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Guasti alla rete e pesanti disagi per chi viaggia: per i treni è caos ma i costi sono a carico dei cittadini, così come i disservizi
Non c’è pace per le ferrovie. Guasti alla rete e pesanti disagi per i viaggiatori si ripetono senza sosta. Nella sola giornata di ieri ci sono stati ritardi sulla linea convenzionale Roma – Firenze, tra Napoli e Bari e un malfunzionamento ha interessato la stazione di Verona. Molti altri episodi si sono verificati negli scorsi mesi. Quello più grave risale al 2 ottobre 2024 quando il malfunzionamento dei sistemi informatici del nodo di Roma causò la cancellazione di settanta treni e ritardi superiori a un’ora per più di altri cinquanta convogli.
Quali sono le cause e quali i possibili rimedi?
Cominciamo col dire che le ferrovie sono sistemi molto più complessi delle strade e che eventi analoghi a quelli che hanno interessato la rete italiana sono accaduti negli ultimi anni anche in Svizzera e in Olanda, due Paesi nei quali il servizio è abitualmente giudicato di elevato livello qualitativo. Ma, senza dubbio, la frequenza con la quale si sono ripetuti gli eventi negli ultimi tempi è molto elevata.
Due fattori rilevanti sono il forte aumento dei treni in circolazione e, al contempo, un numero molto elevato di cantieri per la realizzazione di interventi di adeguamento della rete.
In queste condizioni anche una minima perturbazione si può trasformare in una valanga che va interessare un ampio segmento di rete.
Si può ipotizzare di ridurre temporaneamente l’offerta di servizi o di diluire maggiormente nel tempo gli interventi ma entrambe le scelte non sono prive di ricadute negative e dovrebbero pertanto essere attentamente valutate alla luce di vantaggi e svantaggi. Se si riducesse il numero di treni circolanti una parte dei passeggeri dovrebbe rinunciare al viaggio e se gli interventi di ammodernamento avessero tempi più lunghi di quelli oggi previsti i benefici derivanti dagli stessi potrebbero essere goduti solo più tardi. Come sempre, non ci sono pasti gratis.
Preso atto delle “attenuanti generiche” e in attesa di conoscere maggiori dettagli sugli eventi più recenti occorre aggiungere che nell’episodio dello scorso ottobre sembra evidente che vi sia stata una grave defaillance operativa del gestore della rete.
In base alla ricostruzione dell’evento fatta dalle Ferrovie, vi sarebbe stata inizialmente una interruzione della corrente elettrica a causa del maldestro operato di un tecnico. Sarebbero poi intervenute le batterie di back-up che per qualche ora hanno consentito al sistema di funzionare regolarmente ma, non essendo scattato il previsto segnale di allarme, quando queste si sono scaricate è successo il patatrac.
Il ministro Salvini puntò il dito contro l’operaio e la ditta affidataria della manutenzione ma la responsabilità dell’accaduto non può essere circoscritta a questo livello. La possibilità di un errore deve essere messa nel conto soprattutto quando da esso possono dipendere conseguenze molto estese e si devono prendere le contromisure per porre il sistema in sicurezza. Inoltre, secondo quanto ricostruito da Franco Bechis su Open, il ritardo dell’allarme sarebbe causato dal fatto che le schede telefoniche delle centraline di monitoraggio avevano il credito esaurito ed erano disattivate in automatico.
Questo specifico episodio può essere letto alla luce di una chiave interpretativa più generale.
Ferrovie dello Stato non sono una normale impresa che opera sul mercato, investe risorse proprie e prospera o fallisce in base a quanti clienti è in grado di soddisfare. Le entrate della società derivano per circa due terzi da trasferimenti pubblici e l’impresa non subisce particolari conseguenze negative se il servizio lascia a desiderare. Nel caso in cui i viaggiatori chiedano rimborsi, questi vengono in ultima istanza pagati dai contribuenti che sono indirettamente gli azionisti della società.
Mancano dunque forti incentivi a investire saggiamente (la gran parte delle nuove linee in fase di realizzazione comporta costi per la collettività superiori ai benefici attesi) e a minimizzare gli errori nella gestione: forse, alcuni episodi recenti non sarebbero accaduti se il gestore della rete fosse stato colpito nel suo portafoglio. Perché questo accada l’infrastruttura dovrebbe essere privatizzata lasciando al soggetto pubblico il compito della regolazione. In soldoni: se il servizio che garantisci non è adeguato, ti pago di meno e sei tu a rimetterci.
In Europa non esistono oggi realtà di questo tipo. Ferrovie al 100% private sono quelle per il trasporto merci negli Stati Uniti: funzionano piuttosto bene e fanno ottimi profitti. Di qua dell’Atlantico l’unica esperienza significativa di privatizzazione, prima totale e poi limitata ai soli servizi di trasporto, con ritorno dei binari in mano pubblica, è stata quella britannica che risale a metà degli anni ’90 dello scorso secolo. Lungi dall’essere stata un disastro come vorrebbe la narrazione prevalente, dopo la riforma organizzativa il numero di passeggeri sui binari è cresciuto più che in ogni altro Paese europeo. Gli incentivi sono importanti.
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