Chiesa rupestre di Santa Croce ai Lagnoni ad Andria
5 minuti per la letturaQuesti brevi suggerimenti nascono dalla necessità di fornire, in tempi il più possibile brevi, delle opportunità di lavoro ai tanti giovani, in gran parte laureati, spesso di ritorno nel Sud a causa della pandemia, perché trovino per lo meno ragioni di permanenza temporanea, suscettibile di sviluppi futuri.
Io credo che la grandissima maggioranza dei comuni meridionali ignorino i patrimoni pubblici che pure amministrano (terreni, edifici e vari beni immobili, monumenti artistici, acque interne, risorse naturali, dotazioni ambientali e di biodiversità) per i quali i giovani laureati in scienze agrarie, in economia, in architettura, in giurisprudenza, in ingegneria, materie umanistiche, ecc potrebbero in breve tempo essere chiamati a compiere una ampia operazione di ricognizione e di censimento di comprensibile utilità.
Pensiamo al lavoro per rendere noti i terreni potenzialmente disponibili ad uso agricolo. Naturalmente non tutti i comuni sono nelle stesse condizioni, ma assai spesso si tratta di fare emergere, soprattutto nelle campagne interne, tanto i fondi e i beni comunali, che quelli demaniali, gli usi civici, ma anche le terre private abbandonate. Ricordo che tale lavoro risulterebbe utile non solo ai fini propriamente agricoli, ma anche per individuare i siti, poco vocati all’agricoltura, o ad altro uso produttivo, in cui installare veri e propri centri di generazione di energia solare. Il territorio improduttivo ma che gode di prolungato irraggiamento, può essere utile anche a questo.
Una operazione simile andrebbe condotta inoltre, per conto dei comuni e in collaborazione con gli istituti competenti, nei tanti paesi, borghi, cittadine in vie di spopolamento per avere un quadro del patrimonio abitativo in abbandono, dei beni artistici e monumentali spesso dimenticati, del loro stato di conservazione, dei tanti lasciti spesso preziosi di conventi, palazzi padronali, fontane, cisterne, canali, ponti, briglie idrauliche, e non solo.
Moltissimi comuni del Sud avrebbero bisogno di conoscere lo stato dei loro suoli e corsi d’acqua di cui ci si ricorda quando esondano per qualche alluvione. Un tempo i grandi geografi italiani facevano il censimento delle frane dell’Appennino, oggi, con i tecnici comunali e provinciali che teoricamente dovrebbero sovraintendere alla loro sorveglianza, i giovani potrebbero offrire un di più di conoscenza diretta , per potere intervenire con piani preventivi di contenimento. È con le piccole opere diffuse e capillari che si evitano i grandi disastri.
Si parla sempre e con asfissiante monotonia di ambiente, ma pochi sanno di che cosa realmente parlano. Eppure l’ambiente meridionale presenta grandi problemi e straordinarie potenzialità. Qualche esempio per atterrare dalla nuvola “ambiente” alla realtà. I nostri boschi sono spesso in condizioni di grave degrado. In tanti casi la macchia selvatica li rende impraticabili e talora arriva ad ucciderli. Io ho visto personalmente Monte Reventino, in Sila, migliaia di alberi soffocati dalla vitalba, un elegante parassita infestante, che si estende in alte liane per via aerea e con radici sotterranee. In Aspromonte si possono scorgere vaste pinete con le chiome degli alberi letteralmente coperte da nidi di processionarie che li stanno uccidendo o li hanno già uccisi. Solo alcuni esempi per indicare un immenso patrimonio naturalistico in pericolo che potrebbe peraltro conoscere forme di valorizzazione economiche incredibilmente trascurate. Noi importiamo legname pregiato da opera (castagni, noci e ciliegi) e non riusciamo a coltivarne le essenze neanche in habitat vantaggiosi. Senza dire che in queste terre d’altura non si fanno allevamenti di volatili e di piccoli animali, realizzabili con poca spesa. Mentre le acque interne (torrenti, piccoli laghi, stagni) raramente danno luogo ad attività di acquacoltura.
Si parla spesso di biodiversità da tutelare. Sarebbe molto utile conoscerla e tanti giovani agronomi e laureati in scienze naturali potrebbero, ad esempio, essere impiegati, in cooperazione con gli esperti dei luoghi, a censire nei vari siti le erbe officinali di cui è ricca la flora meridionale. Erbe, oggi anche coltivate, che trovano impiego nella produzione di articoli di largo commercio, nell’alimentazione macrobiotica e nella cosmetica.
Analogo censimento meriterebbe tanto il patrimonio della biodiversità che della varietà agricola (alberi e piante da orto), ignorato, possiamo dire, dall’intera popolazione meridionale, mai educata a conoscere la propria straordinaria eredità, storica e naturale. Esistono in alcune regioni , come la Calabria, dei tesori di varietà delle piante da frutto, e anche di vitigni antichi, sopravvissuti alla fillossera, che sono custoditi nei vivai o dispersi nei fondi privati, e che non conoscono da oltre mezzo secolo alcuna valorizzazione agricola.
Naturalmente ci sarebbe anche altro da censire, nel loro stato attuale e nei loro bisogni di riparazione: dalle chiese rupestri, ai siti archeologici in abbandono, ai lidi marittimi colpiti da fenomeni di erosione, o gravemente inquinati da corsi d’acqua di cui si ignora l’origine. Ma di straordinario rilievo sarebbe anche indagare sui luoghi e presso le famiglie l’evasione scolastica dei ragazzi, talora il lavoro minorile dei nuovi poveri del Sud. Per il potenziamento della cultura al Sud, attraverso la costituzione di biblioteche popolari, e altri centri di formazione che cooperino con le scuole, occorrerebbe ovviamente una riflessione a parte. Qui si son voluti fare solo degli esempi e spetterebbe ai comuni, ai sindacati, agli stessi giovani, elaborare con impegno e creatività progetti capaci di soddisfare queste esigenze. Stimolare una nuova intelligenza pubblica dei beni comuni, naturali e storici, può aiutare molto, non solo a fornire nuova vitalità economica e sociale alle nostre aree interne, ma offrirebbe occupazione qualificata alle nuove generazioni. Tenendo sempre presente che di queste fanno parte, a pieno titolo, i migranti che fuggono da guerre, miseria e catastrofi climatiche.
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