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Le bugie sono un po’ come le bolle di sapone. Siamo sempre lì a sperare che volino il più alto possibile, con la consapevolezza che prima o poi scoppieranno. Magari incontreranno qualche impedimento lungo il percorso, o semplicemente, dopo un po’, la verità vorrà venire a galla… Ad ogni modo, c’è bugia e bugia. Ce ne sono di piccole, di grandi e addirittura di gigantesche; ma la distinzione principale su cui tutti noi ci confrontiamo spesso è quella tra le nere e le bianche.

La bugia nera è, in assoluto, la più oscura e la più maligna. Con differenti toni di disprezzo viene appellata anche fandonia, falsità, balla, menzogna. Ha lo sguardo schivo e torbido e se la riconosci fa paura, perché lei è priva di scrupoli. Quando qualcuno la tira fuori dal taschino con fare minaccioso, probabilmente lo fa per ingannare e magari guadagnarci anche qualcosa (che altrimenti non avrebbe mai ottenuto).

La bugia nera non ha alibi o scusanti: tutti (o quasi) sono pronti a metterla alla forca, urlando a gran voce “Colpevole! Colpevole!”. E chi l’ha subita, in cuor suo si sente un po’ stupido per essersela bevuta, però anche vittima perchè proprio a lui poveretto doveva capitare… Il problema sorge soprattutto quando la bugia nera la fa franca, ossia quando la bolla di sapone scoppia ma nessuno se ne accorge. Il mendace si fa forte dei suoi risultati, si sente invincibile, mentre i sensi di colpa si allontanano per lasciare spazio a una tentazione impellente, cioè quella di continuare a osare, spingersi oltre. È come un prurito che parte timido e che a un certo punto diventa incontrollabile: il bugiardo si fa sempre più bugiardo, anzi doppiamente sempre più bugiardo, in quanto negherà incessantemente di aver fatto uso della bestia nera, anche davanti all’evidenza. 

C’è poi la bugia bianca, leggera come una farfalla, perché lei è sempre giustificata. “Lo faccio a fin di bene”, risponde spensierata svolazzando qua e là tutte le volte che viene interpellata. Quando si parla di lei tutti alzano le spalle, non sanno che dire, un po’ tra l’imbarazzo e l’omertà. In fin dei conti, lei è amica e complice di tutti, nessuno riesce a negare di averle chiesto qualche piccolo favore (anche perchè, chi ci provasse, sarebbe davvero additato come un bugiardo…).

A tutti noi è capitato di fare un complimento altisonante sul nuovo taglio dei capelli di una cara amica, su quell’età portata così bene da un vecchio compagno del liceo, su un disegno indecifrabile del nostro primogenito, sugli spaghetti al ketchup cucinati dagli amici americani. Complimenti spesso gratuiti e non veri, ma che strappano un sorriso a chi abbiamo di fronte. Accontentare, appagare, assecondare, compiacere, confortare, consolare, favorire, fraternizzare, incoraggiare, motivare, piacere, rasserenare, rassicurare, risollevare, simpatizzare, soddisfare… ogni scusa è buona per tirare in ballo una bugia bianca, che silenziosa risplende per il suo candore.

Poi, tra le nere e le bianche si nascondono le bugie a colori: gialle, rosse, azzurre, verdi e anche fucsia. Sono bugie intriganti e saltellanti, che balzano fuori in modo inaspettato dal cilindro delle persone più fantasiose. È questo un elemento importante delle bugie a colori: chiamarle in causa non porta di per sé nessun vantaggio, se non magari quello di attirare l’attenzione, impressionare una persona che ci mostra simpatia. Ma non è detto, in quanto a volte è proprio con gli sconosciuti che esse diventano ancora più sgargianti.

Attenzione però: raccontare di uno squalo di cinque metri visto a un palmo di naso durante un’immersione subacquea o di una rocambolesca performance sportiva durante il campionato di calcio sono in realtà passatempi da dilettanti… Le bugie a colori più bramate abitano infatti solo nelle menti dotate di una forte immaginazione e hanno la capacità di rendere qualsiasi banale accadimento una storia seducente. Sono i dettagli aggiunti (e inventati) che trasformano ogni aneddoto grigio in un’avventura, grazie alle pennellate di colore acceso che creano contrasti unici e inaspettati. Solitamente non c’è un fine preciso nel disegnare una bugia a colori, non esiste una malizia predeterminata o un retropensiero. Semplicemente, si lascia galoppare la creatività, scoprendo quanto possa essere attraente, per un narratore, osservare le pupille dilatate di chi è in ascolto con stupore.

Di per sé le bugie a colori sono innocue, sempre che le tinte forti non prendano il sopravvento stravolgendo tutto il disegno. I pittori esperti lo sanno: a volte una pennellata di troppo sulla tela può rovinare l’intero quadro. Il rischio principale è infatti che la fantasia, invadente e presuntuosa, tiri una gomitata alla realtà e la metta da parte. Il “fatto”, nudo e crudo, si troverebbe quindi sbattuto in un angolo, certo offeso per essere stato defenestrato in modo così improvviso e sfacciato. Questo perché, in certe persone, la tentazione di “romanzare ancora un po’” si fa sempre più ardita.

Sovrapponendo i colori senza un giusto equilibrio, quel racconto diventerà, ahimè, una grande, grossa e grassa bugia marrone o addirittura nera. Il consiglio più saggio non è però quello di riporre i colori e i pennelli in un cassetto, perché ognuno di noi ha bisogno di ritinteggiare ogni tanto la propria esistenza, soprattutto quando ciò che ci circonda inizia a sbiadire. Le bugie a colori fanno bene agli occhi e all’anima di chi le racconta e di chi le ascolta. Continuiamo quindi a colorare il grigio quotidiano, giocando in maniera sana con la fantasia e facendo attenzione a non esagerare con le pennellate (altrimenti nessuno ci prenderà più sul serio, neanche noi stessi).

Come ultimo accorgimento, è bene ricordare che, indistintamente, tutte le bugie, che siano nere, bianche o a colori, hanno una caratteristica comune: preferiscono scendere a patti con chi possiede una buona dose di memoria, certamente per evitare figuracce memorabili. Come dicevano gli antichi, “mendacem memorem esse oportet”.


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