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Giovanni Minoli ed Eleonora Giovanardi

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QUANDO Giovanni Minoli un anno fa è arrivato alla guida della Fondazione Calabria Film Commission, ha messo subito in chiaro che c’era un urgente bisogno di farle cambiare rotta. Trasformando l’immagine che si ha della Calabria nel mondo attraverso le sue storie e una natura mozzafiato. Ci ha anche detto che gli obiettivi delle Film Commission sono cambiati, perché devono adeguarsi a format e contenuti che le varie piattaforme hanno in palinsesto.

E sono gli stessi utenti, con i loro “like”, “la mia lista” e “perché hai visto …”, che oggi indirizzano il mercato. Il vecchio telespettatore in poltrona che subisce la programmazione dei network rappresenta oramai una razza in via di estinzione.

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“Donne di Calabria” nasce da questa sua intuizione, e dal desiderio di farla raccontare e realizzare dai calabresi: meglio se donne, ha aggiunto. Per il “Now How” invece aveva già in testa la Anele di Gloria Giorgianni, che con i suoi docuflim “Illuminate” ha decretato il successo un trend che oggi sono in molti a ripercorrere. Con “Storia di Nilde” la Giorgianni e il suo staff hanno riportato alla ribalta la straordinaria avventura umana e politica di Nilde Iotti, prima Presidente donna della Camera, fino a “Carla”, di prossima programmazione: la vita e la carriera di Carla Fracci, icona internazionale di talento, eleganza e femminilità.

La parte più difficile è stata forse la scelta delle donne calabresi da raccontare, perché questa terra ha dato i natali a tante di loro che meritano senz’altro di essere conosciute e celebrate, recuperandole alla memoria storica del nostro Paese. Una volta individuate, abbiamo contattato le loro famiglie, gli eredi e gli amici, perché senza il loro aiuto “Donne di Calabria” sarebbe stata una strada in salita, difficilissima da percorrere, se non impossibile. Il loro entusiasmo e la quantità di reperti che ci hanno messo a disposizione ci hanno fatto capire che queste Donne vivono ancora nei loro pensieri quotidiani, e che questa Terra dunque non le ha dimenticate.

A questo dobbiamo aggiungere che i calabresi, Istituzioni e privati cittadini, quando hanno capito che non stavamo realizzando il solito film “sangue e arena”, ci hanno dato una grossa mano. Un episodio fra tutti. Siamo nella tenuta della famiglia Galati, tra le marine di Guardavalle e Santa Caterina dello Ionio per un sopraluogo. Dobbiamo girare nell’antico Mulino Spagnolo con Camilla Tagliaferri che racconta la storia di Giuditta Levato, leggendaria attivista contadina trucidata a Calabricata nel 1946.

Il regista e autore Saverio Tavano si innamora di un campo di grano dove vuole girare proprio questa scena, prevista per il 15 luglio. Ci informano che il raccolto del grano è programmato per l’8, altrimenti si rischia di perderlo. “Ma quanto ci mettete a girare la scena ?”, chiede Antonio Galati.

Gli diciamo che per le 18:00 finiamo di sicuro. “Allora non c’è problema”, ci rassicura, “vi lascio un pezzo di collina, appena finite vado con i miei fratelli su con il trattore e finiamo la trebbiatura, tanto in estate si vede fino a tardi”, come se fosse la cosa più naturale da fare.

E non accenna minimamente al fatto che il grano, da quella parte, dopo tanta fatica, potrebbe essere irrimediabilmente compromesso. È lo stesso Antonio che il giorno delle riprese, durante la pausa pranzo, ci fa trovare pasta fatta in casa con sugo di coniglio, soppressate, formaggi, pane ancora caldo di forno e un vinello rosso che sfiora i 13 gradi fatto da lui. Gli spieghiamo che se accettiamo per oggi abbiamo finito di lavorare! Torniamo ai nostri cestini di produzione, mentre lui impacchetta tutto “da portare via altrimenti è un vero peccato!”.

Ma anche a Cosenza, Reggio Calabria, Gioiosa, Calabricata, Scilla, Roccella e in tante altre location i calabresi hanno fatto la loro parte, aprendoci case private e castelli, musei e giardini, bloccando il traffico o semplicemente spostando macchine che erano in campo. Un sacerdote dopo la messa del pomeriggio ha pregato i fedeli di restare sul sagrato perché avevamo bisogno di comparse, mentre la cantautrice Francesca Prestia interpretava con chitarra e voce alcune suggestive canzoni in dialetto.

È in questo clima che Eleonora Giovanardi ha raccontato Adele Cambria, giornalista e intellettuale, scritto e diretto dal calabrese Mario Vitale. Un altro regista calabrese, Enzo Russo ha diretto Rocío Muñoz Morales nella avvincente storia di Rita Pisano, dirigente del PCI e agguerrita attivista, con il trattamento affidato a Celeste Costantino.

La scrittura di Caterina Tufarello Palumbo è stata affidata a Angelica Artemisia Pedatella, dove Tea Falco ha ricordato una donna sindaco a appena 24 anni, sotto la direzione di un altro regista calabrese, Domenico Modafferi. Per Clelia Pellicano invece Furio Pellicano ha coadiuvato Esmeralda Calabria nella stesura del trattamento sull’imprenditrice, giornalista e scrittrice, poi affidato a Marianna Fontana guidata dalle regista Maria Tilli.

Per il racconto della prima donna calabrese eletta in Parlamento Jole Giugni Lattari, questa volta il regista Enzo Russo si è affidato al trattamento di Giulia Zanfino, dirigendo poi sul set Margareth Madè “Donne di Calabria” le abbiamo girate quasi tutte d’estate. “Ma fa sempre così caldo da queste parti in estate?”, chiedono le producers di Anele Emma Di Loreto e Alessandra Alessio, che a turno seguono sopraluoghi e riprese. Il resto della crew, quasi tutta calabrese, tra un set e l’altro spiegano loro che una stagione così non la vivevamo da anni. La brezza che arriva dallo Ionio, attraversa Sila e Aspromonte e poi sfocia sul Tirreno di solito aiuta, ma questa volta deve arrendersi agli incendi.

E poi c’è la pandemia a complicarci la vita. Tra vaccini e tamponi siamo tutti OK, ma Giovanni Minoli desidera comunque essere giornalmente informato. La produzione gli invia ordini del giorno, modifiche sui trattamenti e tantissime foto: spesso viene direttamente sul set, che è da sempre il suo ambiente naturale. Ma sono sicuro che in certi momenti, pensando agli Studi Cine TV di Lamezia Terme sui quali sta lavorando da quando dirige la Fondazione, ha deciso che ci deve essere anche un adeguato sistema di aria condizionata.


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