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CON oltre 193mila reati denunciati in totale e una media di 5.985 ogni 100mila residenti, Milano e la sua provincia guadagnano il primato dell’area di Italia più a rischio dal punto di vista della criminalità. I dati del Viminale, pubblicati online e aggiornati al 31 dicembre del 2021, fotografano una situazione diversa rispetto all’immaginario nazionale che vorrebbe il Sud la zona più pericolosa per l’ordine pubblico. Certamente nel Mezzogiorno “soggiornano” le organizzazioni mafiose (non che al Nord non siano presenti), da Cosa Nostra alla ‘Ndrangheta passando per la Camorra e la Sacra Corona Unita, ma la microcriminalità appare più diffusa nelle regioni settentrionali. Almeno questo dicono i numeri del ministero dell’Interno. Tra baby gang, piccole batterie di ladri e rapinatori e criminalità straniera, l’area più “calda” è il centro-nord. Dopo Milano, infatti, c’è Rimini per numero di reati denunciati in rapporto alla popolazione (5.502 ogni 100mila residenti); segue Torino (5.057), quindi Bologna (4.977) e Roma (4.856). Al sesto posto Imperia (4.755), Firenze (4.727), Prato, Livorno e, al decimo posto, Napoli (4.216) la prima del Sud.
Questa graduatoria che assegna il primato a Milano, è relativa a tutte le tipologie di reati denunciati, dall’omicidio volontario al furto dell’auto. Ovviamente in termini assoluti è la provincia di Roma a registrare il maggior numero di denunce (205.053) ma il dato va raffrontato poi con la popolazione residente. Se poi si osservano i singoli reati, l’analisi cambia: Enna, ad esempio, è in testa per numero di omicidi volontari sempre in rapporto alla popolazione residente; Torino, invece, è prima per numero di danneggiamenti, oltre 24mila denunce in un solo anno; per i tentati omicidi tre province del Sud sono nei primi quattro posti (Crotone, Foggia, Bat) anche se poi in vetta c’è Trieste; per quanto riguarda le violenze sessuali, al primo posto c’è ancora Trieste (25 ogni 100mila abitanti), che precede Bologna, Imperia, Rimini e Belluno. La “capitale” dei furti è Milano (2.943 ogni 100mila abitanti), seguono Rimini, Roma, Bologna, Torino e Firenze, “solo” settimana Napoli. Mentre per i furti con strappo Napoli è in vetta (57 ogni 100mila residenti) e precede ancora Milano e poi Rimini e Torino.
A Milano torna il primato nella graduatoria dei reati per furti con destrezza (666 ogni 100mila residenti), Rimini è al secondo posto e anticipa Roma, Torino e Bologna. Il maggior numero di furti di moto si consuma a Trapani, seconda Livorno, terza Napoli. È in Puglia che si registra la razzia di auto: al primo posto per numero di furti c’è la provincia Bat (727 ogni 100mila residenti), segue Foggia, al terzo posto Napoli e al quarto Bari. I negozi più tartassati sono quelli milanesi: sono 223 i furti negli esercizi commerciali ogni 100mila abitanti, al secondo posto Parma, poi Bologna, Rimini e Imperia.
Ultime due tipologie di reati: per i furti in abitazione ai primi tre posti ci sono Ravenna, prima, Pavia e Pisa; il maggior numero di rapine, infine, è concentrato a Rimini, al secondo posto ancora Milano, terza Napoli. Se si passa ai reati più di matrice mafiosa, come estorsioni e usura, ai primi posti figurano province del Sud: per l’usura Ragusa è prima, seguono Chieti, Bari, Caserta e Foggia. Per numero di estorsioni, il primo posto va a Biella, ma poi ci sono Vibo Valentia e Trapani. Va ricordato che i dati del Viminale, per ovvi motivi, si riferiscono ai reati denunciati e che, nella maggior parte dei casi, questo numero corrisponde a grandi linee a quello dei reati realmente commessi. È bene tenere in conto però che c’è sempre un numero di reati minori che non vengono denunciati e quindi non risultano, rendendo le statistiche un po’ meno precise.
Come detto, a Milano va il primato della provincia in Italia in cui nel 2021 sono stati denunciati più reati: 193.749. È prima anche se si conta il numero di denunce di reato in rapporto alla popolazione: 5.985,3 ogni 100mila abitanti. Al secondo posto c’è Rimini, con 5.502,3 reati denunciati ogni 100mila abitanti e la terza è Torino con 5.057,1. Negli ultimi mesi Milano è stata al centro di diverse polemiche proprio per via della questione “sicurezza”, soprattutto quella percepita dai cittadini. E’ indubbio che nel Milanese la presenza di baby gang, soprattutto straniere, fa alzare il livello di allerta. Cosi come ci sono città “insospettabili”, come Trieste, che invece soffrono la presenza di microcriminalità. E non solo quella, a dire il vero. Basti pensare che nell’ultima relazione semestrale della Dia è scattato l’allarme anche per Trento, il cui “tessuto economico – si legge – non è immune a forme di ingerenza da parte delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, sebbene perpetrate con modalità di penetrazione sociale e forme di controllo del territorio meno evidenti di quelle che hanno afflitto nel tempo altre realtà della Penisola”.
E invece “al di fuori delle aree d’origine e in contesti territoriali particolarmente floridi come quello del Trentino, le mafie sono pronte a cogliere sempre nuove opportunità di business utili a riciclare e reinvestire i loro capitali illeciti. Anche Bolzano, importante polo industriale e centro del settore terziario, suscita da sempre l’interesse per quelle formazioni criminali maggiormente attive a insinuarsi nei settori economico-finanziari, mediante il controllo degli appalti e la commissione di truffe finalizzate all’indebita percezione dei contributi pubblici”, ribadisce la Dia. Insomma, non ci sono isole felici. D’altronde, le mafie seguono la scia del denaro e, come sottolineato sempre dalla Dia, sono capaci meglio di altri “di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale”. Vecchi e nuovi business in cui la malavita sembra avere sempre le antenne “dritte” ad intercettare nuove frontiere da sfruttare per le attività illecite. Dal documento della Direzione investigativa emerge, inoltre, che le cosche fanno sempre meno ricorso alla violenza per puntare agli affari e investimenti, soprattutto in aree del Paese dove c’è una “forte sofferenza economica”. “Si tratta di un modus operandi dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari, ovvero Recovery Fund e Pnrr”.
In Lombardia, dopo le difficoltà dovute alla pandemia, “in questa fase di ripresa economica, la soglia di attenzione è particolarmente elevata sul rischio di accaparramento, da parte delle organizzazioni criminali, di fondi pubblici stanziati dapprima per l’emergenza sanitaria e per le ristrutturazioni edilizie e, in prospettiva, per il perfezionamento del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”, avvertono gli inquirenti.
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