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L’effetto emulazione nella comunità immaginata. Le persone emulano le preferenze estetiche delle classi superiori per acquisire e mostrare capitale culturale. Utilizzando la moda come strumento di distinzione sociale e di scalata nella società


Accade spesso di osservare fenomeni di emulazione collettiva. Un processo che può avere esiti anche molto diversi fra loro. Da un lato può contribuire talvolta alla coesione sociale, dall’altro può mettere in luce dinamiche più complesse, prima fra tutte la conformità sociale. Accade, per esempio, quando i membri di una società o di un particolare gruppo cercano di imitare o emulare comportamenti, valori o modelli culturali comuni.

LA MODA NEGLI STUDI DI SIMMEL E DEL CALABRESE FAUSTO SQUILLACE

Uno degli esempi più classici – e che i sociologi non hanno naturalmente lasciato inesplorato – è certamente quello relativo alla moda. Uno dei primi sociologi a studiare la moda è stato Simmel, che ne ha analizzato il ruolo nel contesto della società moderna, ponendo enfasi sul fatto che sia un fenomeno di imitazione e differenziazione sociale, in cui gli individui cercano di distinguersi attraverso l’adozione di nuovi stili, che poi vengono imitati dalle masse. Simmel pubblicò prima un articolo per la rivista Die Zeit, nel 1895, e successivamente una versione ampliata dello stesso in un volumetto del 1905 dal titolo “Philosophie der Mode”. Qualche anno dopo, toccò ad un semisconosciuto sociologo di origini calabresi occuparsi di questo aspetto della vita sociale.

Nel 1912 fu infatti Fausto Squillace a pubblicare un volumetto dal titolo “La moda”, recentemente ripubblicato a distanza di oltre un secolo. Nato a Sondrio nel 1878 da genitori calabresi immigrati (e morto a Catanzaro nel 1920), alla professione di avvocato Fausto affianca anche una febbrile attività giornalistica, apprezzata anche all’estero grazie a diverse traduzioni dei suoi volumi. Studioso attento e versatile, Squillace ha certamente letto Simmel (oltre ad altri autori, fra i quali Spencer, Tarde e Ross che cita come uniche produzioni scientifiche sociologiche sulla moda), e dopo una panoramica etimologica sul termine “Moda” che spazia dal tedesco all’ebraico, dal francese al celtico, dal latino al basco, definisce la moda come  un fenomeno sociale di origine psico-collettiva di carattere estetico; è una forma d’arte, e più precisamente, d’arte decorativa applicata al corpo umano.

LA MODA INTESA COME FENOMENO DI EMULAZIONE NELLA COMUNITÀ

Ma ci sono stati altri interventi sociologici relativi alla moda, intesa come fenomeno emulativo. Abbiamo già ricordato Simmel, che sottolinea il carattere duale della moda come fenomeno di imitazione e differenziazione, spiegando come le persone seguano la moda per sentirsi parte di un gruppo (imitazione), ma allo stesso tempo cercano di distinguersi dagli altri (differenziazione). Per queste ragioni, la moda quindi permette agli individui di esprimere la propria individualità, pur conformandosi a certe norme sociali.
Nel suo concetto di “consumo vistoso”, invece, Veblen ha descritto come le persone usino la moda per dimostrare la propria ricchezza e il proprio status sociale, emulando le classi superiori proprio adottando i loro stili di abbigliamento, per cercare di mostrare la propria posizione elevata nella gerarchia sociale.

Dal canto suo, Bourdieu ha analizzato come la moda e il gusto siano legati al capitale culturale. Nelle sue analisi, le persone emulano le preferenze estetiche delle classi superiori per acquisire e mostrare capitale culturale, utilizzando la moda come strumento di distinzione sociale. Sebbene meno noto per i suoi studi sulla moda, il già ricordato Tarde ha invece sviluppato una teoria dell’imitazione che può essere applicata anche al contesto della moda. Egli ha sostenuto che i comportamenti e le innovazioni si diffondono nella società proprio attraverso processi di imitazione.

L’EMULAZIONE COLLETTIVA SECONDO LE TESI DEI SOCIOLOGI

Quello di emulazione collettiva è stato in ogni caso un concetto affrontato da diversi sociologi nel contesto delle dinamiche sociali e culturali, considerata in questo contesto spesso alla stregua della tendenza di un gruppo o di una società a imitare e adottare determinati elementi culturali, come stili artistici, modelli di comportamento, espressioni artistiche o tendenze di pensiero. Hoggart e Hall, ad esempio, sono noti per i loro contributi nella teoria culturale e nei Cultural Studies. Essi hanno esaminato come le culture popolari influenzano e sono influenzate dalla società. In questo contesto, l’emulazione collettiva può essere considerata nel modo in cui le persone adottano e reinterpretano elementi culturali mainstream.

E se Bourdieu ha contribuito significativamente al campo culturale attraverso la sua teoria del capitale culturale, esaminando come le persone tentino di emulare i comportamenti culturalmente considerati prestigiosi per ottenere riconoscimento sociale, Raymond Williams, altro importante teorico culturale che ha studiato la relazione tra cultura e società, ha invece esaminato come le pratiche culturali vengano condivise e adottate all’interno di gruppi sociali, sottolineando l’importanza delle pratiche culturali quotidiane nell’esperienza collettiva. Benedict Anderson, invece, suo lavoro sulla “comunità immaginata”, ha esplorato il concetto di nazione come una costruzione immaginata. In questa prospettiva, la sua analisi può essere considerata una forma di emulazione collettiva in quanto le persone adottano e partecipano a determinate narrazioni culturali e identità nazionali condivise.

L’EMULAZIONE COLLETTIVA NELLA COMUNITÀ IN CAMPO CULTURALE

L’emulazione collettiva in campo culturale, in ultima analisi, può essere vista come un processo dinamico in cui le persone contribuiscono alla costruzione e alla trasformazione della cultura attraverso la partecipazione attiva e l’adozione di elementi culturali condivisi. Discorso, questo, molto interessante anche alla luce della ripresa dei concetti legati ai nazionalismi, che purtroppo se esacerbati possono trasformarsi in violenti scontri fra popolazioni differenti. Il concetto fondamentale di Anderson è che le nazioni sono costruzioni sociali e culturali, create attraverso l’immaginazione collettiva.

La “comunità immaginata” rappresenta una comunità che va oltre le interazioni faccia a faccia e che coinvolge milioni di persone, anche se la maggior parte di esse non si conosce personalmente. Questo senso di appartenenza è basato sull’idea condivisa di far parte di uno stesso gruppo nazionale. Anderson sottolinea l’importanza della lingua comune e della stampa nella formazione delle nazioni. Una lingua condivisa facilita la comunicazione e la creazione di un’identità nazionale. La stampa, in particolare l’introduzione di giornali e libri stampati, ha permesso la diffusione di notizie e di una cultura condivisa, contribuendo così a unificare le persone all’interno di un dato territorio.

Anderson introduce il concetto di “tempo omogeneo e spazio vuoto” come una caratteristica delle nazioni. Le nazioni sono spesso associate a un concetto di tempo condiviso, come ad esempio la storia nazionale, e a uno spazio vuoto che unifica le persone all’interno di confini geografici specifici. Anderson suggerisce che le nazioni e il nazionalismo hanno preso il posto delle comunità basate sulla religione o sulla classe sociale. Mentre le comunità religiose o di classe possono essere limitate a specifiche fedi o status socioeconomici, la comunità nazionale può coinvolgere individui con retroterra diversi sotto un’unica identità condivisa.

L’USO DI SIMBOLI NAZIONALI

L’uso di simboli nazionali, come bandiere, inni e altri emblemi, è un elemento chiave nel processo di formazione dei nazionalismi: questi simboli contribuiscono a creare un senso di appartenenza e solidarietà tra i membri della nazione, così come i rituali nazionali, le celebrazioni di eventi storici o festività nazionali, sono anche importanti per consolidare l’identità nazionale.
La storia ci insegna che il nazionalismo può manifestarsi in una varietà di contesti politici e culturali, e la sua interpretazione può variare notevolmente. In generale, i nazionalisti tendono a sottolineare l’importanza della sovranità nazionale, dell’identità culturale e della coesione sociale. Nelle situazioni estreme, come purtroppo si è già visto, questo può sfociare in forme di nazionalismo estremista o xenofobo.

Dal punto di vista dell’emulazione, va ricordato che spesso gioca un ruolo chiave nella formazione della leadership carismatica. I politici carismatici possono ispirare e influenzare gli altri attraverso la loro personalità, il carisma e la capacità di comunicazione; così, altri politici possono cercare di emulare queste caratteristiche per guadagnare popolarità e supporto. Inoltre, anche la retorica politica può essere soggetta all’emulazione. Se un politico o un movimento ha successo nel comunicare efficacemente con il pubblico attraverso discorsi persuasivi, altri potrebbero cercare di emulare lo stile o gli elementi di quei discorsi per raggiungere un impatto simile. Gli elettori stessi possono essere influenzati dall’emulazione. Vedendo altri membri della comunità o dello stesso gruppo sociale sostenere un particolare candidato o partito, alcuni individui potrebbero emulare quel comportamento per conformarsi alle aspettative del gruppo.

L’EFFETTO EMULAZIONE NELLA COMUNITÀ

In definitiva, l’emulazione nel contesto politico è un fenomeno complesso che può influenzare profondamente le dinamiche politiche e sociali. Spesso, si può commettere l’errore di considerare l’emulazione alla stregua del conformismo. Si tratta, invece, di due approcci diversi da molteplici punti di vista, per cui conviene considerarli in maniera distinta, perché l’emulazione si riferisce al desiderio di imitare o seguire il comportamento, le azioni o gli esempi di altri, spesso con l’intento di ottenere successo, riconoscimento o benefici; l’emulazione può derivare da un desiderio di apprendimento, miglioramento personale o aspirazione a modelli positivi. Le persone che emulano, insomma, spesso vedono gli altri come fonti di ispirazione.

Il conformismo si riferisce, invece, al comportamento o all’adesione alle norme, valori o atteggiamenti di un gruppo sociale, spesso senza una riflessione critica o una scelta individuale. In questa prospettiva, può derivare dalla pressione sociale, dal bisogno di appartenenza o dalla paura dell’esclusione, facendo così da stimolo perché le persone che conformano possano adottare comportamenti solo perché sono in linea con la maggioranza, indipendentemente dal loro effettivo convincimento.


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