l’Italia in un mosaico di staterelli a geometria variabile; dalla sanità alle tasse, le follie a danno del Sud


La riforma dell’autonomia differenziata ha superato lo striscione dell’ultimo chilometro, in questo giro d’Italia dei cambiamenti istituzionali che sarà poi seguito dal premierato, mentre si preannuncia all’orizzonte anche la riforma della giustizia. Il disegno di legge Calderoli è passato da due giorni in discussione in Aula alla Camera dei Deputati, e si avvia verso il voto conclusivo, dopo l’approvazione già operata dal Senato. Che venga approvato prima o dopo il voto delle elezioni europee è questione che riguarda più le schermaglie tra le forze politiche della maggioranza che non la sostanza dei fatti.
Contro l’autonomia differenziata ed il premierato ha deciso di opporsi il gruppo social promosso da Massimo Giannini, “E’ sempre 25 aprile”.

Personalmente, all’interno di questa iniziativa, ho deciso di sviluppare una analisi nel merito sui contenuti della riforma Calderoli, che trasforma la nostra giovane nazione in un mosaico di staterelli a geometria variabile.
E’ un lavoro che riprende, con un linguaggio sintetico ed accessibile, il lavoro che abbiamo svolto con Carteinregola, coinvolgendo molte delle forze che si stanno opponendo alla riforma della autonomia differenziata per approfondire in modo analitico le 23 materie e le oltre 500 funzioni che potranno passare in competenza esclusiva alle Regioni

Sono nate così le pillole contro l’autonomia differenziata. Partendo da questo passaggio istituzionale, che è comunque assolutamente decisivo per il futuro del Sud, in questa rubrica affronteremo tutte le questioni che sono ancora ostacolo per lo sviluppo delle regioni meridionali.
Dal radar delle politiche economiche, e non solo da oggi, gli interventi per il riequilibrio territoriale nel nostro Paese sono scomparsi da tempo: quel che residua è affidato ai fondi di coesione della Unione Europea. L’autonomia differenziata è in qualche modo l’approdo di un lungo percorso caratterizzato dall’egoismo delle Regioni ricche del Nord.

In fondo, la secessione iniziale proposta dalla Lega Nord di Umberto Bossi e di Gianfranco Miglio aveva il merito di disegnare un orizzonte maggiormente chiaro e coerente. A distanza di un quarto di secolo dalla riforma del Titolo V, realizzata dal centro sinistra per dare una risposta politica ad istanze che dimostravano di avere consenso tra gli elettori del Nord, è iniziata una grande commedia degli equivoci sulla attuazione di questa riforma costituzionale.
Sono cominciate ad essere prima scritte, e poi sottoscritte, bozze di pre-intese tra Stato e tre Regioni: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Le ultime due Regioni hanno anche tenuto referendum consultivi per coinvolgere la popolazione, sebbene con scarsa affluenza in Lombardia. Roberto Calderoli, dentro l’attuale governo, ha impostato subito una soluzione furba, vale a dire quella di formulare una legge procedimento: un contenitore che non entra nel merito, ma stabilisce esclusivamente le modalità attraverso le quali realizzare l’autonomia differenziata.

Nella sua apparente neutralità, il disegno di legge in fase di approvazione colpisce al cuore dell’equilibrio istituzionale tra i differenti livelli di amministrazione, spostando il baricentro decisamente alle istituzioni regionali, oltretutto non operando alcuna devoluzione verso i comuni.
Ogni amministrazione regionale potrà scegliere tra 23 materie che possono diventare di competenza esclusiva, sottraendo allo Stato una serie di responsabilità fondamentali per la tenuta della unità nazionale. Gli accordi tra Stato e Regioni non saranno emendabili da parte del Parlamento, i quale potrà solo approvare o bocciare nella interezza l’intesa, o, al più, fornire in Commissione osservazioni non vincolanti.

Sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (LeP) la riforma Calderoli, innanzitutto individua 9 materie che non saranno soggette alla determinazione dei Lep, mentre negli altri casi se saranno passati due anni senza la determinazione di questi indicatori, si procederà comunque sulla base del criterio della cosiddetta “spesa storica”. Insomma, si percorre un importante pezzo di strada anche verso il premierato, esautorando in modo sostanziale il Parlamento, ed aggirando in modo anche poco elegante il dettato della Costituzione.

L’assegnazione di parte del residuo fiscale alle Regioni, sia pure non ancora avendo definito la percentuale, comporterà un aumento delle diseguaglianze tra i territori. Le regioni meridionali, già storicamente svantaggiate, si troveranno, con minori risorse a disposizione, a dover gestire maggiori complessità per assicurare i servizi essenziali ai cittadini, ma anche le aree interne del Nord dovranno affrontare una condizione di minorità rispetto ai territori del settentrione con maggiore capacità competitiva.
Il clima sta cominciando a cambiare nel Paese. L’opinione pubblica appare divisa sulla riforma dell’autonomia differenziata: secondo l’indagine realizzata dall’Istituto Demopolis, il 38% appare favorevole all’Autonomia, nella convinzione che si permetterebbe a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna di gestire meglio i servizi.

Contrario si dichiara invece il 53%, la maggioranza assoluta degli italiani, secondo la quale si finirebbe per sottrarre risorse per i servizi pubblici ad altre Regioni meno ricche. Nette sono le distanze che emergono negli orientamenti per aree geografiche: sono propensi all’Autonomia quasi i due terzi dei cittadini che vivono al Nord. Il dato crolla, significativamente, al 24% al Centro ed al 18% al Sud e nelle Isole.
Mentre sta per essere lanciata alla Camera dei Deputati la volata finale verso il traguardo della autonomia differenziata, grandi nuvole si addensano sul futuro della democrazia e della eguaglianza tra i territori. Servirà una nuova resistenza meridionale, alleata con i territori svantaggiati del Nord, per contrastare questo disegno. Dovrà soffiare il vento del Sud perché l’Italia resti una nazione.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE