Luisa Scambia
7 minuti per la letturaIngegnere, giovanissima (classe 1991), Luisa Scambia si trova a Londra dove si è trasferita nel 2015, dopo aver vinto una borsa di studio dell’Università La Sapienza per fare un master in Ingegneria ambientale e progettazione sostenibile alla University College London.
Come sono questi giorni londinesi che devono far di conto con il Covid-19?
«Inizialmente sembrava di stare in uno di quei film post-apocalittici. Abitando in pieno centro, l’effetto di desolazione iniziale era ulteriormente amplificato: strade normalmente stracolme, completamente vuote. Dal 9 marzo, lavoriamo da casa e, per chi conosce le case di Londra, parliamo di 40 metri quadri per due persone, ma ho cercato di apprezzare questo periodo un po’ più “lento”».
Da fine aprile Lei e Gianluca Proietti (collega ingegnere e futuro marito) avete collaborato con lo studio di allestimenti romano Linee Alterne Srl al progetto SunSafe (www.sunsafe.it) con l’ intento di trovare una soluzione per spiagge e aree di ristorazione all’aperto ai tempi del Coronavirus. Il progetto per cosa si caratterizza?
«L’obiettivo è stato quello di trovare una soluzione che coniugasse sicurezza ed estetica con le esigenze economiche dei gestori degli stabilimenti balneari. Il progetto si configura come un separé molto ampio installato perpendicolarmente al mare che definisce degli angoli adibiti agli utenti. Ogni postazione è quindi separata da quelle vicine su due lati, ma rimane aperta sul lato maggiore. Lo stesso concetto di accostamento ed apertura caratterizza SunSafe per ristoranti. Entrambi i progetti sono pensati per essere dinamici e avere una vita post covid».
Parallelamente state sviluppando un’applicazione per cellulare per facilitare il trasporto da/verso gli aeroporti italiani ed europei mettendo in contatto i passeggeri dello stesso volo… A che punto è questo lavoro e in cosa consiste?
«Si tratta di un’idea molto semplice fondata sui concetti di comunità e condivisione per generare valore sia per i viaggiatori sia per le attività locali di noleggio con conducente (Ncc). Questi vedranno infatti il loro bacino di utenza allargato ad altre fasce di reddito e, al contempo, l’ambiente beneficerà di una rieducazione del trasporto su gomma individuale. Attualmente stiamo creando una fitta rete di Ncc nelle varie città e siamo felicissimi perché, ad oggi, i riscontri sono estremamente positivi. Contiamo di lanciare l’App entro la fine dell’estate, quindi ancora non voglio rivelare troppo, ma come si suol dire a Londra: “stay tuned” (“rimanete sintonizzati”, ndr)».
Attualmente lavora da Foster+Partners, uno dei pochi studi di architettura ad avere all’interno un proprio team di sostenibilità ambientale. Qual è, a suo giudizio, un errore imperdonabile che l’uomo ha commesso nei confronti di madre Natura?
«Credo sia stato quello di non chiedersi se il modello di crescita proposto nei paesi sviluppati fosse sostenibile a lungo termine, dato il continuo incremento della popolazione e la conseguente scarsità delle risorse. Mi chiedo perché uno dovrebbe utilizzare in maniera inefficiente le risorse a sua disposizione. Onestamente però sono positiva: nel mio breve percorso, ho visto l’atteggiamento delle persone cambiare, sia personalmente che professionalmente, e capire che progettare rispettando l’ambiente non significa limitarsi, ma piuttosto trovare soluzioni progettuali più interessanti, diversificate e innovative».
Qual è oggi la città ideale?
«Fortunatamente sono tantissimi gli Stati e le città che si stanno adoperando per rendersi più sostenibili e sfruttare al meglio il proprio clima, progettando in maniera adeguata e generando energia pulita. Tra queste sicuramente figurano città del nord come Stoccolma, Oslo e Copenhagen che – anche grazie alla mobilità in bicicletta – hanno sensibilizzato la loro popolazione verso i temi della sostenibilità».
E come sarà la casa del futuro?
«Questo è uno dei miei temi preferiti! Anzitutto bisognerà rivedere sia i processi sia i materiali costruttivi in termini di carbonio impiegato nella produzione e nel trasporto, valutando la provenienza, il reimpiego, il riutilizzo e la rigenerazione con l’obiettivo ulteriore di minimizzare i rifiuti prodotti. La progettazione dovrà poi declinarsi in funzione del luogo per massimizzare l’efficienza passiva, attraverso l’isolamento termico, la massimizzazione della luce e della ventilazione naturale e l’utilizzo delle schermature solari. L’impiego della domotica sarà l’altro aspetto cardine per monitorare e ottimizzare i processi di utilizzo e produzione di energia, l’uso e il riutilizzo delle acque, la generazione e separazione dei rifiuti, le condizioni all’interno degli ambienti. È importante soprattutto incrementare la consapevolezza degli utenti rispetto alle risorse che utilizzano nella loro vita quotidiana. Tutto ciò pensato per interagire con la rete elettrica nazionale in maniera da regolare la domanda di energia in funzione dello stato di utilizzo della stessa, con la speranza che diventi sempre più “green” (dunque, prodotta da fonti rinnovabili, ndr). In Italia, spero che le nuove regole per l’ecobonus facilitino questa transizione».
Lei ha origini calabresi e anche per quest’estate ha confessato di non voler rinunciare al mare di Copanello (tra le perle del litorale catanzarese). Cosa sono per lei le radici?
«Le radici ci tengono saldi al terreno, consentendoci di estendere i nostri rami senza il rischio di cadere, credo sia essenziale averne. Copanello è la mia oasi felice: mare stupendo, cibo squisito, amici di una vita, famiglia e tempo, quel tempo leggermente più rarefatto che consente di rigenerarsi. In quasi 30 anni, non ho mai saltato un’estate calabrese e non ho alcuna intenzione di spezzare questa tradizione».
Tra i suoi antenati c’è un avo di non poco conto: Francesco La Cava medico e letterato nato a Careri, in provincia di Reggio Calabria nel 1876. A lui si deve – oltre a importanti studi sulla cura di alcune malattie tropicali come il “bottone d’Aleppo” – la scoperta del volto di Michelangelo Buonarroti nell’affresco del Giudizio Universale della Cappella Sistina a Roma. L’autoritratto michelangiolesco nella pelle di San Bartolomeo era sfuggito per quattro secoli all’osservazione di numerosi studiosi e artisti di tutto il mondo. La Cava, vincendo il riserbo sulla scoperta, lo rivelò in un libro: “Il volto di Michelangelo scoperto nel Giudizio Finale. Un dramma psicologico in un ritratto simbolico”, pubblicato dalla Zanichelli nel 1925. Da bambina le avranno raccontato questa storia… che ricordo ne ha?
«Un ricordo bellissimo: mia nonna Luisa mi raccontava del suo papà e di come l’avesse ispirata all’amore per l’arte, la scienza e la conoscenza in generale. Ricordo quando, in occasione di un anniversario della morte di Francesco La Cava, siamo andati insieme, con tutta la numerosissima famiglia – parliamo di quasi 90 persone tra adulti, giovani e bambini! – ai Musei vaticani».
Cosa le manca di più dell’Italia?
«La mozzarella! – dice in prima battuta, ridendo – Essendo andata in una scuola americana fin da piccola, sono sempre stata un’esterofila, ma ultimamente ha iniziato a mancarmi soprattutto quella che secondo me è l’essenza dell’Italia: la spontaneità degli italiani, la voglia di comunicare e la loro creatività che, posso dire con grande orgoglio, ci riconoscono tutti in tutto il mondo».
Qual è la prima cosa che farà quando rientrerà a Roma?
«Abbiamo tanti programmi e siamo emozionatissimi! Innanzitutto abbiamo deciso di aprire un nostro studio di progettazione che si discosti da quello tradizionale. L’idea è di creare uno spazio di coworking, un ambiente da condividere con altri colleghi, proponendo, oltre ai nostri servizi, iniziative per promuovere arte, tecnologia e informazione, creando quindi un centro dove clienti, studenti e ragazzi possano parlare e informarsi di sostenibilità e innovazione».
Per concludere, com’è la vita di un italiano nella Londra della Brexit?
«All’inizio pensavamo tutti che il primo referendum avrebbe bloccato l’idea sul nascere. Nella grande maggioranza dei casi i londinesi si professano solidali con il resto degli Europei e rimpiangono la decisione, ma ogni tanto capita di incontrare qualche sostenitore della Brexit che, in maniera abbastanza sfrontata, dichiara che così finalmente l’Inghilterra tornerà alle vecchie glorie. Nella vita quotidiana, invece, a oggi non è effettivamente cambiato nulla, tranne il calo della sterlina, almeno per chi come noi aveva già un lavoro. Con il Covid questo argomento sembra essere finito nel dimenticatoio. Così per quanto rimanga la preoccupazione sulla disponibilità e i costi di certi prodotti di importazione, sulla facilità di viaggiare e sulla perdita di lavoro/economia, attualmente non ci sono conseguenze reali sulla vita di un italiano che già si trovava a Londra prima della Brexit».
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