Uno scorcio della galleria Vittorio Emanuele II a Milano (foto da milanoguida.com)
3 minuti per la letturaA Roma, via Veneto e la dolce vita hanno caratterizzato una stagione che non è costume: è storia. A Milano, in galleria, a partire dal futurismo, il Novecento ha segnato stagioni accelerate che sono già storia. Dopo la “Rissa in galleria” di Umberto Boccioni, il Movimento studentesco, il “Nouveau realism”, Christo che impacchetta il monumento a Vittorio Emanuele, Botero, hanno avuto come teatro la galleria. I passaggi della Callas, di Placido Domingo, di Franco Zeffirelli, di Riccardo Muti hanno avuto alcuni ristoranti come luoghi di storici incontri, che sono parte viva del secondo Novecento.
Qui si incrociavano Borges e Montale nei primi anni Settanta. Qui Leonardo Sciascia accoglieva l’amico Gesualdo Bufalino, in visita a Milano per incontrare il comune editore Bompiani, rappresentato da Elisabetta Sgarbi. Qui fu Paolo Coelho, in un memorabile appuntamento milanese con il sindaco Moratti e il suo assessore.
“Galleria” è nome eponimo di un ristorante che ha visto il passaggio della parte più viva della cultura italiana e internazionale del secondo Novecento, dalla musica alla letteratura, all’arte. Sarebbe un delitto togliere la Galleria alla galleria. Bruno Tosi riceveva qui gli amici per ricordare, in un museo ideale, la Callas. Qui cronaca e storia si incrociano, qui passato e presente si confondono. Il via vai nella galleria ha il suo palco reale in questo ristorante discreto e necessario, punto di passaggio da La Scala al Duomo, luogo di appuntamento inevitabile in una trama di relazioni recenti, in cui entrano Paolo Grassi e Strehler, Barenboim e Chailly, in un tempo senza tempo, che è quello della vita di un giorno che si fa arte per sempre.
Anche nell’Ottocento la Galleria aveva colpito la fantasia di scrittori siciliani, entrando nella letteratura in quanto parte integrante della vita mondana milanese. Sin dall’inaugurazione, la galleria è citata in molte opere letterarie, sia come parte di annotazioni in diari di viaggiatori, sia come parte di racconti di fantasia.
Giovanni Verga, frequentatore della Galleria durante il suo periodo milanese, ambientò alcuni dei suoi racconti proprio nella galleria Vittorio Emanuele II: nelle sue Novelle il grande passaggio commerciale appare in Primavera e altri racconti nella novella che dà il titolo all’opera: Primavera, storia d’amore tra una sarta e un musicista giunto da fuori Milano per fare carriera che descrive l’atmosfera della città in quegli anni: «Il povero diavolo avea gran bisogno di scarpe e di quattrini; le sue scarpe s’erano logorate a correr dietro le larve dei suoi sogni d’artista, e della sua ambizione giovanile, – quelle larve funeste che da tutti gli angoli d’Italia vengono in folla ad impallidire e sfumare sotto i cristalli lucenti della Galleria.»
Verga pubblicò anche Per le vie, una raccolta di novelle completamente ambientata a Milano, e la Galleria ritorna: in Via Crucis paragona metaforicamente il percorso che una giovane donna costretta a prostituirsi fa tra la Galleria e le vie del centro, mentre nella novella In piazza della Scala narra di una povera venditrice di caffè che passa le sue notti sotto l’arco d’ingresso della galleria.
La Galleria è anche al centro della novella omonima di un altro esponente del verismo italiano, Luigi Capuana, in cui si paragona il ruolo della Galleria per la città a quello del cuore per l’organismo umano: «È il cuore della città. La gente vi s’affolla da tutte le parti, continuamente, secondo le circostanze e le ore della giornata, e si riversa dai suoi quattro sbocchi, stavo per dire nell’aorta e nelle arterie del grande organismo tanto la sua rassomiglianza colle funzioni del cuore è evidente. Tutte le pulsazioni della vita cittadina si ripercuotono qui. Quando pare che anche qui ogni movimento sia cessato, dai grand’occhi di cristallo del pavimento può scorgersi che nei suoi sotterranei ferve sempre il lavoro, quasi che in questo centro vitale l’attività non possa mai addormentarsi e prosegua senza coscienza, proprio come nell’organismo vivente che abbandonarsi al sonno.»
Più di ogni altro luogo d’ Italia, la galleria è il centro del mondo. Così la percepiamo, pensando a Milano. Soprattutto ora che inizia la Milanesiana.
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