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Fabio Panetta, governatore Banca d'Italia

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Il Sud è la scommessa di Bankitalia per la crescita del Paese. Panetta: «Non servono misure assistenziali ma politiche di sviluppo».


“Il Mezzogiorno è la nostra scommessa per la crescita dell’Italia”, la possibilità di vincerla dipende tanto nel “divario in termini di reddito e di consumi” – che affligge i 20 milioni di cittadini che vi risiedono – “che è un’occasione anche per chi da altre regioni può venire qui ad investire”, quanto dalle “nuove opportunità” che gli shock geopolitici degli ultimi anni offrono al territorio. Ma anche dalla qualità di un tessuto economico che “ha saputo reagire alla durissima recessione provocata dalla crisi dei debiti sovrani” e dai progressi realizzati in molti settori. C’è ancora tanto da fare per recuperare “un divario che dura da oltre 150 anni”. Non servono “misure assistenziali o redistributive, ma politiche volte a stimolare lo sviluppo delle regioni meridionali”, ovvero bisogna spingere sulle riforme e gli investimenti.

E’ questa, in estrema sintesi, la ricetta per il Sud del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. E’ nero su bianco nell’intervento che già nel titolo racconta di una “riscossa” – “Eppur si muove: l’economia del Mezzogiorno dopo la crisi” –, pronunciato nel corso di un evento a Catania moderato da Roberto Napoletano, ex direttore del Quotidiano del Sud – l’Altra voce per l’Italia, ora alla guida del Mattino.
Panetta declina i numeri che mettono a fuoco le difficoltà che ancora segnano il Meridione, e che pesano sia in termini di diritti di cittadinanza negati e opportunità mancate per le imprese – con un costo anche per l’intero Paese – sia quelli che rilevano i risultati economici, e non solo, raggiunti.

PUNTI DI DEBOLEZZA

Cominciamo dai primi. Il Pil nelle regioni meridionali è poco più della metà di quello del Centro Nord: “Se aumentasse fino al 75% di quello del Centro Nord – con una convergenza analoga a quella osservata fra l’Est e l’Ovest della Germania – il nostro reddito pro capite supererebbe quello della Francia”, afferma il governatore. Inoltre, aggiunge, “un ambizioso ma non irraggiungibile innalzamento del tasso di occupazione ai livelli del Centro Nord abbatterebbe le diseguaglianze sia al Sud sia nell’intero Paese”. Insomma, la debolezza e le difficoltà del territorio e dei suoi cittadini “costano” anche al Nord. Tanto più se si considera che il Mezzogiorno rappresenta il principale mercato di sbocco del Centro Nord: per ogni euro investito al Sud, rileva il governatore in una nota della relazione, 40 centesimi diventano acquisti di beni e servizi nelle altre aree territoriali.

Inefficienze su giustizia, istruzione, infrastrutture

Su giustizia e istruzione si registrano ancora inefficienze – tra tempi doppi per i procedimenti civili e punteggi inferiori per gli studenti nei test Invalsi rispetto al Nord – pur se passi avanti sono stati fatti. Mentre la rete infrastrutturale fa ancora acqua da tutte le parti, e non si parla solo della rete idrica che perde oltre la metà dell’acqua prima di raggiungere l’utente finale, ma anche di quella stradale e ferroviaria che “comporta tempi particolarmente lunghi e limita l’accesso ai servizi portuali e aeroportuali”. L’accesso alla banda larga, poi, “è spesso insufficiente”. Il fatto che le regioni meridionali, con un terzo della popolazione italiana, generino solo un quinto del Pil e un decimo della manifattura misura la fragilità del tessuto produttivo.
Se a questo si aggiunge “l’enorme crollo” degli investimenti pubblici che tra il 2007 e il 2019 ha contribuito a una contrazione del Pil di 10 punti, contro i 2 del resto del Paese, appaiono sorprendenti – e spiegano il titolo scelto dal governatore – i risultati “migliori di quelli dell’intera economia italiana” raggiunti nel post Covid.

LA RIPRESA

Tra il 2019 e il 2023 il prodotto è aumentato del 3,7%, contro il 3,3 nelle altre regioni, le esportazioni sono cresciute del 13%, 4 punti in più del Centro Nord. L’occupazione è salita del 3,5%, a fronte dell’1,5 nel resto del Paese. Il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali. “Secondo i nostri indicatori congiunturali – anticipa il numero uno di Palazzo Koch – l’espansione dell’economia meridionale sarebbe proseguita nel primo semestre di quest’anno”.

“Il miglioramento della capacità competitiva dell’economia meridionale”

Cosa c’è dietro questi numeri? La crescita, spiega il governatore, si deve in parte agli interventi messi in campo dal governo nazionale ed europeo di fronte agli shock globali. L’incremento degli investimenti pubblici, il sostegno alle famiglie più deboli, il boom delle costruzioni con il superbonus e gli investimenti del Pnrr hanno avuto un forte impatto sul Mezzogiorno. La recessione ha portato all’espulsione dal mercato delle imprese meno efficienti e più piccole, determinando un processo di ristrutturazione e consolidamento produttivo che ha contribuito alla ripresa. A questo si aggiungono i progressi compiuti oltre che nei settori tradizionali (automotive, agroalimentare, turismo) anche sul fronte della tecnologia, basti pensare alla produzione di semiconduttori e microsistemi nell’area di Catania o alle attività in campo aerospaziale in Campania e Puglia. Passi avanti anche nei servizi pubblici.
“Sono indizi, non prove, di un possibile miglioramento della capacità competitiva dell’economia meridionale” che, sostiene Panetta, “denotano l’esistenza di un potenziale di sviluppo del Mezzogiorno che può essere liberato con politiche appropriate”. “Bisogna dare continuità alla ripresa economica meridionale, sostenendo e rafforzando queste tendenze”, è l’indicazione al “manovratore”.

La chiave di volta: gli investimenti pubblici

Gli investimenti pubblici sono la chiave di volta. Le risorse ci sono e sono tante: tra Pnrr, nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali e Fondo di sviluppo e coesione “i finanziamenti disponibili nel decennio in corso – stima il governatore – sono pari al 5% del Pil annuale del Mezzogiorno”. Intanto bisogna mettere a terra in modo efficace e rapido il Pnrr, dice. E poi avverte: tra i due, “meglio privilegiare il primo e valutare la possibilità di concordare un allungamento dei tempi di realizzazione dei progetti”. Poi a braccio: “I progetti vanno fatti bene, altrimenti vedremo una fiammata e poi torneremo a fare i convegni sul perché il Sud non cresce”.
Le risorse vanno investite su tute le voci della lista delle criticità citate. Il superamento dei divari nella disponibilità di infrastrutture e nella qualità dei servizi “rimanga un obiettivo primario nell’agenda politica e a ciò corrispondano interventi concreti”, è l’auspicio.

Intanto il Sud ha ancora delle carte da giocare e a metterle sul tavolo è stata la sequela di shock geopolitici degli ultimi anni, “un contesto – sostiene il governatore – che offre nuove opportunità per il nostro Mezzogiorno”. L’instabilità che ne è derivata ha messo in luce i rischi della delocalizzazione, in termini di sicurezza degli investimenti e delle forniture di input strategici, come l’energia, spingendo molti imprenditori a tornare a produrre in patria o collocare gli impianti produttivi in paesi “affidabili”. Oltre all’appartenenza alla Ue e all’Unione monetaria, spiega Panetta, il Mezzogiorno può vantare la sua centralità nel Mediterraneo, dove transita un quinto del traffico mondiali, poli scientifici di qualità, un mercato di sbocco con 20 milioni di abitanti, e una produzione di energia rinnovabile passata dal 26 al 40% tra il 2007 e il 2022.

“Migliorare il contesto produttivo locale e la capacità di attrarre investimenti”

Per sfruttare appieno questo ‘pacchetto’, “bisogna migliorare il contesto produttivo locale e la capacità di attrarre investimenti”. Su quest’ultimo fronte la concorrenza è forte: “Molte aree si stanno attrezzando”, dice il governatore. La Zes unica del Mezzogiorno può contribuire allo scopo, ma “un contesto amministrativo semplice, un sistema di incentivi e un quadro regolamentare stabili e certi nel tempo” faranno differenza nell’orientare le scelte di localizzazione degli investitori.
Insomma, i presupposti ci sono, ma “il riassorbimento di divari territoriali così radicati richiede perseveranza e lungimiranza. Richiede inoltre un intervento articolato su numerosissimi fronti, indirizzato da una chiara visione strategica e ispirato a principi etici”, sostiene. E poi, usando le parole di Donato Menichella, governatore della Banca d’Italia e ideatore della Cassa per il Mezzogiorno, avverte: “Nessun strumento, per quanto ben concepito, può dare risultati utili se non è affidato a mani sapienti ed a coscienze rette”. La qualità della classe dirigente è parte della scommessa.


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