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Ma la Calabria ha qualche speranza? Nonostante la ‘ndrangheta, una sanità regionale disastrata e commissariata, nonostante una classe politica clientelare e inconcludente da anni, in coda a tutte le classifiche per produzione e qualità della vita,

Giuseppe Smorto, una vita passata a Repubblica, prova a rovesciare qualche luogo comune. Lo fa da cronista, percorrendo in treno distanze tra le province che sembrano interminabili, incontrando persone che hanno avuto il coraggio di restare e giovani che hanno trovato la stessa forza per tornare.

A sud del sud, viaggio dentro la Calabria tra i diavoli e i resistenti, Zolfo editore (16 euro), ci consegna la fotografia di una terra che conserva una sua anima pur se violata da tante brutture, dove, però, fanno capolino delle eccezioni, dei punti luce: ci sono delle donne, degli uomini, dei giovani che possono rappresentare un minimo di tessuto sociale, di comunità, di futuro.

Il viaggio comincia dalla Locride in cui dalle rovine provocate dalla ‘ndrangheta un consorzio di 350 persone manda avanti Goel, in cui agricoltura, commercio e servizi sono possibili senza lavoro nero e caporalato.

La malavita abbatte 13 ulivi per intimidire? I soci di Goel ne ripiantano 26 con la festa della ripartenza. Analoga reazione se una bomba fa saltare per aria la saracinesca di un ristorante. Scatta la solidarietà, si riassemblano i cocci, i tavoli di quel locale non restano deserti.

Chi va via, come l’autore, a 19 anni anni, per studio e poi per lavoro, alimenta un singolare sentimento che non è nostalgia, ma piuttosto una indefinita voglia di tornare, di ripensare, di rivedere. Un senso di vuoto da colmare, una sorta di debito morale per una terra e della gente da cui provieni.

Uno stato d’animo reso ancora più struggente dalla bellezza dei luoghi e dalle violenze degli uomini che li hanno contaminati.

Il percorso di Giuseppe Smorto è venato da questo sentire, avviene a piedi o in treno che sulla Jonica procede lentamente (la linea non è ancora elettrificata): più di quattro ore da Reggio Calabria a Cariati nel cosentino, dove un ospedale è stato occupato perché riapra.

Le tappe non sono soltanto desolazione. C’è chi reagisce, chi tenta altre strade. Se a Gioia Tauro il porto riesce ad aumentare nel 2020, anno della pandemia, il suo movimento di container del 25% rispetto al 2019 o se a Crotone, ultima nelle classifiche tra le province italiane, il circolo velico, partendo da una baracca arriva ora ad ospitare quindicimila appassionati dal vento con un programma di inclusione sociale che coinvolge centinaia di ragazzi nelle scuole, qualcosa si muove.

Dietro non c’è una vaga voglia di sport ma anche attività di studio, in cui un ruolo centrale è svolto dall’università di Arcavacata a Cosenza, un centro di eccellenza nel campo dell’intelligenza artificiale. Tutto questo cancella le statistiche impietose che fanno della Calabria una costola secolare della questione meridionale? Assolutamente no.

L’autore non nasconde la realtà: l’analizza, non trascura i chiaro-scuri e fa parlare i fatti e le persone che in qualche modo possono cambiare le cose. Non c’è rassegnazione nelle 173 pagine del saggio che a tratti assume i toni del romanzo con le sue storie; piuttosto qualche segno di speranza.


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