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L’escalation degli scontri interni in Fratelli d’Italia: sul Mic troppe faide; Meloni difende Giuli ma resta isolata. La resa dei conti dopo il voto in Liguria


Tutto fermo in attesa di domenica sera e della puntata di Report che pure viene distillata come una goccia sulla roccia dai social della trasmissione. Giorgia Meloni ieri era a Genova con gli altri leader del centrodestra per tirare la volata al candidato presidente Bucci che ha regalato una battuta per sdrammatizzare: «Domenica vota Bucci così non senti Ranucci».
L’intervento della premier è stato soprattutto la solita rivendicazione del suo buon governo, dall’economia all’immigrazione fino alla politica estera. Trenta minuti segnati dalla rabbia e dal rancore, attacchi ai giudici (ha letto tutta la mail del magistrato Patarnello) e alla sinistra che ha elargito milioni di euro per film con 128 spettattori, ai 5 Stelle che hanno «dilapidato le risorse del Paese e ora ci danno lezione» e «osano chiedere procedure di infrazione con l’Italia e il protocollo Albania».
Una volta di più (ma questa volta è anche legittimo, trattandosi del comizio finale della campagna elettorale), la premier di tutti ha ceduto il posto alla leader della coalizione e alla frontwoman di Fratelli d’Italia.

Nei circa trenta minuti di intervento, solo una veloce citazione del caso Giuli: «A sinistra ce l’hanno con lui per l’apocalittismo difensivo, perché in realtà se lo erano inventati loro». L’apocalittismo difensivo è una delle iperbole/metafore lessicali con cui il ministro ha accompagnato finora la sua azione di governo. Sono degne di citazione anche la «luce meridiana», la «creatività dell’acqua» e «il pensiero solare». E molte altre ancora che stanno alimentato un genere letterario: il Giuli-pensiero.
Ma per quanto la premier si stia sforzando di scaricare fuori di casa il problema Giuli, classificandolo come il solito tentativo della sinistra di boicottare il suo piano di governo, il caso Giuli è tutta roba di casa Fratelli d’Italia.

REPORT SVELA IL NUOVO CASO BOCCIA

Dalla nuova pillola rilasciata ieri è chiaro che il core business della puntata di Report saranno metodi, scelte e protagonisti del ministero della Cultura. È chiaro che questo ministero, a cui la premier ha affidato il ruolo chiave e delicato di costruire una nuova egemonia culturale della destra, sta fallendo la sua mission e sta diventando il punto debole della catena. E questa è una spina nel fianco assai dolorosa per la premier, perché interpella la capacità del suo partito di selezionare la famosa classe dirigente.

Report ieri ha svelato chi è il nuovo “caso Boccia” inteso sotto il punto di vista del consulente a cui è stato sottratto l’incarico e il lavoro. Si tratta dello storico dell’arte Alberto Dambruoso. «Il mio caso è identico a quello della Boccia… anche se io – ha scherzato – ovviamente non ho avuto alcun tipo di relazione con il ministro Sangiuliano. Mi era stato detto di occuparmi della mostra sul futurismo, l’ho fatto, ma dopo un anno e mezzo mi hanno comunicato che dovevo fare un passo indietro perché erano arrivate voci irriguardose al ministero nei miei riguardi e che non avevo avuto alcun incarico formale».

Dambruoso è docente di storia dell’arte all’Accademia delle belle arti di Frosinone. Sangiuliano gli affida la co-curatela della mostra sul futurismo, anche se fino a quel momento non ha mai avuto rapporti con lui. All’improvviso costi e scelte artistiche non vanno giù a Sangiuliano. Il ministro nomina quindi un comitato organizzatore di cui fanno parte il direttore dei musei, Massimo Osanna, la direttrice della galleria nazionale, Cristina Mazzantini, e il presidente del Maxxi, Alessandro Giuli. Il comitato organizzatore di fatto commissaria curatore e co-curatore e taglia le opere da 650 a 350.

L’ANTAGONISTA MOLLICONE

Che c’entra questo con Fratelli d’Italia e il caso Giuli-Spano? C’entra, perché tra gli intervistati da Report c’è proprio Federico Mollicone, presidente della commissione cultura della Camera e, in buona compagnia (Fazzolari, Rauti, Cirielli solo per dire i più pesanti), tra i più contrari alla nomina di Giuli al ministero come successore di Sangiuliano.

È stato Mollicone, l’altro giorno protagonista di uno scontro verbale alla Camera con Antonella Giuli, giornalista dell’ufficio stampa della Camera, a postare la sua intervista a Report. «Nessun incontro con Mazzantini (direttrice della Gnam) e Merlino (capo della segreteria tecnica del Mic) per parlare della mostra sul Futurismo insieme al gallerista Russo».
Due domande: da quanto tempo Mollicone sapeva che Report stava cucinando una puntata sul Mic? È intervenuto in qualche modo nella decisione di far fuori Dambruoso e coinvolgere altri? Ha deciso il taglio delle opere da esporre?

VERSO LA RESA DEI CONTI

Come che sia – e lo capiremo meglio domenica – il ministero della Cultura è un luogo di appetiti e scelte di cui probabilmente la premier non è al corrente, ma che danno la misura delle faide dentro e fuori il partito di maggioranza per posizioni di potere e di soldi.
Difficile dire se passa anche da questo la costruzione di una nuova classe dirigente. Di sicuro adesso la tenuta del governo balla sul Mic e sui suoi destini.
Ieri il ministro Giuli doveva incontrare i sindacati dei lavoratori del ministero, da agosto preoccupati per come vengono gestite le cose dentro il ministero stesso. Che certo non può essere una bottega privata dove si cerca di forgiare una classe dirigente e un comune sentire a propria immagine e somiglianza. Giuli, però, non si è presentato. «Ci hanno parlato di sopraggiunti impegni istituzionali» fanno sapere gli stessi organismi dei lavoratori. Che aggiungono: «Con grande rammarico, e vista la situazione complessiva del ministero, speriamo di poter incontrare quanto prima il ministro».

Giuli non si è fatto sentire per tutto il giorno. Giovedì mattina ha parlato al telefono con la premier. Ha cercato di tranquillizzare: «Nessun caso Giuli». Ma sa bene che un pezzo di partito non lo vuole alla guida del ministero. Lui ha detto chiaramente al sottosegretario Mantovano: «Io resto se sono libero di agire e impostare il lavoro come credo». Oltre ad avere preteso la testa del suo capo di gabinetto Spano, avvocato, gay, insediato da appena dieci giorni, un pezzo di Fratelli d’Italia adesso vorrebbe decidere chi sarà il prossimo capo di gabinetto. Si parla di due avvocatesse, entrambi mogli di nomi pesanti del partito, entrambi assai gradite a Fazzolari. Ma non a Meloni; E neppure a Giuli.
La partita è tutta interna. Il regolamento di conti anche. Tocca aspettare domenica. E questo non piace alla premier.


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