Una sezione della ricostruzione al computer del prospetto della facciata di "Necesse"
5 minuti per la letturaL’infermiera in divisa lega la mascherina dietro la nuca, lo sguardo smarrito su quel che sta accadendo somiglia ad un punto interrogativo; un medico chiuso in uno scafandro da palombaro custodisce storie di resilienza, di vita e di morte; una rider assorta nei suoi pensieri pedala per le strade di una città vuota; una ragazza bionda porta cibo a chi non può comprarlo: il peso delle buste della spesa tra le mani rende ancora più incerti i suoi passi. Poco più là un bambino disegna una città al rovescio. Le case hanno finestre e balconi aperti che sembrano ballatoi dell’anima dove arriva l’eco di canti di resistenza; il capo chino di un vecchio racconta che la Storia può sempre sorprendere e tendere agguati e che la memoria a volte non basta a curare le paure che improvvisamente avvolgono un Paese. L’affresco è abitato anche da volontari, braccianti, barboni, lavoratori dei supermercati… È l’Italia del lockdown e loro sono i protagonisti della dolente comédie humaine – per dirla alla Balzac – di “Necesse” il nuovo progetto dello street artist SMOE (si firma così e in stampatello, ndr).
Si tratta di un’opera murale di 1.300 metri quadrati che sarà dipinta a mano con vernice spray e pennelli, in via Ludovico di Breme (Zona Certosa) a Milano, su una grande parete antistante il parco pubblico della strada. Il progetto nasce dalla collaborazione tra SMOE Studio e Comitato Petrarca, associazione milanese che negli ultimi anni si è occupata della valorizzazione dell’area del parco di via Ludovico di Breme. Per la realizzazione dell’opera, SMOE STUDIO utilizza Kickstarter, la piattaforma di raccolta fondi dedicata anche all’arte urbana.
Il titolo dell’opera ovviamente non è stato scelto a caso. La parola latina “necesse” tradotta in italiano significa “necessario, indispensabile, vitale”. Come a dire ora è necessario, indispensabile e vitale raccontare sui muri la tempesta da coronavirus; quella sensazione di vento violento che ha fatto sbattere le porte sulle nostre certezze, che ha capovolto l’ordine degli addendi della nostra quotidianità, che ha ridipinto l’affresco della nostra consolidata comédie humaine.
SMOE, la street-art può lasciare una traccia della Storia a quelli che verranno dopo, come accade con le opere d’arte e i grandi romanzi?
«Sì, è il mio obiettivo come artista. Però le opere murali possono avere vita più breve rispetto ad un romanzo. Io cerco di usare tutti i materiali necessari affinché la testimonianza di quello che creo duri nel tempo».
“Necesse” è popolata da visi e storie emerse durante i mesi di lockdown. In questi mesi c’è stato un incontro che ti ha sorpreso più di altri?
«Sono state tante le storie rimaste impresse in tutti noi. Penso a quelle legate al personale sanitario, ai braccianti nei campi e penso alla storia di un giovane laureato che lavorava come scaffalista in un supermercato la cui figura professionale, seppur impiegata in un lavoro di ripiego, è risultata necessaria e di prima importanza per il bene della comunità isolata in casa. Il mondo aveva ribaltato le sue priorità in quei due mesi di lockdown. Questo è quello che voglio raccontare con “Necesse”».
1.300 metri quadrati, dipinti a mano con vernice spray e pennelli, non sono cosa da poco. Quanto conta “la parete” e il luogo per uno street artist?
«Per uno street-artist tutta la città è una potenziale tela. Non ci sono limiti alla creatività. Però quando si tratta di progetti complessi come “Necesse” il luogo e la parete sono fondamentali perché si possono riqualificare intere aree, spesso periferiche, attraverso l’arte pubblica e gratuita».
Nel capoluogo lombardo, nel 2018, hai già portato avanti il progetto “Milano Città d’Acqua”. Un’opera di 70 mq su alcuni scorci della città quando all’inizio del 1900 era ancora ricca di percorsi fluviali che permettevano di raggiungere a bordo di un’imbarcazione persino Venezia. Quel disegno è stato realizzato su una piattaforma galleggiante, in quanto la parete prescelta sorge sull’acqua del Naviglio Grande (Via Lodovico Il Moro n.1). Sei più tornato a vederla?
«Certo, ricordo quel progetto con entusiasmo. È stato voluto e ideato insieme a Sergio Passetti, presidente di Canottieri San Cristoforo, con il quale condividiamo la stessa passione per la subacquea e l’apnea».
In Australia, invece, hai ritratto alcune specie animali endemiche su una superficie di circa 150 mq. Il lavoro per la clinica veterinaria “Johnston St Veterinary Clinic” ti ha visto collaborare con l’artista danese Welinoo. Cosa ti è rimasto di quella esperienza professionale?
«Ho realizzato il lavoro per la “Johnston St Veterinary Clinic” dopo appena due settimane dal mio arrivo a Melbourne. L’esperienza australiana è stata un susseguirsi di progetti e collaborazioni importanti tra cui la mia partecipazione al BSAF (Brisbane Street-Art Festival), la realizzazione dell’opera per il Melbourne City Council sul tema dell’eredità aborigena del Wurundjeri Council, i workshop con le comunità indigene nei territori del nord insieme all’artista australiano Mike-Makatron, la collaborazione con Everfresh studio e Vs Gallery dove ho realizzato un ritratto di Mimmo Lucano e Aboubakar Soumahoro, la mia mostra personale “MINDSCAPE”, più diverse mostre collettive a Melbourne insieme a molti altri street-artist rinomati nel panorama mondiale. Oggi lavoro con Arts-Eleven che è il mio management con il quale mantengo i rapporti per lavori futuri in Australia».
Chi è SMOE?
«SMOE è una delle mie tre personalità attraverso la quale esploro il mondo e l’essere umano, firmando con queste lettere le tele, i disegni e le opere murali di qualsiasi forma e dimensione».
E le altre due?
«Le altre due sono da scoprire… – ride e aggiunge – Diciamo che sono: Io, SMOE e lo scrittore… Mi piace molto anche scrivere».
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