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Ha festeggiato i suoi trent’anni con una sontuosa torta al cioccolato decorata con un peperoncino di pasta di zucchero. Gli ultimi mesi del 2019 dopo l’inaugurazione della stagione del teatro Politeama di Catanzaro, lo hanno visto a Praga dove si è esibito alla Smetana Hall con la sinfonia “Dal Nuovo mondo” di Dvorák; in Marocco dove ha portato il “suo” Fortissimo festival dirigendo l’orchestra del Conservatoire national de musique di Rabat; a Berlino per la registrazione di “Cavalleria Rusticana” di Mascagni con i Berliner Symphoniker e in Egitto. Nella capitale dell’Egitto, alla Cairo opera House ha diretto la Cairo Symphony orchestra. Nel programma di sala “Pagliacci” di Leoncavallo. Poi il ritorno in Calabria, dove vive, per le feste di Natale e Capodanno.
Lui è Filippo Arlia, direttore d’orchestra, fondatore dell’Orchestra Filarmonica della Calabria e ideatore del progetto Duettango. Col giovane direttore d’orchestra tra musica, fornelli e degustazioni di vini abbiamo “costruito”, uno specialissimo menù di Capodanno da proporre ai lettori di Mimì. La guida all’ascolto è dedicata a Ludwig van Beethoven, il resto è tutto da scoprire.
Arlia, perché Ludwig van Beethoven per questo speciale menù ideato per il cenone di San Silvestro?
«Il 2020 per tutti gli amanti della grande musica classica (e non solo) non sarà un anno qualunque, perché ricorre il 250° anniversario della nascita del più grande compositore di tutti i tempi, Ludwig van Beethoven. E allora, vediamo insieme come godere al meglio dei suoi scritti proprio durante il nostro cenone e prepararci così a un anno ricco della sua musica.
Il grande genio di Bonn ha composto brani molto eterogenei, e nel corso dei suoi 57 anni di vita il suo stile ha subito un’evoluzione assolutamente drastica, causata soprattutto dai grandi cambiamenti interiori: il giovane religioso e pieno di speranze che scriveva le prime Sonate è molto diverso dall’uomo illuminista che concludeva gli ultimi lavori sinfonici. D’altro canto, nel corso della sua vita intervenne il fattore della sordità a far sì che tutte le sue certezze venissero meno, paradossalmente a favore di un uomo sempre più certo dei suoi mezzi e incurante di ogni problematica. Perciò, anche il nostro menù di Capodanno dovrà avere un’evoluzione costante ma ricca di sapori forti e decisi».
Con cosa iniziamo?
«Con un antipasto a base di crudité di mare: gambero rosso di Mazara, tartare (rigorosamente battuta al coltello) di tonno rosso di Favignana, “allievi” (seppie di piccola taglia) della migliore tradizione barese e carpaccio di scorfano con una buona dose di bottarga di muggine. Per accompagnare questa magnifica entrée, un buon bicchiere di Metodo Classico Extra Brut e per gli ascolti la Sonata op. 31 n. 3 di Beethoven: una sonata giovanile e ricca di virtuosismi, con cui il pianista ci stupirà con le sue capacità funamboliche, ma anche dal carattere molto leggero e frizzante. Esattamente come il vino che stiamo bevendo».
Si prosegue col primo. Cosa propone?
«Paccheri alla carbonara di ricciola, per gli amanti dei sapori forti, rigorosamente cucinati con uova di Marans, la cosiddetta “gallina dalle uova d’oro”. Abbinare le uova con la ricciola è cosa ardua, ma lo sarà anche ascoltare una musica dal carattere sereno e soave composta da una mente inquieta e un animo carico di sofferenze. La scelta ricade sulla Sinfonia n. 6 “Pastorale”. Beethoven è stato spesso paragonato ad un “Prometeo” legato alla fredda rupe della sua sordità, ma nella Sesta sinfonia vuole dimostrare evidentemente che il suo carattere può avere mille sfaccettature e la sua musica può anche descrivere “paradisi bucolici”. A questo piatto abbiniamo un “Gewuztraminer” dal colore giallo paglierino carico».
Bene, viriamo sul secondo…
«A questo punto dobbiamo cambiare drasticamente i sapori e gli ascolti, perciò passeremo ad un secondo piatto diverso che possa “spezzare” in modo drastico tutto quello che abbiamo maturato fino ad ora. Abbandoniamo la classica tradizione dello zampone, del resto Beethoven ha scritto musica classica ma anche tremendamente innovativa ed attuale. A tavola è il momento della rubia gallega, la carne galiziana considerata dai critici di settore tra le migliori al mondo. Da gustare rigorosamente dopo una frollatura di almeno 60 giorni, la costata galiziana ha un sapore inimitabile ed è famosa soprattutto per il suo grasso giallo frutto di un’alimentazione che i bovini spagnoli fanno a base esclusiva di mais. Una cura attenta e certosina, insomma, come quella che le aziende venete riservano all’imbottigliamento dell’Amarone, un vino decisamente strutturato e dal colore rosso porpora che ben si lega con l’ascolto del Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 “Imperatore”. Siamo di fronte a un Beethoven ormai maturo, “carico di presagi” come lo definì Friedrich Schiller ma allo stesso tempo sicuro del suo destino e padrone della sua volontà: il Quinto concerto è la dimostrazione di come sotto la guida di certe note musicali si possa “prendere” la Bastiglia o “invadere” il Cremlino».
Non si può non chiudere col dolce…
«Esatto. È giunto il momento di concludere il nostro cenone con un dessert semplice ma degno di questo menù: “tiramisù scomposto”. Per rendere più gustoso il nostro dolce, lo accompagniamo con un bicchiere di malvasia. La malvasia è un’uva ormai piuttosto diffusa, ma da buon terrone ci tengo sempre a consigliare che sia delle Lipari. A chiudere in modo eccellente i nostri ascolti poi, non può mancare il capolavoro immortale del cigno tedesco, la “Nona Sinfonia”: senza aver ascoltato la Nona non si può vivere, perché dentro questa musica c’è essenza, c’è vita. Beethoven riesce ad esprimere la sua grandezza come mai aveva fatto prima usufruendo di coro, voci soliste e orchestra in un tripudio finale di suoni e colori. Buon 2020 beethoveniano a tutti i lettori!».
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