Il soprano Carly Paoli (foto di Marco Rossi)
5 minuti per la letturaTra l’Inghilterra e la Puglia s’incastona la storia di Carly Paoli: soprano, classe 1989. Lo sguardo azzurro che vira al verde e un’eleganza innata.
Carly è nata a Nottingham nel nord dell’Inghilterra da madre di origini italiane, pugliesi per l’esattezza, e padre inglese.
La bellezza, i suoni, gli odori, i paesaggi e i colori del Salento, lei non li ha mai dimenticati.
Un soprano con “due anime” la si potrebbe definire, a voler riprendere il titolo del suo ultimo lavoro discografico.
Quanto sono importanti per lei i luoghi, le radici, l’identità?
«Sono orgogliosissima delle mie radici. Sono loro, insieme all’esperienza, a formarci. Sono felice di essere cresciuta in Inghilterra, un luogo ricco di teatri, cultura, ma ho sempre trascorso le mie estati nel Salento con la mia famiglia. Quelle estati immersa nella bellezza della musica folk e classica italiana mi hanno reso l’artista che sono oggi».
C’è un suono che la riporta immediatamente in Puglia?
«La Puglia racchiude molte culture musicali. C’è la Pizzica che è la musica più rappresentativa, i gruppi folk che cantano le canzoni locali, ma quando chiudo gli occhi e ascolto certa musica penso anche a un suono latino americano/spagnolo, come la Baciata e la Salsa, balli che ho imparato in Puglia. Anche le colonne sonore del grande Ennio Morricone mi fanno subito pensare al Salento. Ho cantato le sue canzoni in posti meravigliosi in tutto il mondo, ma chiudo gli occhi ed eccomi in una piazza salentina a Ferragosto a cantarle».
È sempre in giro per il mondo ma c’è un sapore, un odore che la fanno sentire a casa: a Londra dove vive o a Otranto dove da bambina trascorreva le vacanze estive?
«Sicuramente il caffè! Ho bevuto i migliori caffè in Puglia, ogni volta che rientro a Londra, porto con me “Quarta Caffè”. Di solito sono la prima a svegliarmi : la casa tutta per me, con la mia tazza di caffè, pronta a scrivere nuovi testi musicali».
A metà mese girerà un video proprio in Puglia per accendere i riflettori con la musica e il canto sugli ulivi che stanno morendo. Ad accompagnare le immagini Mi mancherai, tema del film Il Postino con un indimenticabile e struggente Massimo Troisi…
«Mi mancherai è una canzone d’amore e di passione e racconta come sia doloroso dire addio alla persona che si ama. La mia storia d’amore con il Salento è eterna. Credo che il testo possa esprimere bene l’amore che noi tutti abbiamo per gli alberi di ulivo e quanto soffriremmo se non ci fossero più. Gli antichi uliveti sono fondamentali nel paesaggio pugliese, hanno dato lavoro e cibo alle persone».
Da venerdì, invece, sul mercato discografico anche Due anime, il suo nuovo lavoro discografico…
«È il mio terzo album e ho voluto celebrare le mie origini italiane. Ci sarà anche Your Love di Morricone, da C’era una volta in America. La mia traccia preferita è Canzoni di mia nonna , un vivace medley di canzoni italiane e americane che mi ha fatto conoscere mia nonna, che oggi non c’è più».
Lei è giovanissima ma si è già esibita alla Carnegie Hall di New York e alle Terme di Caracalla a Roma; ha cantato per il principe Carlo d’Inghilterra al Castello di Windsor e ha diviso la scena con Andrea Bocelli o Jose Carreras lavorando con direttori d’orchestra come Zubin Mehta… Ci vuole più talento, più fortuna o entrambi per tagliare le tappe di un percorso del genere a soli trent’anni?
«Il talento è importante, così come la forza di volontà. Senza questi due elementi fondamentali, non so se ce l’avrei fatta. La fede per me è importantissima, credo nella preghiera, piuttosto che nella fortuna. Inoltre, è meraviglioso avere accanto una famiglia che crede nel mio sogno con la stessa forza con cui ci credo io».
Suo padre Paul faceva il camionista, sua madre le è stata e le è sempre vicino. In un’intervista a Vanity Fair ha detto: «Devo tutto ai miei genitori». Qual è la cosa più importante che ha imparato da loro? «Sono tante le cose che mi hanno trasmesso. La loro etica del lavoro, ad esempio. Mia mamma non si ferma mai, sia lei che mio padre hanno sempre messo al primo posto la famiglia. Mi hanno insegnato che il successo, la ricchezza non ti rendono felice, se non hai accanto le persone che ami. Nonostante i periodi difficili, io e mio fratello siamo cresciuti in una casa piena di amore e gioia».
Che bambina è stata?
«Non stavo mai zitta e sognavo ad occhi aperti, come oggi. Cantavo tutto il giorno – per esempio le canzoni de “La sirenetta” – anche quando ero al supermercato con mia mamma».
Se non avesse fatto la cantante?
«È una domanda difficile, ho sempre voluto cantare. Forse una pittrice, mi piaceva dipingere».
La “sua” Ave Maria , composta da Romano Musumarra con testo di Grant Black, è stata scelta come canzone ufficiale per il Giubileo della Misericordia. A dirla tutta, però, non si sta facendo mancare nulla, neanche una collaborazione con Steven Tyler degli Aerosmith, o una interpretazione particolare di “I’ Te vurria vasà” di Tito Schipa o ancora “La Dolce Vita – La musica del cinema italiano” … Ma cos’è la musica per lei?
«Per me la musica fa entrare in sintonia l’anima con il suono. Può farti pensare ad un momento del tuo passato, succede anche a chi soffre di Alzheimer. La musica sprigiona potere e bellezza».
E se dovesse scegliere tre aggettivi per raccontarsi?
«Sognatrice, romantica e appassionata».
Il suo disco di debutto è “Singing my dreams”, prodotto da Abiah Music e registrato nei leggendari studi di Abbey Road a Londra con la London Symphony Orchestra. Le è capitato di andare in giro, entrare in un negozio di dischi e trovarci quel suo primo lavoro? E cosa ha provato quando ha avuto tra le mani quel primo disco?
«Sì, mi è successo! È strano tenere in mano la prova concreta del tuo lavoro, sapere che è a disposizione di tutti. In questo mondo, sempre in movimento, ho lasciato qualcosa di mio che potrà sempre essere ascoltato».
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