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Amelia Earhart

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Il favoloso volo di Amelia Earhart prima aviatrice a sorvolare l’oceano Atlantico in solitaria compie novant’anni. È il 20 maggio del 1932, Amelia ai comandi di un Lockheed Vega  decolla dall’isola canadese Terranova per atterrare a Londonderry nell’Irlanda del Nord dopo ben quindici ore. L’impresa la consacra e lei diventa un’eroina dei cieli, tra le più famose del periodo pionieristico della storia dell’aviazione.

La regina dell’aria – i capelli tagliati alla maschietta, il sorriso disarmante e un guizzo negli occhi che ne svelava l’audacia e lo spirito avventuriero – aveva vinto la sfida delle sfide. A voler trovare un rimando iconografico la sua figura sembra ricordare quella di Nike: la dea alata greca, figlia del  titano  Pallante  e  della  ninfa  Oceanina  Stige.

Solo quattro anni prima, nel 1928 Amelia, con Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Fokker, aveva battuto il record come prima donna ad attraversare l’Atlantico. Ma quella trasvolata in compagnia aveva lasciato alla donna con le ali un sapore amaro: “Wilmer pilotò per quasi tutto il tempo. Io ero solo un bagaglio, venni trasportata come un sacco di patate”, disse Lady Lindy  (questo l’appellativo con cui veniva chiamata Amelia, in alternativa a Regina dell’aria).

Riavvolgendo il nastro della vita molto poco comune della donna con le ali vien da chiedersi: quanto costò ad Amelie il biglietto di sola andata per entrare nella leggenda? A quanto si racconta un dollaro soltanto. Siamo nel 1920, lei ha 23 anni e in compagnia del padre partecipa a un raduno aeronautico al Daugherty Airfield a Long Beach, in California. Con un dollaro compra il biglietto e, per la prima volta sale a bordo di un biplano per un giro turistico di dieci minuti sopra Los Angeles. Un dollaro e un volo di una decina di minuti bastano alla ragazza – nata il 24 luglio del 1897 nella casa dei nonni ad Atchison, in Kansas – per decidere: diventerà un’aviatrice, sorvolerà gli oceani, conquisterà la gloria infischiandosene di stereotipi e steccati di genere ed entrerà nella leggenda. Impresa dopo impresa. Deve aver pensato questo Amelia la temeraria, tornata a terra dopo quel primo indimenticabile, breve volo.

Misteriosa anche la sua morte legata – neanche a dirlo – a una sfida ardita come non mai.  Mentre cercava di completare un volo intorno al mondo nel 1937, Lady Lindy scompare con il suo aereo, un bimotore Lockheed Electra. Alcuni studi riveleranno che il velivolo si sarebbe schiantato su un’isola deserta nel Pacifico meridionale. Solo nel 2018, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Forensic Anthropology condotto da Richard Jantz, del Centro di Antropologia Forense all’Università del Tennessee – che ha riesaminato le misurazioni fatte nel 1940 – si è giunti alla conclusione che i resti trovati all’epoca delle ricerche su quella remota isola  appartenevano ad Amelia. In prima battuta quei resti erano stati attribuiti ad un uomo.

Finisce a soli quarant’anni la vita molto poco comune di Amelia che ha ispirato anche film e romanzi. Un’eroina romantica e coraggiosa. “La cosa più difficile è la decisione iniziale di agire, il resto è solo tenacia. Le paure sono tigri di carta”, diceva.

Sarà stato così anche per le altre che hanno sfidato pregiudizi e luoghi comuni con il volo? L’album delle regine dell’aria racconta storie di donne caparbie e sognatrici.

Donne che conquistano i cieli e lo spazio  come gli uomini che le hanno precedute, affiancate o sono venuti dopo. Hanno nomi incisi nella Storia dell’aviazione e dell’astronautica.

Ecco  la statunitense Jacqueline “Jackie” Cochran prima donna a pilotare un bombardiere ricordata anche per essere stata la prima donna a superare il muro del suono e per il suo impegno in difesa dei diritti delle donne. Jackie a cui la vita non risparmiò il dolore della morte di un figlio a soli cinque anni, prima dell’intervento degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, entrò a far parte delle Wings For Britain, una flotta che trasportava aerei dall’America all’Inghilterra. Si racconta che l’altra sua grande passione, di certo più frivola, fosse il rossetto rosso.

Ed ecco Queen Bessie, come veniva chiamata Bessie Coleman: la prima aviatrice afroamericana ad aver ottenuto un brevetto internazionale. Queen Bessie muore in un incidente durante un volo di prova.

E poi Rosina Ferrario. Prima italiana  e ottava nel mondo ad aver conseguito il brevetto di pilota, Rosina  non passava inosservata neanche quando era alla cloche. Un esempio? Fresca di brevetto nel 1913 sulla folla al Meeting Aviatorio di Napoli fece cadere dal cielo una pioggia di garofani rossi.  Non manca Gabriella “Gaby” Angelini detta anche Lodoletta: negli annali il suo  viaggio di 25 giorni in giro per l’Europa  a bordo del piccolo aereo da turismo Breda 15 I-TALY.

Oltre l’orbita terrestre c’è Valentina Vladimirovna Tereškova, prima donna nello spazio nel 1963. Nata il 6 marzo del 1937 a Maslennikovo, piccolo villaggio a 300km a nord di Mosca in una famiglia bielorussa. Valentina era figlia di un carrista caduto durante la Seconda guerra mondiale. Da ragazza lavorava in una fabbrica di pneumatici e poi in un’azienda produttrice di filo da cucito. A capo di una navicella spaziale,  per i collegamenti via radio scelse il nomignolo di Cajka “gabbiano”.

E via, di volo in volo fino ad arrivare ai nostri giorni, a Samantha Cristoforetti astronauta e aviatrice, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea. La cosmonauta, dal 27 aprile scorso si trova sulla Stazione spaziale internazionale per la seconda volta. Ci rimarrà per circa cinque mesi. Il ritorno è previsto a settembre.

Ed è già negli annali la foto di AstroSamantha che   manda  un bacio ai suoi bambini prima che la Tesla la porti verso la rampa di lancio.


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