Gaza si conferma come la regione più pericolosa al mondo, con oltre 145 giornalisti uccisi dall’esercito israeliano dall’ottobre 2023
5 minuti per la letturaLibertà di stampa. I giornalisti sono sempre più sotto attacco: sono in aumento omicidi e querele temerarie
Il 2024 registra un aumento drammatico degli attacchi contro i giornalisti, con un incremento del 7% nel numero di incarcerazioni a livello globale e 54 reporter uccisi, di cui quattro in Africa. A denunciarlo è Reporter senza frontiere (Rsf) nel bilancio annuale, che copre il periodo dal 1° gennaio al 1° dicembre. Gaza si conferma come la regione più pericolosa al mondo, con oltre 145 giornalisti uccisi dall’esercito israeliano dall’ottobre 2023. Almeno 35 di loro deliberatamente colpiti o uccisi a causa del loro lavoro.
“I giornalisti non scompaiono, vengono eliminati; non sono in prigione, ma incarcerati da regimi oppressivi; non muoiono per caso, ma vengono assassinati. Questi atti di violenza, orchestrati da governi o gruppi armati, violano il diritto internazionale e rimangono troppo spesso impuniti”, ha dichiarato Thibaut Bruttin, direttore generale di Rsf, presentando il rapporto. “È nostro dovere continuare a contare, denunciare e indagare affinché venga fatta giustizia. Proteggere chi ci informa significa proteggere la verità stessa.”
Più della metà dei giornalisti uccisi nel 2024 (57,4%) ha perso la vita in aree di conflitto come Medio Oriente, Ucraina, Sudan, Iraq e Birmania. La Palestina rimane l’area più pericolosa: Rsf riporta di 31 giornalisti uccisi solo a Gaza nel 2024, consolidando un tragico primato che dura da cinque anni.
In Asia, sette giornalisti assassinati in Pakistan, mentre in Bangladesh cinque reporter hanno perso la vita durante proteste di piazza. Africa, il Sudan ha registrato quattro vittime, tra cui il cameraman Hatem Maamoun, deceduto dopo un attacco a un campo a Jebeit. In Ciad, il giornalista Idriss Yaya freddato con la moglie e il figlio in un agguato legato alle sue indagini sui conflitti intercomunitari e sul traffico di armi.
Nel 2024, il numero di giornalisti incarcerati ha raggiunto quota 550, con un incremento significativo in Russia (+8) e Israele (+17). Cina, Birmania, Israele e Bielorussia si confermano come le prigioni più affollate per i giornalisti, detenendo complessivamente oltre la metà dei reporter imprigionati nel mondo. Secondo Rsf, l’incarcerazione è uno strumento repressivo ampiamente utilizzato per soffocare la libertà di stampa, soprattutto nell’ambito delle guerre in Ucraina e Gaza. Israele, in particolare, è diventato il terzo Paese al mondo per numero di giornalisti incarcerati dall’inizio della guerra a Gaza nell’ottobre 2023, con 41 reporter detenuti.
Nel 2024, Rsf registra 55 giornalisti presi in ostaggio. Il 70% dei quali in Siria, dove lo Stato Islamico continua a mantenere il controllo su molte delle loro sorti. Lo Yemen è l’unico Paese con nuovi sequestri quest’anno. Mentre il Mali si conferma scenario di rapimenti, come quello dei reporter di Radio Coton, avvenuto nel novembre 2023.
Le sparizioni forzate rappresentano un’altra piaga: 95 giornalisti risultano scomparsi in 34 Paesi, con il 45% delle sparizioni attribuite a rapimenti organizzati. Il Messico rimane il Paese con il maggior numero di sparizioni negli ultimi dieci anni. Nel 2024, nuovi casi sono stati segnalati in Burkina Faso, Nicaragua, Russia e Siria.
Nel panorama italiano del 2024, l’attività giornalistica si confronta invece con cambiamenti normativi e protocolli locali che riflettono un’attenzione crescente verso la regolamentazione dell’informazione, spesso a scapito della trasparenza e della libertà di stampa.
La cosiddetta “legge bavaglio” nata come tutela della privacy può diventare un ostacolo serio all’informazione. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri, che vieta la pubblicazione delle ordinanze cautelari fino al termine delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, solleva interrogativi su quale sia il reale equilibrio tra tutela della privacy e diritto all’informazione.
Da un lato, questa misura risponde alla necessità di evitare processi mediatici che, in passato, hanno influito negativamente sulla percezione pubblica di vicende giudiziarie, talvolta ledendo il principio di presunzione d’innocenza. Dall’altro, però, rappresenta una limitazione potenzialmente pericolosa per il giornalismo investigativo e per il ruolo dei media nel controllo democratico. La Federazione Nazionale della Stampa e diverse organizzazioni per i diritti civili hanno definito il provvedimento una “legge bavaglio”, mettendo in guardia contro il rischio di ridurre la possibilità per i cittadini di accedere a informazioni rilevanti su temi di interesse pubblico.
Le regioni italiane con il maggior numero di episodi intimidatori verso giornalisti sono il Lazio, la Lombardia, la Campania, la Calabria e la Toscana, che insieme rappresentano il 68% del totale nazionale. In particolare, il Lazio e la Lombardia, sedi di numerose testate giornalistiche e centri nevralgici dell’informazione, registrano il numero più elevato di minacce ai danni dei professionisti dei media. Al Sud il giornalismo è spesso una professione più esposta a rischi personali. Secondo l’Osservatorio Balcani e Caucaso, il 70% delle querele temerarie registrate in Italia nel 2024 ha colpito giornalisti del Mezzogiorno, molti dei quali lavorano in condizioni precarie e senza il sostegno di grandi redazioni.
Mentre al Nord prevalgono percorsi accademici e un inserimento professionale più regolato, al Sud molti giornalisti devono costruire la propria carriera da freelance, spesso autofinanziandosi. Eppure, è proprio in queste terre che emergono le storie più coraggiose e autentiche, portando alla luce vicende che altrimenti resterebbero sommerse. Il giornalismo del Sud, quindi, si configura non solo come una professione, ma come un atto di resistenza civile.
Secondo il rapporto CASE (Coalition Against SLAPPs in Europe) presentato il 9 dicembre 2024, l’Italia ha registrato nel 2023 il maggior numero di querele temerarie in Europa, con 26 casi su un totale di 166 rilevati in 41 Stati membri dell’UE e Paesi candidati. I giornalisti e i reporter risultano i principali bersagli di queste azioni legali, seguiti da testate mediatiche e attivisti. Nel 2023, le querele temerarie promosse principalmente da imprenditori (oltre il 45% dei casi) e politici (oltre il 35%).
Mai come oggi l’informazione è sotto attacco in Italia e nel mondo. La lotta per la libertà di stampa, però, non può fermarsi. Denunciare questi crimini non significa solo tutelare i giornalisti, ma anche difendere il diritto di ogni cittadino a essere informato.
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